Capitolo 7

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Delle mani grandi mi accarezzarono i capelli. Abilmente, le dita compivano dei piccoli cerchietti che stimolavano la mia cute. Era talmente rilassante che rimasi accoccolata, con gli occhi chiusi, per godere di una simile premura.

Ero in estasi. Adoravo i massaggi e le carezze. Mi rilassavano, annientando tutti i pensieri negativi. Quel tocco fermo ed esperto, non era da meno. Mi trasportò in una dimensione bellissima, soffice ed etera.

Quando aprii gli occhi, la beatitudine che mi invase, sparì.

Il groviglio di rami che mi proteggeva dal sole divenne troppo piccolo. Asfissiante.

Perché non ero più sola. Con me c'era l'uomo che infestava i miei sogni, colui che li aveva trasformati in incubi.

Ruslan era seduto, mi scrutava dalle folte ciglia insistentemente, cercando di adattarsi allo spazio minuscolo che ci avvolgeva. Attorcigliò i miei capelli biondi alle dita, quando si accorse del mio nervosismo.

Lo guardai furiosa, fui stizzita dalla sua semplice presenza. Era diventata una specie di ossessione, un attaccamento morboso alla quale avevo rinunciato. Ma tutto era cambiato, di nuovo. Il fatto che fosse ritornato, riaccese in me una fiamma fatta di speranza. Non volevo rimanere nuovamente delusa ma in egual modo volevo vivere. Dovevo provarci, nonostante tutto.

Nonostante lui.

<< Perché sei qui? >> semisdraiata, sembrava che la sua figura incombente fosse pronta ad inghiottirmi. Al tempo stesso, mi sentivo protetta. Come se rimanendo con lui, nulla di male sarebbe mai potuto accadere. Sarebbe bastato un accenno della forza che emanava per mettere in fuga chiunque accennasse a darmi fastidio.

<< Perché non ho intenzione di lasciarti da sola >>.

Quelle parole, furono la mia rovina. Mi lasciarono sperare. Immaginare che in fin dei conti, lui ci teneva.

Che avrei potuto farcela.

La mia mano incrociò la sua, per distoglierla dai miei capelli. Quel contatto mi incendiò il cuore e la mente. Non riuscivo a pensare ad altro se non che l'avrei voluto più vicino, con il corpo totalmente avvinghiato al mio.

Dovevo smettere di pensarci.

<< Che cosa vuoi da me? >> sporsi il mio viso più in avanti, per cercare di capire meglio cosa stesse accadendo.

<< Me lo hai chiesto tu, ricordi? >> rispose con sufficienza, come se la domanda fosse facile, scontata.

Ma non c'era niente di semplice in tutto quello che si era venuto a creare.

<< Rimarrò al tuo fianco, come desideri tanto >> Ruslan mi parlò come se si stesse rivolgendo ad una bambina.

Perplessa e con il cuore in tumulto, il mio respiro aumentò, vorticosamente.

<< Possiamo evitare i convenevoli. Fa quello che devi fare e basta, per favore >> dissi, incredula per le parole pronunciate. Mi diedi della stupida, ma il risentimento fu difficile da controllare. Aveva preso il sopravvento, la testa e il cuore sembravano essere disperatamente in conflitto.

<< Non ti farò nulla, se non restarti accanto. Almeno, fino a quando... >> pronunciò le ultime parole cantilenandole, come se quella cosa tra noi lo divertisse.

Il mio autocontrollo si sgretolò. Totalmente. Fui pervasa dalla rabbia, umiliata da lui e da tutto ciò che rappresentava.

Detestavo che mi parlasse così, il suo prendersi gioco di me.

<< Smettila >> gli intimai prima di correre fuori, all'aria aperta. Fui invasa da un'aria fresca, accecata dall'azzurro del cielo. Intorno a me, la pace. Ruslan mi chiamò a gran voce, nell'uscire dalla capannina.

Iniziai a correre.

Volevo affrontarlo, eppure nel momento in cui me lo ero ritrovato accanto, era come se non fossi riuscita più a controllarmi. Non ero stata capace di domare le mie emozioni, la testa faceva male per quanto bruciava. Era come se non ragionassi più in sua presenza, Ruslan mi faceva dubitare di ogni certezza, dimenticare di ogni cosa.

Non avevo mai provato niente del genere. Ed ero terrorizzata, impaurita da ciò che avrei potuto dire o... fare.

Perché lui mi rendeva folle. Debole.

E dovevo rimanere lucida.

<< India, aspetta! >>

Fui rincorsa. Le nostre figure si immersero nella radura di Lys, imbrattate dall'erba e dalla rugiada del nuovo giorno. Respiravo fortemente, mentre sfrecciavo verso l'orizzonte. Miravo al piccolo punto nel quale si intravedeva un sole, bianco e minuscolo, che aspettava pazientemente di stagliarsi nel cielo. Macinai parecchia strada, riuscii a mantenere il vantaggio della mia posizione. Nella direzione prefissatami, incontrai una grande valle di crisantemi bianchi, con diverse rocce di svariate dimensioni che si ergevano dal suolo. Quel manto morbido e puro fu calpestato selvaggiamente, perché non riuscivo più a mantenere il passo.

Controllai lui, per vedere dove fosse. Ormai, era davvero vicino.

Il mio girarmi per Ruslan, mi fece cadere.

Inciampai su di una roccia piccola e ben nascosta dal muschio da cui era ricoperta. Sbattei il mio corpo su di un ammasso tagliente, difeso dal verde, per finirvi poco distante. Il dolore fu lancinante.

<< Ti ho presa finalmente >> Ruslan mi si gettò addosso, intrappolandomi.

Tentai di divincolarmi dalla sua presa ma fu tutto inutile. Le sue mani mi cinsero le braccia, il suo petto era premuto contro la mia schiena. Mi rannicchiai portando le ginocchia al seno, incurvandomi, ed esponendomi maggiormente verso di lui.

<< Non voglio farti del male, puoi starne tranquilla >> mi mormorò all'orecchio, con la voce bassa e roca.

Iniziò poi a studiarmi, per controllare fosse tutto a posto. Mi fece girare e mi ritrovai distesa su quel terreno, a fissarlo. Ci ritrovammo faccia a faccia, il mio cuore mancò un battito. La corsa gli aveva donato un'adrenalina furiosa. Sprizzava energia da tutti i pori. Gli occhi luccicanti e il sorriso beffardo celavano una pericolosità devastante.

Mi guardò insistentemente, fino a quando non lo ricambiai. Sembrava davvero interessato, quasi... impaziente.

Ma cosa stava succedendo?

Le mie mani si protesero verso il suo petto, un chiaro segno che avevo bisogno di più aria.

Ruslan si mosse via da me e non potei fare lo stesso: andarmene.

La caduta mi aveva provocato un estremo dolore alle ginocchia. Non riuscii ad alzarmi, rimasi a terra. Macchie rosse imbrattavano la parte bassa mia camicia, ormai lercia. Erano troppo vistose. Il dolore mi paralizzò.

Braccia forti mi sollevarono. Braccia roventi.

<< Non preoccuparti, ti porto al sicuro >> mormorò piano, rassicurandomi con tono pacato e gentile.

Mi mise un braccio dietro la schiena e l'altro fu indirizzato verso le ginocchia, Ruslan mi sollevò delicatamente. Ci incamminammo verso un luogo incerto.

Iniziai ad urlare, quando entrammo in quella casa.

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