Capitolo 37

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Navigavo nelle mie più profonde paure. Galleggiavo nei ricordi più lontani. In cerca della verità.

In cerca di una ragazza dal nome Clara.

Ma l'inquietudine era un'onda troppo alta ed io rischiavo di annegare. Sentivo una voce lontana, una sorta di richiamo che mi attirava verso la riva. Quella, era la voce di Ruslan.

Mi salvava perfino nei sogni, portandomi via dal mare torbido nel quale navigavo.

Adagiata su di un letto morbido e caldo, ero sopravvissuta alla mia tempesta interiore.

Ciò nonostante, continuavo a dubitare di lui. Delle sue reali intenzioni.

Seguì una notte faticosa. Continuavo a girarmi e a rigirarmi nel letto, in preda ai tremori. Ma bastava una carezza di Ruslan per farmi calmare. Era rimasto a vegliarmi tutta la notte, seduto accanto a me. Era capace di rischiarare il frastuono dei miei pensieri. Il mio faro nella notte, un porto sicuro al quale aggrapparmi.

Non avrei dovuto andarmene via così, avremmo dovuto affrontare Clara insieme, io e lui. Avrei dovuto rimanere al suo fianco, per sempre.

E in un certo certo, lo saremmo stati davvero. Eravamo legati. Uniti da un legame difficile da spezzare, per l'eternità. Perché Ruslan aveva messo in discussione ogni cosa. E il tempo era tiranno, un nemico crudele.

Mancavano soltanto tre giorni.

Ed io volevo di più, molto di più. Avrei voluto disporre di più giorni, ma non era possibile.

Madida di sudore, mi strinsi forte all'uomo che mi aveva stregato l'anima.

<< Non lasciarmi >> avevo borbottato, tra me e me, ritrovando la forza nei suoi abbracci, nel profumo della sua pelle, nel sapere che lui fosse con me.

<< Non lo farò, India >> promise, scostandomi alcune ciocche dalla fronte bagnata.

Rimanemmo avvinghiati fino a quando una luce tenue invase la nostra camera, rivelando e schiarendo le idee.

L'alba aveva portato con sé nuove speranze, un nuovo giorno si stagliava all'orizzonte.

Il cozzare di un cucchiaino contro il suo bicchiere di porcellana, mi ridestò dai miei sogni. Ruslan mi aveva preparato un tè, mi fissava seduto sulla poltroncina di camoscio, al di là del letto.

<< Buongiorno, India >> disse, senza mai distogliere lo sguardo. << Dormito bene? >> chiese, inarcando un sopracciglio. L'aria fresca della mattina penetrò dalla finestra facendomi rabbrividire. Mi strinsi nel lenzuolo, accorgendomi di essere nuda. La pelle era a stretto contatto con il cotone bianco di quella coperta, la stoffa graffiava e doleva alle nuove ferite.

<< Mi hai spogliato tu? >> domandai, spaesata. Ruslan annuì, venendo verso di me. << Ho dovuto farlo >> spiegò, distaccato. << Ma non preoccuparti, non é accaduto nulla >> mi rassicurò, scostando delicatamente quel lenzuolo.

Iniziò a baciarmi le ferite sulle gambe ed io mi contorsi sotto il suo sguardo attento. Gli sfuggì un sorriso, poi continuò nel suo lento e delizioso assalto. Le sue labbra si posarono sui lividi che mi ero procurata. Le sue mani mi accarezzarono lentamente.

Rimasi in balia del suo tocco esperto, godendo della pace che mi offrì.

<< Chi era quella ragazza? >> mi chiese, nel momento in cui smise di torturarmi. La luce della mattina ne evidenziava i tratti fieri, marcati. Era di una bellezza straordinaria. Notai la sua camicia bianca, che distrattamente gli si apriva nella parte superiore. I pantaloni grigi dal taglio sartoriale gli ricadevano elegantemente sui piedi, in quel momento sprovvisti di scarpe.

<< Un'amica >> risposi, rattristandomi. Mi portai le ginocchia al petto celando così la mia intimità. << Un'amica >> ripeté Ruslan con gli occhi ardenti, fissi nei miei. Ultimamente, ero riuscita a far calare la sua maschera di ghiaccio, in mia presenza sembrava perdere quel controllo che lo distingueva.

Sorrisi tra me e me, consapevole lo stessi mandando in confusione.

<< Pensavo non avessi amiche >> si stupì della mia affermazione. Era sorpreso e inspiegabilmente sollevato.

<< Anche io >> ribattei, malinconica. Mi conficcai le unghie nei palmi delle mani, provocandomi un confortevole sollievo. Quella conversazione mi stava rendendo nervosa.

Cosa sapeva Ruslan della mia vita?

<< Non c'é bisogno di irritarsi, volevo soltanto saperne di più >> mi spiegò. 

Mi prese le mani, osservando i segni che mi ero provocata. Sospirò spazientito.

<< Questo, non cambierà le cose >> disse, divenendo freddo. Ebbi paura di averlo deluso, in un qualche modo. Ma forse, era soltanto un'impressione, una paura infondata.

<< Mi aiuta ad accettarle >> gli confidai, sperando comprendesse il perché di quel gesto.

Mi strinse a sé, facendomi annaspare. 

Il suo abbraccio mi convinse del contrario, avrei dovuto trovare un altro modo per sopravvivere al dolore. E in quel momento, capii che avrei dovuto diventare forte, armarmi del mio coraggio.

Irrobustirmi per ciò che sarebbe accaduto. Perché ancora non avevo visto molto, il peggio doveva ancora arrivare.

RiflessiWhere stories live. Discover now