Capitolo 9

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-Dovremmo parlare- esordì. Mi girai verso di lei, più deluso che arrabbiato.

-Sono stato dieci minuti dietro la tua porta, a bussare e a chiamarti, per dirti quanto cazzo mi piaci e quanto sarei voluto rimanere con te ieri notte, ma tu nel frattempo ti stavi scopando quel deficiente di portiere che stamattina si vantava delle tue prestazioni a letto con gli altri!-

Ero furioso, ma cercai in tutti i modi di non alzare la voce. La hall era piena zeppa di persone.

All'ultima frase, Lídia sobbalzò, imbarazzata.

-Posso spiegare- sussurrò. Nonostante il suo sguardo fosse fisso sul mio, era ovvio che non era lei a tenere controllo della situazione.

-Non devi spiegare nulla, sei una ragazza viziata abituata ad avere tutto e subito. Volevo conoscerti, volevo fare le cose con calma, avrei voluto baciarti prima di portarti a letto! Non so come sei abituata tu, ma io le cose le faccio diversamente quando faccio sul serio-

Lei non rispose. Guardò un punto indefinito alle mie spalle, forse cercando di elaborare una frase di senso compiuto.

-Tu... tu fai sul serio con me?-

-Facevo, sì-

-Facevi?- ora la sua voce era intrisa di sensi di colpa.

-Faccio... facevo... non lo so, Lídia. Devo aver paura che sgattaioli nella stanza di qualcuno ogni volta che vado a dormire?-

-Tu...- prese fiato -tu mi hai rifiutata ieri!-

-Mi piaci troppo per scoparti alla prima occasione utile!- urlai. Qualcuno si girò verso di noi. Cercai di ricompormi -Vado sul pullman- conclusi. Vidi con la coda dell'occhio che Lídia mi fissava ancora, immobile in mezzo la hall. Avevamo dato spettacolo, avevo esagerato. Trattenni una lacrima e bussai frettolosamente al finestrino dell'autista per farmi aprire le porte.

Lídia POV

Cazzo, non ci voleva. La questione tra me e Dominik doveva rimanere tra me e Dominik. Neymar non mi avrebbe mai perdonata, e in fondo era giustificabile. Il giorno prima avevo agito senza pensare troppo. Mi massaggiai le tempie e aspettai che il resto della squadra salisse sul pullman prima di salire anch'io. Non ero in grado di affrontare un Neymar arrabbiato e deluso, non in quel momento. Per la prima volta mi sedetti a fianco a mio padre, in religioso silenzio. Lui lo notò, ma non proferì parola. Forse si stava godendo quel momento che probabilmente sarebbe rimasto un caso isolato. Il tragitto fortunatamente fu breve, ma l'ingresso dello stadio era gremito di giornalisti e tifosi. I mondiali stavano cominciando, era evidente. La squadra brasiliana oggi si sarebbe allenata per l'ultima volta con la Croazia. Il caso avrebbe deciso se i due team si sarebbe scontrati in campo nel corso della competizione. Questa volta optai per le panchine; mi sedetti e osservai attentamente l'allenamento, come se ne valesse della mia vita.

Guardavo Neymar, con lo sguardo corrucciato; poi guardavo Dominik, che a quanto pare mi aveva fatto pubblicità tra i suoi compagni. Nascosi il viso dietro le ginocchia, accovacciandomi sulla panchina scomoda. Le due squadre stavano simulando una partita vera e propria. Da quel poco che sentivo dire da mio padre, Neymar era spento. Il suo sguardo torvo era concentrato sul pallone, ma probabilmente dentro di sé pensava a tutto fuorché la partita. Dopo un'abbondante mezz'ora, finalmente un'azione da parte del Brasile, con protagonista Ney.

Si avvicinò alla porta, cercando di colpire la palla di testa, ma l'intervento di Dominik gli aveva fatto perdere l'equilibrio, facendolo cadere.

Strizzai gli occhi per capire cosa stesse succedendo: all'improvviso una calca di persone urlava e si spintonava di fronte la porta croata. I mister delle due nazionali si affrettarono a separare i ragazzi da quella che sembrava una rissa vera e propria. Mi avvicinai anch'io, entrando in campo, ma mi bloccai nell'esatto momento in cui misi a fuoco le due figure protagoniste della rissa: chi se non Neymar e Dominik?

Scappai verso gli spogliatoi del Brasile. Mi sentivo tremendamente in colpa. Alcune urla provenivano ancora dal campo. A urlare sembrava mio padre.

Poi dei colpi contro le pareti che fiancheggiavano lo spogliatoio. Fissai immobile la porta che si spalancava violentemente: Neymar era appena entrato, levandosi di dosso la maglietta sporca di terriccio per appallottolarla a terra.

-Che ci fai qui?-

-Quello che è successo in campo è colpa mia- ammisi

Neymar POV

Trovarla nello spogliatoio fu una sorpresa. Il fatto che stesse ammettendo le sue colpe e si prendesse le sue responsabilità era quasi un miraggio.

Vederla lì, seduta sulla panchina di quella piccola stanza, a capo chino e per la prima volta sincera fece quasi scomparire tutto il nervosismo provato fino a quel momento, che non ero riuscito a sfogare contro Livakovic.

Sentii una scarica di adrenalina percorrermi la schiena, mi avvicinai a passo svelto verso di lei e la baciai. Non sapevo esattamente dove avevo preso tutto quel coraggio. Forse la mia iniziale insicurezza era dovuta al comportamento particolare di Lídia. Forse quel nervosismo mi aveva solo fatto bene. Lei, per un primo momento presa alla sprovvista, ricambiò il bacio, che si fece a poco a poco sempre più passionale.

La strinsi a me, facendo aderire i nostri petti. Con una mano le accarezzai i capelli, ormai completamente disordinati, e con l'altra le strinsi delicatamente il braccio sinistro, con il livido.

Lei gemette, forse provava un po' di dolore. Era il mio turno di gestire la situazione, dopo che lei lo aveva fatto per più giorni consecutivi. -Questi lividi, d'ora in avanti, te li potrò causare solo io- sussurrai tra le sue labbra.

All'improvviso dei passi si avvicinavano allo spogliatoio. Ci staccammo in contemporanea; mi allontanai leggermente da lei e mi sedetti sperando di nascondere l'erezione che quel bacio mi aveva provocato.

Quando Lídia riprese fiato, entrò suo padre.

-Tu cosa ci fai qui?- esclamò.

-Sapete dirmi solo questo oggi?- esclamò lei. Ecco la Lídia che conoscevo, probabilmente stava cercando di prendere in mano la situazione e manipolarla a suo favore -ho visto il casino in campo e sono venuta ad accertarmi che non si fosse fatto niente!- mi indicò.

-Scusa, piccola. È che di solito sei assente e intenta a parlare al telefono durante gli allenamenti-

-Chiamami piccola ancora una volta, e sarò fisicamente assente da questi mondiali!- trattenni una risata, ma il mister lo notò.

-Neymar, che cazzo ti è preso in campo?-

Abbassai la testa e sussurrai un -Ho perso il controllo, mi dispiace-

-Fa che non si ripeta mai più. Sei troppo importante per farti espellere alla prima partita-

-Non capiterà di nuovo, lo prometto-

Il mister mi tese una mano. Mi alzai afferrandola, sperando che non notasse il rigonfiamento nella parte alta dei pantaloncini. Lui probabilmente no, ma Lídia uscì dallo spogliatoio ridacchiando.

Save me || Neymar JrTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang