Capitolo 27

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Lídia POV

Uno, due, tre squilli. In cuor mio speravo partisse la segreteria. Ci eravamo spostati sul divano della suite, con addosso dei morbidi accappatoi bianchi. La finestra era aperta e Neymar mi aveva concesso di fumare in stanza in sua presenza. Probabilmente mi aveva vista parecchio nervosa. Era accanto a me, steso comodamente sul divano con i piedi a penzoloni. Fissava il mio telefono fra le mani come se da un momento all'altro potesse esplodere.

D'un tratto, quella voce.

-Lídia, sei tu?- sobbalzai sul divano, Ney lo stesso. Mise una mano sulla mia coscia nuda in segno di supporto, ma la voce mi moriva in gola.

-Ma...mamma- un peso sui polmoni. Feci un altro tiro della sigaretta e la cenere cadde sul mio accappatoio. In quel momento era l'ultimo dei miei problemi.

-Da quanto tempo, Lídia! Cosa ti porta a chiamarmi?- il suo tono era sereno. Sembrava una classica chiamata tra madre e figlia, magari per chiedere cosa si sarebbe mangiato a cena.

Sospirai a fondo prima di prendere coraggio -Mamma, volevo sapere...ecco, volevo sapere come stai... se... se c'è qualche novità, insomma-

Dall'altra parte del telefono un silenzio assordante. Mia madre attese qualche secondo prima di rispondermi -è stato tuo padre a dirti di chiamarmi?-

-No, mamma. È così strano per te sentirmi di nuovo?- iniziai ad innervosirmi. D'un tratto udii delle risate di bambini, in sottofondo. Mi si gelò il sangue nelle vene -Sei impegnata?-

-Oh, no, sono solo le piccole pesti, hanno saltato la scuola per la febbre, ma sembrano essere guariti in fretta! Per fortuna il papà sarà presto a casa-

Le piccole pesti. Chi diavolo erano quelle piccole pesti?

-Mamma, hai avuto altri figli?- gli occhi si inumidirono. Aveva abbondato una famiglia per crearsene un'altra.

-Lídia, forse dovremmo parlarne a voce. Vieni a trovarmi a casa, non sono molto lontana da dove abitavamo. Ti mando la posizione su whatsapp e...-

Chiusi la chiamata, non potevo sopportare una parola di più. Sentivo le pareti della stanza rimpicciolirsi sempre di più, sentivo di soffocare. Afferrai un'altra sigaretta dal pacchetto e uscii da quella prigione, sotto gli occhi confusi di Neymar.

-Non seguirmi- annunciai, prima di chiudermi la porta alle spalle.

Stronza. Un'assoluta stronza. Aveva abbandonato me, mio padre, la casa e il lavoro per dare tutto ad altre persone, a sconosciuti. Non capivo perché, non riuscivo a trovare una spiegazione logica. La colpa era mia? Non ero una figlia abbastanza degna? Scesi le scale in direzione della hall, ma mi accorsi di avere addosso solo l'accappatoio. Così mi fermai, mi sedetti su uno scalino e aspettai qualcosa, neanche io sapevo cosa. Forse mi aspettavo Neymar abbracciarmi da dietro, forse mi aspettavo un "te l'avevo detto" di mio padre, che aveva sempre sconsigliato di ricontattare mia madre, oppure aspettavo che le lacrime trattenute fino ad allora finalmente invadessero il mio viso. Ero confusa.

Mentre la mia mente vagava, vidi un'ombra affiancarsi alla mia. Girai lo sguardo, ma rimasi delusa nel non vedere Neymar.

Dominik Livakovic.

-E così te la fai con l'attaccante brasiliano- esordì. Fanculo anche a te, Dominik. Quel discorso era nettamente inopportuno in quel momento.

-Va' a fare un giro, non sono dell'umore per le tue stronzate-

-Non vado da nessuna parte, Lídia. Ti piace avere tutto sotto controllo, vero? Mi fai fare una figura di merda in campo, con i miei compagni di squadra che hanno sentito la nostra conversazione, poi ripiombi nella mia stanza chiedendomi il vestito indietro, poi vengo a scoprire da voci di corridoio che la figlia del mister si scopa il cocco del Brasile. Ti scopa meglio di me? È per questo che hai scelto lui?-

-Dominik vai a farti fottere! Ho problemi più grandi di te e delle tue stupide paranoie!- se qualcuno fosse stato nei paraggi, mi avrebbe sicuramente sentita. Non mi importava di dare spettacolo, non mi importava di niente. E lo staff dell'albergo era ben attento a farsi gli affari propri. Dominik mi afferrò per un braccio per far sì che non me ne andassi e non feci opposizione. Non ne avevo le forze.

-C'è qualche problema?- Neymar.

Neymar POV

In un primo momento volli lasciare spazio a Lídia, poi decisi di raggiungerla. Avevo ascoltato l'intera conversazione con la madre, era giustamente sconvolta. Forse avrei potuto risparmiarmi quell'idea. Infilai velocemente un pantaloncino e una maglietta e uscii dalla stanza di Lídia, in fondo non poteva essere andata molto lontana. Non ci volle molto per sentire le sue urla provenire dalla scalinata. Aumentai il passo per raggiungerla e mi accorsi che non era sola.

-C'è qualche problema?- Livakovic girò lo sguardo verso di me, poi di nuovo verso Lídia che si scostò da lui, liberandosi il braccio.

-La faccenda non riguarda te- sputò lui.

-Oh, eccome se riguarda me- gli sferrai un pugno prendendolo alla sprovvista. Lídia si scansò, ancora frastornata. Il portiere rispose immediatamente alla provocazione, colpendomi lo stomaco. Faceva male, ma l'adrenalina in corpo mi permise di reagire al colpo.

-Fermatevi! Siete degli stupidi, fermatevi ora!- il baccano e le urla di Lídia probabilmente richiamarono l'attenzione di qualche giocatore croato sul piano, che venne subito in soccorso per placare la rissa. Lídia si interpose tra me e Livakovic prima che Modric e Perisic riuscissero a raggiungerci, ma senza volerlo le colpii la spalla col mio pugno. Gli attimi successivi furono confusi e offuscati. Lídia si piegò per il dolore, i due compagni di squadra del portiere lo presero in disparte, calmandolo. Io mi fiondai su Lídia per accertarmi che stesse bene.

-Sei un cretino, Neymar!- era dolorante, ma da un controllo veloce la spalla stava bene. Le circondai i fianchi col mio braccio e la accompagnai velocemente in stanza, ringraziando con un cenno Modric e Perisic, i quali ricambiarono con uno sguardo accondiscendente. Sentivo che la disputa tra me e Livakovic non sarebbe finita lì, ma la mia priorità era Lídia in questo momento.

Save me || Neymar JrWhere stories live. Discover now