Capitolo 58

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Io e Neymar ci vedevamo a malapena, dopo quella mattina. Mio padre era come un cane da caccia, fiutava il riposo e attaccava. Richarlison, Lucas, Vinicius e Ney erano stremati dalle lunghe sessioni di allenamento a cui li aveva sottoposti papà. Oltre agli allenamenti "punizione", ovviamente, dovevano unirsi agli altri per gli allenamenti standard. Oltre tutto ciò, papà li aveva costretti a scusarsi personalmente con l'allenatore della Croazia, Dalic, oltre che con i quattro giocatori croati coinvolti nella rissa. Da quel che mi aveva raccontato Neymar, quelle poche volte che ci vedevamo a pranzo, a cena o nelle brevi pause tra un allenamento e l'altro, Livakovic si era comportato da gran coglione, ridendogli in faccia e non accettando le scuse, facendo innervosire ancora di più mio padre nei confronti di Ney.

"Gli farò il culo in campo, è una promessa" mi aveva detto. Speravo vivamente di non assistere a un'altra tragedia, per di più con centinaia di telecamere puntate sul campo.

Non ci vedevamo neanche la sera, dopo cena. Si vedeva dagli occhi che era distrutto, e tendenzialmente preferiva riposare in camera sua lontano da distrazioni, in vista dei quarti di finale. Non me l'ero presa, aveva ragione. Aveva fatto una cazzata e ora ne pagava le conseguenze. Capitava però di riposare insieme il pomeriggio: lui, di solito, perché io preferivo guardarlo dormire e accarezzargli i capelli.

Dopotutto, forse era meglio così. Avevo un macigno sullo stomaco che non riuscivo a confessare a Neymar.

Aveva un ritardo, di pochi giorni, certo, ma pur sempre un ritardo. Non mi era mai capitato prima d'ora. Quando chiamai Nádia per chiedere consigli, o più probabilmente conforto, mi suggerì di parlarne con Neymar ed eventualmente eseguire un test di gravidanza. Ma io non me la sentivo, non potevo condividere quel peso in quel momento particolare del mondiale.

Eravamo stati dei cretini, bastavano due gocce di champagne o un drink di troppo per dimenticarci delle precauzioni. Ed ecco le conseguenze. Non ero pronta per diventare madre, fino al mese scorso ero single, perennemente impegnata con un ragazzo diverso a serata e con la testa alle feste. Stava succedendo troppo in fretta, non potevo davvero aspettare un bambino.

Io non conoscevo ancora del tutto Neymar, e Neymar non conosceva del tutto me. Certo, lo stavamo facendo pian piano, ma non era abbastanza. Non finisci di conoscere una persona neanche dopo anni e anni di matrimonio, figuriamoci un mese scarso.

Nádia cercò di tranquillizzarmi, ipotizzando che il cambio di ambiente, quelle temperature esagerate e lo stress degli ultimi tempi avevano sicuramente contribuito al ritardo, ma non ne ero completamente convinta. Mi vedevo già col pancione, in una fredda Parigi, a litigare con Neymar un giorno sì e l'altro pure.

In tutto ciò, mio padre era assolutamente ignaro della questione Parigi. Io e Neymar avevamo avuto modo di parlarne un po', dopo che le acque si erano calmate a seguito della nostra "rottura temporanea", ma il casino che Neymar e gli altri tre avevano combinato dopo la partita contro la Corea del Sud mi aveva fatto desistere a parlarne con papà. Non era dell'umore giusto, avrebbe sicuramente ucciso Neymar con le sue stesse mani. Figuriamoci un bambino... cazzo.

Fosse stato per me, bambino o no, avrei preso le prime cose nell'armadio, buttato tutto in valigia e avrei preso il primo volo per Parigi. Ma mio padre? Cosa avrebbe detto? Cavolo, un mese fa me ne sarei infischiata della sua reazione.

Da quando mi accorsi di avere quel maledetto ritardo, avevo cercato di diminuire il fumo, se non smettere del tutto, e di evitare le bevande alcoliche, come alla mini-festa dopo Brasile-Corea, prima che precipitasse tutto. Neymar stranamente non aveva notato nulla di tutto ciò, probabilmente perché passavamo forse un'ora al giorno insieme.

Avevo comunque acquistato un test di gravidanza in farmacia, cercando di attirare il meno possibile l'attenzione di giornalisti e tifosi vari. Avevo avuto cura di coprirmi bene il viso, gli occhi e i capelli con una pashmina leggera e degli occhiali da sole ingombranti, che sinceramente odiavo e probabilmente non avevo mai usato prima di quel momento. In ogni caso, avevo acquistato quel dannato test ma non avevo ancora avuto il coraggio di farlo, per due motivi semplici: primo, erano solo pochi giorni di ritardo, probabilmente il risultato non sarebbe stato neanche certo, e non avevo intenzione di tornare in farmacia per acquistarne un altro; secondo, non volevo sapere la verità. Sentivo davvero il bisogno di parlarne col diretto interessato, Neymar, ma se avevo aspettato fino a quel momento, probabilmente avrei potuto aspettare un altro giorno. Quel pomeriggio si sarebbe disputata la partita contro la Croazia, mancava poco alle 16:00 ormai. Così, anche per quel giorno il test sarebbe stato al sicuro nell'armadio, in mezzo a un ammasso di vestiti che dovevo assolutamente sistemare, prima o poi.

Afferrai il telefono e scrissi velocemente a Neymar.

"Ney? Sei libero? Ci vediamo prima della partita?" era mattina presto, probabilmente o stava dormendo, o si stava allenando, ma avevo voglia di vederlo e tentai comunque.

Stranamente mi rispose subito "Assolutamente sì, mi vesto e arrivo"

***

-Finalmente!- gli saltai al collo senza dargli il tempo di fiatare -Oggi papà ti ha risparmiato?-

Lui ricambiò l'abbraccio, mi strinse forte a lui e mi alzò da terra, poi mi ripose lentamente giù e mi baciò sulle labbra.

-Ci ha graziato solo perché oggi pomeriggio giochiamo-

Entrò in stanza e si buttò letteralmente sul divano, stendendosi, appoggiando la testa al cuscino e i piedi su un braccio del divano.

-Fai come se fossi a casa tua- scherzai. Lui mi alzò il dito medio e poi mi mandò un bacio volante. Mi era mancato in questi giorni.

Stai calma, Lídia. Non farti vedere pensierosa.

Trovai un piccolo spazio sul divano occupato quasi interamente da Neymar e mi ci sedetti. Allungai un braccio verso la sua gamba e cominciai ad accarezzarla ritmicamente.

-Ti senti pronto?-

Annuì. Aveva un'espressione rilassata in volto, decisamente migliore degli ultimi giorni.

Passammo un po' di tempo insieme, per lo più in silenzio a coccolarci sul divano, assaporando quei brevi attimi di tranquillità prima del match delle 16:00. Neymar era giustamente testo, come prima di ogni partita, ma non lo dava molto a vedere.

Arrivata quasi l'ora di pranzo ci decidemmo finalmente ad alzarci dal divano.

-Vado a cambiarmi un secondo, sono ancora in pigiama- gli dissi. Lui annuì e si stiracchiò la schiena dopo esser stato tanto tempo steso.

-Prendo qualche vestito che ho lasciato in camera tua, mi scoccia dover ritornare in stanza e cambiarmi- rispose lui. Annuii distrattamente e filai in bagno per darmi una sistemata.

Neymar POV

-Lídia!- urlai per fa sì che mi sentisse dal bagno. Probabilmente, a giudicare dal rumore dell'acqua, era in doccia.

-Lídia, dov'è quella felpa nera con le scritte verdi?- urlai ancora. Io ero disordinato, certo, ma anche lei non scherzava. Mi grattai la testa cercando di scovare la mia felpa tra tutte quelle cianfrusaglie nell'armadio.

-Dove l'hai lasciata tu!- mi urlò di tutta risposta.

Ottima risposta, davvero chiara. Feci mente locale, ero sicuramente in camera sua quando la indossai l'ultima volta. Cercai più attentamente tra i panni spiegazzati miei e di Lídia e finalmente la trovai, sul fondo dell'armadio, in un angolino.

Finalmente. L'afferrai, ma feci cadere qualcosa a terra; sicuramente era appallottolata insieme alla felpa. Abbassai lo sguardo e rimasi pietrificato.

Save me || Neymar Jrحيث تعيش القصص. اكتشف الآن