Capitolo 47

435 13 16
                                    

Sembrava di aver fatto dieci passi indietro. Neymar non si faceva né sentire, né vedere da giorni. Avevo provato a chiamarlo, ma mi rifiutava la chiamata. Quando lo incontravo per i corridoi dell'albergo, cambiava strada. Era sempre in compagnia di qualcuno della squadra, mai da solo. Neanche a pranzo o a cena era possibile fermarlo e tentare un approccio: arrivava sempre per ultimo, e andava via sempre per primo, insieme ad Antony o Richarlison, con cui probabilmente aveva più confidenza rispetto agli altri. Sembrava sereno: rideva, scherzava e chiacchierava con gli altri. Quel suo comportamento mi stava facendo impazzire.

D'altro canto, anche se avessi avuto la possibilità di parlargli, non avrei saputo cosa dire: non avevo giustificanti. Quasi certamente potevo trovare un escamotage per beccarlo da solo, ma era come se il mio corpo e la mia mente si rifiutassero di provarci. Kylian, invece, si faceva sentire ogni tanto, per lo più per sapere come stessi. Come potevo stare? I miei occhi erano perennemente gonfi per le lacrime. Mi svegliavo la mattina e avevo gli occhi lucidi; arrivava la sera, e andavo a dormire allo stesso modo. Nádia sapeva tutto, l'avevo chiamata la sera stessa per cercare conforto.

Erano passati giorni dalla sua sfuriata al bar, ed era arrivata l'ultima partita del girone: Brasile – Camerun. Da quel che mi aveva detto mio padre, Neymar si era infortunato durante uno degli allenamenti, e quindi non avrebbe giocato la partita. Forse quella era la mia occasione per parlargli, finalmente. Anche lui aveva notato il nostro allontanamento, ma non si azzardò a chiedere spiegazioni. Quel che era importante, in quel momento, era il mondiale. I drammi sentimentali dovevano essere messi da parte: d'altra parte era questo che mi aveva detto, quando accettò la mia storia con Neymar.

Neymar POV

Quella storta alla caviglia non ci voleva proprio: eravamo nel bel mezzo dei mondiali ed ero già fuori dai giochi. Il fisioterapista mi aveva assicurato che, se avessi riposato e se non avessi sforzato la gamba, avrei recuperato in fretta e sarei stato pronto per gli ottavi.

In quei giorni, tra i duri allenamenti del mister e la compagnia di Antony, Richarlison e qualcun altro della squadra, avevo avuto davvero poco tempo per pensare alla rottura con Lídia. Probabilmente mi rifiutavo di pensarci perché troppo doloroso. Non era stata una storia lunghissima, ma l'intensità di quelle settimane passate insieme rendeva tutto più difficile.

Antony fu il primo a capire che cosa stesse succedendo. Quando uscii dal bar, abbandonando Lídia e Kylian, mi ero precipitato in palestra per gli allenamenti con gli altri. Già da quel momento Antony aveva notato un'espressione diversa sul mio volto, rispetto alla mattina. Inizialmente facevo il vago, ma dopo due giorni mi aveva preso in disparte e mi aveva obbligato a vuotare il sacco. Il caso volle che Richarlison fosse vicino a noi, e sentì tutto. Entrambi si erano comportati da veri amici, cercando in tutti i modi di alzarmi il morale e di distrarmi dai miei stessi pensieri.

Era arrivato finalmente il due dicembre, l'ultima partita del girone dei mondiali. Per quella stupida storta fui costretto a rimanere in camera, mentre gli altri erano allo stadio. Era la prima volta dalla rottura con Lídia che passavo tanto tempo da solo, solo io e i miei pensieri. Tentai di tutto per distrarmi: accesi la TV, ma non servì a nulla; misi le cuffie e alzai al massimo il volume, ma l'unica cosa che risolsi era un gran mal di testa; provai a riordinare le cose nell'armadio, che rischiava di esplodere per il disordine e la confusione accumulata. Mentre ripiegavo le tute della nazionale, tra i vari vestiti appallottolati trovai anche il pigiama di Lídia.

** "-Sai che quel pigiama avrà vita breve nel mio letto, vero?- la guardai con uno sguardo di sfida; si morse il labbro, avvicinandosi lentamente a me. Quello sguardo provocante mi faceva perdere la testa.

-Tu credi?-**

Scoppiai a piangere come un bambino a cui avevano tolto il suo giocattolo più prezioso. Era passato così poco da quel giorno. Eravamo stati insieme ogni singolo giorno dal mio arrivo in Qatar, se non fisicamente, almeno col pensiero. Ricordai quando decisi di chiederle di uscire. Ero nervoso e mi tremavano le gambe; Antony mi diede la forza di prendere coraggio e buttarmi. Oppure, quando il mister Souza decise che no, non potevamo assolutamente frequentarci, era fuori questione. Lídia si era chiusa in camera e non usciva, neanche sotto tortura. Passavo le giornate dietro la sua porta, accovacciato a terra, a parlare da solo. Quel fottuto "ti amo" prima che scoppiasse il putiferio, non potevo crederci. Non poteva essere già tutto finito. Caddi con le ginocchia a terra, provocandomi una fitta alla caviglia. Poco mi importava. Volevo solo sfogare la frustrazione di quei giorni.

Save me || Neymar JrWhere stories live. Discover now