Novembre

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"Che freddo!" 
Tom accelerò il passo sperando di scaldarsi un minimo, era novembre inoltrato, aveva nevicato più di una volta e il freddo gelava i muscoli e mozzava il fiato. Il ragazzo aveva sempre odiato l'inverno, gli provocava un'angoscia infinita. Lo disturbava sentire il vento gelido sulla sua pelle, lo faceva sentire scoperto, per quanto si vestisse.
Sospirò, poi sbuffò infastidito vedendo il fiato condensarsi e spargersi a pochi centimetri dai suoi occhi. Scosse il capo pensieroso.
Infilò una mano in tasca e ne trasse un pacchetto stropicciato e umidiccio, tirò fuori una sigaretta e con mano tremante la accese. Aveva preso il vizio, sapeva che faceva male, sapeva tutto, ma non gli importava. Lo rilassava, riusciva a calmarlo. O almeno, la maggior parte delle volte riusciva a calmarlo. Quella evidentemente era una delle rare volte che il fumo non bastava.

Tom era nervoso, non riusciva a concentrarsi, non riusciva a fermare le mani che continuavano a torturarsi a vicenda. Non riusciva a pensare a nulla, nulla di bello. Nulla che lo potesse calmare.
Bill gli aveva raccontato...tutto, gli aveva detto il vero motivo per cui Georg aveva deciso di abbandonarlo, di lasciarlo solo. Era tornato a casa, Tom gli aveva chiesto cosa succedesse e dopo varie argomentazioni aveva risposto:
-Ok te lo dico, ma farà male.

Aveva fatto male, come negarlo? Tom era rimasto deluso, triste, senza speranze...Aveva pregato Georg, lo aveva tormentato per giorni, chiedendogli spiegazioni, arrabbiandosi e infine solo chiedendo perdono per colpe che non aveva. Poi si era rassegnato, infine si era detto che se davvero amava Georg, e lo amava, doveva imparare a rispettare le sue scelte. Si era detto di smetterla, che lo avrebbe solo fatto soffrire.
Che andava bene così.
"Va bene così"
Andava bene così anche se dentro stava sprofondando e aveva solo bisogno di uno scoglio sicuro a cui aggrapparsi. Il suo cuore cadeva tra la preoccupazione e l'apprensione per Bill, l'ansia di dover sorridere sempre, il dolore di essere solo quando il gemello usciva di casa, la consapevolezza che non ci fosse nessun'altro intorno a lui.
Sapere di essere solo.
Di non avere un amico.
Di non avere un appiglio.
Di non sapere che strada prendere.

Tom lasciò cadere la sigaretta a terra, si morse il labbro con forza, la saliva scaldò le sue labbra fredde e screpolate e un dolore pungente lo colpì quando vi passò la lingua sopra. Si fermò a pensare, si strinse nelle spalle e guardò in alto, il cielo che andava a inscurirsi, le nuvole accalcarsi, le prime stelle scrutarlo da quell'abisso infinito, stelle che parlavano, che dicevano chiare parole.

Sei solo
"No, non è vero"
Lo sei sempre stato
"No! C'è Bill con me, per me!"
Guardati intorno, sei solo

Lo fece, si guardò intorno e una fitta gli trafisse il cuore. Solo una via vuota, solo il frusciare dell'erba scossa dal vento, solo un gatto miagolare e andare via, solo l'incombente luna sorridergli beffarda, solo una via vuota...
Tom era spaesato, sentiva un nodo stringergli la gola, sentiva ancora più freddo, voleva il caldo abbraccio di qualcuno. 

Sei solo
Sei solo
Sei solo
Sei solo
Sei solo
Sei solo


Sono solo
Sono solo
Sono solo
Sono solo
Sono solo
Sono solo
Sono solo
Sono solo
Sono solo
Sono solo

Il nodo in gola si sciolse lasciando posto a un pianto disperato, un pianto da bambino sperduto in un mondo troppo grande, troppo spaventoso, troppo pericoloso. Troppo vuoto. Come uscirne? Come sentirsi parte di qualcosa? Come sentirsi amato? Come, quando, cosa? Cosa ho sbagliato?
La testa gli doleva, pulsava dolorosamente, tutti i tormenti, ogni insulto, ogni litigio, ogni mancanza di rispetto, tutto ormai era chiaro nella sua mente. Tutto era già destinato ad accadere. Tutta quella strada solo per ritrovarsi solo, solo e ancora solo.
Abbandonato.
Chiuso fra quattro mura vuote che gli opprimevano il cuore, che gli impedivano di sentirsi libero, quattro mura vuote che gli straziavano gli occhi, gli stracciavano gli arti, lo schiacciavano a terra.

Cadde in preda a un mancamento, si ritrovò con il viso sul marciapiede freddo. Avrebbe tanto voluto qualcuno che lo aiutasse ad alzarsi, che passasse la mano sulla sua testa, che gli asciugasse le lacrime che...
"No, no, sono solo. Non c'è mai nessuno per me. Sono tutte persone false, false."
Tom si costrinse a respirare profondamente, si costrinse a mettersi in piedi e a riprendere a camminare. Arrivò davanti al portone di casa, si passò una mano in viso, riprendendo un aspetto umano.

-Tom, tutto bene? Sei pallido, hai delle brutte occhiaie.
-Sì Bill, tutto bene. Sono solo un po' giù per Georg...
-Lo so, ti capisco, vieni qui.
Lo abbracciò calorosamente, e Tom si sentì un po' meglio, un po' più compreso.
-Su, vai a riposarti, vuoi che venga con te?
Annuì.
Passarono la serata insieme, sdraiati sul letto, con il computer sulle gambe e la ciotola di pop corn ormai vuota appoggiata di fianco. 
Bill baciò il fratello sulla testa, gli passò una mano sulla spalla e sospirò.
-Vedrai, andrà tutto bene. Ci sono io con te, sempre.
Tom sorrise, si strinse a lui beandosi quel momento coccolato dal suo calore. Sentì le se braccia circondarlo, si sentì un bambino. Gli sembrava di essere piccolo, minuscolo, gli sembrava che Bill in confronto fosse come una presenza forte, sempre lì, pronto ad abbracciarlo. Eppure Bill non era sempre forte, non poteva esserlo, magari ogni tanto fingeva, se ne convinceva, ma non era sempre forte. 
"Non sono solo. Non sempre. Non sono solo. Almeno per ora. Non sono solo. C'è lui. C'è Bill. C'è sempre. C'è per me...E io per lui? Io per lui..."


-Anche io, sempre.

-Anche io, sempre

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Noi due contro il mondo (Twins Kaulitz)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora