Novembre XVII

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In fondo non era così male la scuola, quei giorni fatidici, giorni in cui Tom odiava l'atmosfera casalinga, chiusa, senza vie d'uscite; la scuola era il suo unico sfogo, altrimenti sarebbe stato costretto a rimanere in casa con un uomo distrutto dal suo stesso dolore e un ragazzo quasi del tutto inespressivo, che si apriva in rare occasioni di momentanea felicità, che gli provocava un doloroso rimbombo nel petto.
A scuola invece era tutto stranamente perfetto, tutto normale, come se non fosse cambiato nulla.
"Se il presente fa così male, fingerò di vivere nel passato, quando era tutto più limpido"
In fondo Tom era sempre stato bravo a fuggire: Fuggire dai bulli, correre veloce fino a mozzarsi il fiato, fino allo sfinimento. Tutto pur di non affrontarli faccia a faccia, tutto pur di non provare dolore. Fuggire dai problemi, dalle situazioni scomode, dall'ansia, rifugiarsi in mondi conosciuti solo a lui, dove nessuno avrebbe potuto toccarlo.
Insomma, Tom era un asso nel fuggire.

"Che palle le ore di buco..."
Le ore più amate dagli studenti, quelle in cui puoi fare casino, copiare i compiti, saltare giù dai banchi o semplicemente girovagare per i corridoi con gli amici in cerca di una macchinetta per le merendine funzionante.
Tom le detestava, erano le ore in cui regnava la confusione, in cui nessuno si sarebbe accorto della sua assenza, che lui non era in classe...In quelle ore, lui poteva benissimo non esistere.
E questo era ciò che di più spaventava Tom, da sempre, la paura di non mancare a nessuno, che la sua presenza fosse futile come momentanea. Gli gelava il sangue solo a pensarci.
Sarebbe bastato andare a parlare con i compagni, sedersi vicino a un gruppetto di gente tranquilla e partecipare a una conversazione. Basta poco per farsi degli amici.

Eppure per Tom, quel poco era veramente troppo. Aveva sempre invidiato quei ragazzi che quando volevano riuscivano a parlare liberamente anche con degli sconosciuti. Georg ci riusciva, Gustav ci riusciva, persino Bill che non era molto estroverso, se avesse trovato la persona adatta a lui, sarebbe riuscito ad avvicinarla e parlarci.
"Perché solo io devo essere così..."
Tom in molte occasioni aveva visto ragazzi e ragazze che sarebbero stati ottimi amici, li aveva osservati da lontano, aveva studiato le parole da dire e poi...fine. Non riusciva nemmeno ad inviare al suo corpo il comando di alzarsi e parlarci.

Tom sbuffò, basta pensare a cose negative, c'è un'ora di buco! Divertirsi è l'unica cosa da fare. Prese le cuffie e si mise a girare per i corridoi senza meta, senza nemmeno guardare per terra, solo scrutando dentro sé stesso. Si fermò davanti al bagno, vi entrò, non l'avesse mai fatto.
Si guardò allo specchio, aveva le occhiaie, le guance leggermente scavate, prese un lungo respiro e fece per voltarsi e uscire quando...
Quando vide comparire dietro alla sua figura minuta la rappresentazione di nero sgusciante terrore, di paura, di dolore. Tom sentì delle forti braccia opprimergli il petto, una mano bloccargli il fiato e la parola e un tonfo sordo di una porta sbattuta.
"No...merda..."

Da quel momento in poi, da quel rimbombo assordante e quel pensiero fugace fu solo dolore.
Tom tremava sotto i colpi potenti dei due ragazzi, tremava di paura, tremava internamente, tremava la luce nei suoi occhi lucidi e carichi di amare e scure lacrime.
"Cosa...cosa ho fatto di male?"
Il ragazzo non capiva cosa avesse fatto per meritarlo, forse per il suo carattere introverso? Forse per il suo corpo debole e magro? Forse per pura cattiveria...
Tom non aveva mai chiesto nulla dalla vita, nulla di troppo complesso, voleva compagnia, voleva poter sorridere, era per caso troppo? Nonostante chiedesse così poco, aveva ricevuto in cambio solo calci sui denti, potenti e dolorosi quanto i calci che riceveva sulle costole, sulle braccia e sulla schiena in quel momento. 
Ormai aveva smesso di reagire, non aveva senso, si sarebbe fatto solo più male, avrebbe provato solo più dolore.

Finalmente l'inferno finì, Tom riprese a respirare normalmente. Nascose i lividi sulle braccia con le maniche della felpa e tornò in classe. 
Una volta arrivato a casa si diresse subito in bagno per analizzare le ferite.
"Nulla di preoccupante..."

A Bill non lo disse, a Gordon figuriamoci...Ogni tanto lanciava qualche occhiata disperata verso Bill, quasi inconsapevolmente, forse per chiedere aiuto. Ma non bastava, non era abbastanza. 
Tom scosse il capo, non ne avrebbe parlato con nessuno, sarebbe stato il suo piccolo segreto. In fondo non era così grave, non c'era bisogno di far preoccupare i cuori già estenuati di Bill e Gordon. 
Solo un piccolo segreto, un insignificante problema...

Un altro minuscolo peso da sostenere

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Noi due contro il mondo (Twins Kaulitz)Where stories live. Discover now