Gennaio XIV

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Vedeva la sua mano lunga e affusolata, la scorgeva pendere al suo fianco e oscillare gentile al ritmo dei suoi passi leggeri. Abbasò lo sguardo e vide la sua, ossuta e graffiata, massacrata, distrutta. Avrebbe voluto prendere quella mano gentile, stringerla tra le sue dita smagrite, sentire un po' di conforto a quel debole tocco. Non avrebbe preso l'iniziativa, temeva un rifiuto, pensava, nonostante ciò, che se davvero Bill gli avesse voluto bene lo avrebbe capito di cosa aveva bisogno, lo avrebbe capito e gli sarebbe stato vicino.

Tom guardò il viso di Bill, fiero e delicato allo stesso tempo, sorrise al ricordo di due bambini uguali, piccoli e innocenti, cresciuti in modi così diversi: uno a carezze e baci, e l'altro a violenza e solitudine.
Avrebbe dovuto piangere per un pensiero del genere...avrebbe dovuto, ma non lo fece. In fondo era felice per Bill, per la sua infanzia spensierata, per i suoi sorrisi, per la finestrella che si apriva nella sua bocca, creata dai denti caduti. Era felice, insomma.

Improvvisamente sentì un calore strano, qualcosa di magicamente confortevole, pulito invadergli il palmo ossuto. Si guardò la mano ed eccola, la trovò stretta tra le dita grandi di Bill. Non potè fare altro che rimanerne affascinato, sorrise, sorrise e Bill ricambiò. Poi...tutto a un tratto...
Gli era mancato, tanto, troppo. Bill gli era mancato, il suo sorriso gli era mancato, le sue dita, il suo respiro, i suoi occhi ardenti, le sue labbra rosse, dio tutto questo gli era mancato.

 Bill gli era mancato, il suo sorriso gli era mancato, le sue dita, il suo respiro, i suoi occhi ardenti, le sue labbra rosse, dio tutto questo gli era mancato

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-Tom...Tom perchè piangi? Ti prego non piangere...
Il ragazzo strinse il fratellino al suo petto, lo stesso petto invaso dai sensi di colpa lancinanti di quella scena lugubre.
-Tom ti prego, odio il tuo pianto, amo il tuo sorriso.
Eppure lui, no, lui continuava a piangere, piangere per il suo dolore, per gli occhi di Bill che tutto a un tratto li ricordava diversi, li trovava cambiati, piangere per le sue condizioni, per la sua fame lancinante, per la stanchezza brutale e massacrante.
Strinse i pugni sulla sua giacca, affondò il viso nella sciarpa nera e rossa, di ruvida lana...La bagnò di calde lacrime, la invase di dolore.
Tom si staccò da Bill, chiuse gli occhi immaginando un futuro lontano, magari passato, forse impossibile, forse fin troppo vicino. Non voleva più sognare la felicità, non voleva più sperare che tornasse la speranza stessa, era stanco, stanco e basta.

-Mi dispiace...Ok? Mi dispiace, mi dispiace Tom.
Bill posò le sue mani sulle spalle di Tom, cercò di confortarlo, di capire, comprendere...
"Cos'hai? Parlami Tom, parlami ti prego, dimmi che succede...Cosa, cosa hai passato?"
-Lo so che ti dispiace...LO SO!
Il ragazzo alzò lo sguardo all'improvviso, aprì gli occhi sul mondo, scrutò la sua crudeltà.
-LO SO!
Lo sapeva, lo sapeva bene. Poteva immaginare la sofferenza di Bill, le sue lacrime, poteva capirne il motivo. Eppure non avrebbe smesso di piangere, di essere triste, di autocommiserarsi per il suo dolore, per la sua colpevole sfortuna. Conosceva fin troppo bene i vuoti nel petto, smettere di piangere era troppo, fin troppo doloroso.

Tutto a un tratto di sentì scrutato, osservato, gli occhi del gemello puntati su di sè, indagatori.
La pugnalata arrivò in un sibilo stretto tra i denti:
-Quanto...hai perso?
Tom sentì le gambe cedere, non aveva più appigli, pensò:
"Ecco, è la fine"
La fine di tutto, della felicità, dei sorrisi, la fine della vita, persino la fine della fine, fine di un nuovo inizio.

La risposta arrivò altrettanto tagliente, bisbigliata in un sussurro insicuro eppure doloroso:
-Tredici...

La risposta arrivò altrettanto tagliente, bisbigliata in un sussurro insicuro eppure doloroso:-Tredici

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Noi due contro il mondo (Twins Kaulitz)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora