Cap 10

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LYDIA POV'S
Sono passati tre giorni dall'ultima volta che ho visto Hunter, e sinceramente non mi manca neanche un po': sì certo come no!
Fantastico, ora ci si mette anche la mia coscienza...
Riguardo a mia sorella e a mia madre non l'ho più sentite.
Meglio così, perché non volevo litigarci ancora. Mia madre preferisce mia sorella a me, si vede in lontananza che alcune volte mi guarda con disprezzo, a volte mi chiedo se mi vuole davvero bene come dice, oppure è solo un modo per convincersene. Dopo quella notte.... in cui mio padre se ne andò, mia madre non mi trattò più come prima! Non ritiro ciò che ho detto, ovvero che è una donna fantastica, perché è vero, lo è! Dicerto ha le sue motivazioni, da quella sera lei mi ha vista da un'altra luce, dalla pare più oscura di me, quella che non prova emozioni, o che se le tiene tutte per se.
«hey Lydia tutto bene?» mi chiese Taylor poggiandomi una mano  sulla spalla. Mi ritrassi dai miei pensieri e riportai l'attenzione sulla mia compagna di stanza, non che, mia amica. «ehm...sì!»dissi.
Alzai la mano in modo che Onwel mi vedesse. «lei ci sta chiedendo di uccidere un uomo?!» chiesi sudando freddo. «non un uomo qualunque, ma un gruppo di dieci terroristi che al momento è scappato alle autorità subito dopo essere stato condannato, e si è rifugiato in un'industria abbandonata!» disse lui con tono duro. «sarà la vostra prima missione, dopo un lungo corso di addestramento! Ma se avete paura potete anche andarvene da quella porta, ma sappiate che non metterete mai più piede qui dentro!» disse. «purtroppo gli attentatori, hanno anche due prigionieri... sappiamo solo questo! Qui ci sono tutte le informazioni che vi servono sull'edificio e sugli attentatori! Avete tempo fino a stanotte prima che mettiate piede dentro della fabbrica! Buona fortuna!»
Disse per poi prendere le sue cose dalla scrivania posta al centro della sala e andarsene via di qui.
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Ero già stata torturata una volta! Durante la fuga dall'FBI, che mi credeva colpevole di un crimine che non avevo assolutamente commesso! Ero stata ferita con un arma da fuoco sul fianco destro. Ero legata ad una fune appesa al soffitto, un gruppo di uomini dei servizi segreti, mi aveva catturata per farmi ammettere una volta per tutte che ero stata io a commettere l'attentato alla central park, quello fù uno dei momenti più brutti della mia vita, più mi facevano domande alla quale rispondevo e più mi picchiavano o mi pressavano la ferita facendomi sentire bene la pallottola muoversi nel mio corpo.  Urlai a squarciagola quel giorno, il dolore che provai non lo provai mai in tutta la mia esistenza. Fu Alex a liberarmi e a salvarmi! E da lì non ci separammo più, a lui devo la mia vita!
Lo avevo rimosso, ci avevo messo 7 mesi per convincermi che sapevo fingere che non fosse accaduto nulla.
Ma sentire queste urla glaciali di una ragazza, lungo il corridoio della fabbrica che stavo attraversando correndo cautamente, mi fece raggelare. Perché mi tornavano in mente tutto, tutte quelle scene.... quasi risentivo il dolore sul mio corpo. Era l'unico ostaggio ancora nelle loro mani... toccava a me liberarla!
Le urla provenivano da dietro una porta di metallo. Presi un bel respiro, mi asciugai le mani sudate sui miei jeans neri, battei più volte le palpebre, per impedire alle lacrime createsi di scendere. No, non mi sarei lasciata andare... non adesso, non così!
Caricai la pistola, tolsi la sicura, e impugnandola bene, feci una leggera pressione sulla porta in modo da entrare. Feci il più silenzio possibile, abbastanza da non essere scoperti. Mi avvicinai alle urla e finalmente la vidi, una ragazza era legata ad una colonna portante della struttura, aveva i capelli sciolti che le coprivano il viso, i vestiti stropicciati, e la camicetta aveva qualche macchia di sangue su di essa. C'era un ragazzo davanti a lei, lo dedussi per via delle sue spalle larghe, le aveva appena dato una sberla a quella povera ragazza che continuava a singhiozzare. Gli disse qualcosa in una lingua a me sconosciuta. Di colpo si sentì una voce che parlava anch'essa in lingua straniera, attraverso un walkie-talkie, vidi il ragazzo davanti all'ostaggio, muoversi ed andarsene da lì, si allontanò entrando in una sottospecie di ufficio. Mi velocizzai a correre verso la ragazza, che appena mi vide sgranò gli occhi, ed iniziò a muoversi e a fare dei versi, chiedendo aiuto. «shh, va tutto bene! Sono dell'FBI, sono qui per salvarti.» dissi, per poi prendere un coltellino dalla cintura e tagliare le corde, aiutandola a slegarsi. La ragazza mi abbracciò piangendo a dirotto, ripetendomi «grazie...grazie...graziee!», ricambiai velocemente per confortarla un pò. «adesso dobbiamo andare, avanti!» dissi, per poi prenderla per una mano e iniziare a correre verso la porta.
Proprio quando mi stavo per avvicinare alla porta qualcuno alla nostra destra iniziò a sparare, facendoci nascondere dietro delle colonne d'acciaio. Per poco non mi prese sulla gamba. Quello stronzo! Adesso gliela faccio vedere io!
Mi affaccio, con la pistola pronta per sparare, lo intravedo ed gli sparo, mancandolo di qualche centimetro per via del suo spostamento, dietro un'altra colonna portante.
Mi giro verso la ragazza e le intimo di stare ferma qui, al riparo, uscii dal mio nascondiglio ed andai verso una colonna molto più vicina per cercare di prenderlo. Di colpo non lo intravidi più, me lo ritrovai dietro le spalle pronto a spararmi, ma io in qualche modo mi girai e lo colpii. Fece qualche passo indietro subito dopo aver subito un pugno sul naso. Gli stavo per sparare e per finire tutta quella pagliacciata, ma proprio un secondo prima di premere il grilletto il ragazzo davanti a me, mi prese velocemente la mano, spostando la pistola in aria, per evitare il colpo. Cercai di liberarmi dalla sua presa, ma era difficile, iniziammo a lottare tra di noi, quando ad un certo punto, lui mi fece cadere la pistola a terra. Cercai di riprenderla, ma non feci in tempo a spostarmi che mi diede un pugno in pancia. Mi piegai dal dolore. Cazzo! Mortacci tua!
Lo maledissi mentalmente. Sto per morire, me lo sento! Mi stava per puntare la pistola addosso, quando, gli diedi un calcio fortissimo nelle parti intime, facendolo cadere a terra dal dolore. «così impari brutto stronzo!» dissi. Il ragazzo si stava piegando dal dolore. La ragazza si avvicinò a noi con la mia calibro 75 in mano, puntata sul cuore del ragazzo. La vedevo avvicinarsi sempre di più, sul suo volto era dipinta un'espressione piena di paura mista a rabbia. Esitò, la vidi con il dito pronto sul grilletto, ma la mano gli tremava. Così mi avvicinai a lei. Gli tolsi la pistola dalle mani, mi posizionai davanti a lei, guardai il ragazzo. Gli guardai i tratti del viso, e mi si strinse il cuore nel vedere un ragazzo così carino, essere così senza cuore. Chiusi gli occhi, presi un bel respiro e gli sparai. Non volevo avesse una morte lenta, di certo, doveva averla per tutte le cattiverie commesse... per aver ucciso almeno 200 persone... ma io non ce la facevo, volevo risparmiarmi almeno quell'agonia. Mi voltai verso la ragazza, guardando velocemente il cadavere, e senza dire nulla su ciò che avevo fatto, presi per mano la ragazza e rassicurandola la portai salva fuori di qui, lontano da quel posto...
Mi state chiedendo se sono senza cuore? Se sono stata troppo crudele? Se non ho provato nulla nel momento in cui ho premuto il grilletto?
Beh, vi dico solo una piccola cosa. L'angoscia che c'è dentro di me, il dolore e l'agonia non se ne andranno facilmente! Non adesso! Non dopo la seconda volta!

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Hey peopleee! Eccomi qui, scusatemi per l'attesa ma non è stato facile da idealizzare! Spero vi piaccia molto!😊
Byeee!

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