Capitolo 26

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«Tua madre sta male, è in coma.»

«Cosa?» lo guardo, ora senza urlare più e fisso i suoi occhi scuri ancora più grandi del solito mentre li abbassa.

«Ha avuto un incidente due giorni fa.» alza lo sguardo su di me, la sua voce è quasi dolce mentre mi parla lentamente, come se potesse attutire il colpo.

«Stai mentendo!» grido contro di lui come una furia con la voce rotta.

«Purtroppo no.» scuote la testa.

«Mi hai detto che stava bene, che si stava divertendo!» scuoto ripetutamente la testa confusa.

«S-sì, è quello che mi ha detto mio padre.» si giustifica balbettando con insicurezza, «mi dispiace.»

<A te non dispiace! A te fa piacere, tu non l'hai mai voluta!» continuo ad urlare con la voce spezzata, le mie guance vengono rigate da potenti lacrime.

«Non è vero.» prova a dire lui con aria dispiaciuta, quasi colpevole.

«Tu l'hai sempre odiata, ci hai sempre odiate!» ribatto, ma lui si limita a scuotere la testa con lo sguardo basso e comprensivo.

Non riesco a riflettere in questo momento, il rumore della macchina mi entra nelle orecchie, il profumo di Zayn nelle narici mi infastidisce e le lacrime mi inondano il viso, il collo, le mani.

«È tutta colpa tua!» senza realizzarlo mi ritrovo in ginocchio sui sedili in pelle ad urlargli contro, a sbattere le mie mani chiuse in pugni contro alle sue spalle, al suo petto, senza riuscire a fermarmi e lui accetta il mio comportamento senza opporsi, forse per lasciarmi sfogare.

Solo dopo un po', quando i colpi diventano sempre più deboli, mi prende i polsi con le sue mani forti e potenti e riesce a guardarmi intensamente senza abbassare lo sguardo. Non è arrabbiato, anzi, è fin troppo calmo, quasi dolce.

Senza averlo previsto mi ritrovo a lasciarmi andare contro alla sua spalla, continuando a piangere, incurante di ciò che potrebbe pensare e di come potrebbe reagire. Mi butto semplicemente contro di lui, con la fronte sul suo petto, i singhiozzi mi impediscono di parlare e le lacrime cominciano a bagnargli la maglietta.

Lascia le mie mani e mi avvolge con le sue braccia in un abbraccio intimo. Si limita a stringermi forte senza dire niente. Dopo poco inizia a dondolarsi leggermente avanti ed indietro quasi per cullarmi ed io, stranamente, riesco a sentirmi un po' meglio per un attimo. La sua mano percorre tutta la mia schiena, dal basso verso l'alto per poi ricominciare.

Rimaniamo così, non so dire se per minuti o ore e non riesco a staccarmi, incurante del fatto che ormai l'auto è ferma davanti all'entrata del nostro palazzo. Mi rendo conto che non voglio scendere, non voglio dovermi staccare da lui.

Zayn mi fa sentire protetta in questo momento ed io ne ho estremamente bisogno. Ho bisogno di qualcuno che mi consoli, che si prenda cura di me e che mi dica che andrà tutto bene.

Dopo parecchio tempo riesco a tirarmi su e ad osservarlo per un attimo mentre lui ha ancora l'espressione di chi è visibilmente dispiaciuto. Mi imito ad abbassare lo sguardo, mi volto per scendere dall'auto senza riuscire a ringraziarlo.

I miei occhi stanchi e pesanti, consumati dal pianto, in questo momento hanno solo bisogno di chiudersi. Salgo in camera mia, tolgo il vestito per indossare un maglione e mi infilo sotto alle coperte.

Ricomincio a piangere ma le lacrime non scendono più, come se fossero finite. Ora sì che riesco a riflettere, e preferivo quando non potevo farlo.

Mia madre è in coma, continuo a ripetere, finché queste parole non diventano praticamente estranee, e allora inizio a dirmi che ha avuto un incidente, poi che potrebbe morire, finché ogni parola perde il proprio significato.

Inizio a pregare.

Non sono credente, non la sono mai stata e non prego da quando sono stata costretta a fare la cresima, ma qualche preghierina me la ricordo ancora.

Non credo che possano aiutare davvero mia madre ma continuo ugualmente, perché mi sento impotente ora, non posso fare altro. Non conosco la gravità della situazione, non so esattamente che cosa le sia successo o in che condizioni sia ma continuo a pregare chiunque mi possa sentire e possa esaudire il mio desiderio di farla stare bene.

Perché nonostante tutto io la amo, lei è la mia mamma, io non posso vivere senza di lei.

Tutto ad un tratto, oltre ai singhiozzi, le lacrime ricominciano a sgorgare raggiungendo le mie labbra e lasciandomi un sapore salato in bocca. Tra il mio disperato pianto, le preghiere diventano ad alta voce.

«Vi prego salvatela. Se mi sentite, non lasciate morire la mia mamma!» supplico non so bene rivolta a chi, quasi gridando mentre i singhiozzi diventano inarrestabili.

Sento bussare e poi la porta si apre lentamente lasciando comparire Zayn, con la stessa espressione affranta di prima. Lo osservo asciugandomi le guance.

«Prepara la valigia.» si limita a dire in modo secco e deciso rimanendo sul ciglio della porta.

«Perché?» chiedo tra i singhiozzi, un po' confusa ed intontita e mi metto seduta.

«Perché ti porto da lei.» risponde e poi lascia sfuggire un sospiro dalle sue bellissime labbra.

«Hai parlato con tuo padre?» domando balzando in piedi con gli occhi sgranati e la bocca spalancata dallo stupore.

«No, lui non sarebbe d'accordo.» scuote leggermente la testa ed entra nella stanza, «Ma Naomi mi ha detto che è stata portata in un ospedale a Parigi.»

«E partiamo?» chiedo con l'esaltazione di una bambina mentre mi avvicino a lui.

«Sì.» risponde lui con convinzione, «Se vuoi ovviamente.» specifica mentre io mi affretto ad annuire.

«Grazie.» sussurro dopo essermi fiondata verso di lui e avergli buttato le braccia al collo, stringendolo tanto da fargli male forse. Lui rimane immobile, evidentemente sorpreso dal mio gesto.

«Tu meriti di vederla e lei ha bisogno di te.» mi sento tirare a lui e ritrovo lo stesso senso di protezione di poco fa, «Ho chiamato il pilota e il jet è quasi pronto, quindi preparati.» mi avvisa con dolcezza, costringendomi a staccarmi da lui.

«Io sono pronta!» scuoto la testa velocemente con frenesia.

«Non so per quanto staremo via, quindi prepara la valigia e prendi tutto ciò che potrebbe servirti, ok?» mi parla quasi come un padre parlerebbe a sua figlia di tre anni, con la stessa calma e dolcezza.

Annuisco ed estraggo il mio trolley da sotto il letto, mentre lui mi lascia sola chiudendo la porta. Inizio a buttare dentro alla valigia, alla rinfusa, qualsiasi indumento, qualsiasi oggetto, tutto ciò di cui potrei avere bisogno, anche se in realtà so di non aver bisogno di nulla, voglio solo vedere mia madre, prenderle la mano e starle vicina.

Voglio esserci quando si risveglierà, perché lei si risveglierà, ora ne sono sicura.

PillowtalkWhere stories live. Discover now