Capitolo 30

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«Chanel ci prendiamo un frullato?» mi chiede dolcemente mentre si sistema la borsetta sulla spalla.

«No, non ho fame.» dico cercando di essere convincente.

«Tesoro ma non hai mangiato nemmeno a pranzo!» mi risponde lei con tono leggermente disapprovante.

«Ho un po' di m-mal di stomaco.» balbetto io.

«Non hai preso qualche medicina?» domanda preoccupata.

«No, passerà.» la tranquillizzo tirandola per la mano.

«Guardati attorno, è proprio bella Parigi, non credi?» sorride lei con aria sognante.

«Sì.» concordo mentre guardo gli alti palazzi attorno a me e qualche tipico negozietto.

«Vedrai che ti abituerai anche all'America, ne sono sicura.» appoggia una mano sulla mia spalla mentre cerca di rasserenarmi.

«Lo spero.» annuisco io titubante e piena di speranze, «Guardami mamma, voglio farti l'ultima foto qua a Parigi.» ridacchio io estraendo la mia macchina fotografica.

«Oh Chanel.» ridacchia mettendosi timidamente in posa sistemando i corti capelli biondi dietro alle orecchie.

«Sei bellissima!» mi complimento sincera.

«Non vedo l'ora di vederti scattare foto a New York, in mezzo a quei magnifici grattacieli.» sorride lei soddisfatta.

«Credi che staremo bene come stiamo qua?» chiedo io un po' incerta.

«No,» scuote la testa, «staremo molto meglio!» esulta e prendendoci sottobraccio continuiamo la nostra passeggiata.

È difficile non provare malinconia mentre osservo passare davanti ai miei occhi le stradine e le vie che percorrevo ogni giorno. C'è la piazza in cui mi ritrovavo sempre con le mie due migliori amiche, c'è la strada che percorrevo con Charlotte ogni giorno per andare a scuola, il quartiere in cui abitavo, il ristorante migliore di tutta Parigi in cui mangiavo sempre con mia madre quella deliziosa insalata con l'ananas; c'è il supermercato dove facevamo spesa ogni sabato mattina e poi c'è anche il giornalaio che mi regalava sempre una penna o una matita quando lei comprava una rivista.

«Vuoi vedere la Tour Eiffel?» domando a Zayn che, come me, sta osservando tutto ciò che scorre davanti al finestrino con aria meravigliata.

«Certo!» esclama lui senza staccare lo sguardo da fuori.

«Bene, non manca molto.» dico io, ricordando perfettamente la strada.

«Parigi è davvero bella.» constata lui guardandosi attorno e sembra ammirarla davvero.

«Lo so.» ridacchio io, «ça va ici, merci!» dico all'autista del taxi per chiedergli di fermarsi e lui annuisce e mi sorride guardandomi dallo specchietto.

Lascio che Zayn paghi la corsa e scendo, respirando l'aria di una città che amo mentre un debole sole comincia a farsi spazio tra nuvole bianche sparse qua e là in un cielo azzurro ed omogeneo, come se fosse stato colorato da pennarelli.

Ci ritroviamo a camminare uno di fianco all'altra in un meraviglioso sentiero largo, con alberi e prati e qualche auto sfreccia sull'asfalto un po' distante da noi. Il meraviglioso fiume Senna si presenta davanti a noi in tutta la sua bellezza, con alcune barche che ci navigano lentamente, quasi come se stessero aspettando noi per condurci.

«Sembra molto difficile pronunciare quella r strana.» La voce calda di Zayn mi avvolge insieme al romantico ambiente attorno a noi.

«Non è difficile.» gli assicuro sghignazzando.

«Merci.» prova a dire lui usando un terribile accento americano molto marcato.

«Merci.» ripeto io lentamente per insegnarglielo.

«Merci?» ritenta un po' di volte e poi entrambi scoppiamo a ridere.

È la prima volta che ridiamo così, senza provocarci, insultarci o darci fastidio e la sua risata, quando non è impegnato a schernirmi, è decisamente più bella.

«Eccoci!» annuncio poco prima che la torre più famosa della Francia compaia davanti a noi, lasciandoci a bocca aperta davanti ad una vista mozzafiato. L'ho vista e rivista mille volte, ma non mi stanco mai di ammirarla.

«Wow.» dice lui con un sospiro mentre io annuisco, di fianco a lui.

Rimaniamo in silenzio per molto tempo, un po' per poter ammirare meglio il panorama, un po' perché non sappiamo cosa dire. Parigi, la città dell'amore, ci sta ospitando regalandoci un paesaggio come questo e forse ci sentiamo anche imbarazzati per essere qua insieme.

«Garçon.» un uomo si avvicina a noi con aria allegra e spensierata e mazzi di fiori in mano, «vuole regalare una rosa alla sua fidanzata?»

A quelle parole non posso fare a meno di guardarlo a disagio mentre le mie guance arrossiscono e il mio stomaco è invaso da una sensazione inspiegabile. So che non lo farà mai, ma una parte di me spera tanto che prenda quel fiore e me lo porga.

«No grazie.» scuote la testa sorridendo all'uomo che, facendo spallucce, si allontana.

La mia illusione e il mio desiderio svaniscono immediatamente, lasciandomi con un po' di tristezza. So che non è il mio ragazzo e che non siamo neanche amici ma, non so neanche perché, ho pensato che avrebbe davvero potuto fare quel gesto carino per me, giusto per essere gentile.

Lui mi osserva e forse dal mio volto capisce che c'è qualcosa che non va, perché mi fa segno di seguirlo. Non ne capisco il motivo, credevo gli piacesse guardare la Tour Eiffel e mi stupisce che voglia andarsene subito ma lo seguo senza protestare e con il desiderio di andare da mia madre per starle vicina.

Con mia grande sorpresa, però, supera tutti i taxi fermi ad aspettare e si fionda verso un negozio che vende cartoline, calamite e magliette. Mi chiedo che cosa voglia comprare, possibile che voglia prendere qualcosa a me?

Scuoto la testa a questa assurda idea mentre mi fa segno di aspettarlo fuori. Mi siedo su un gradino poco distante dal negozietto, annoiata e confusa.

Esce con una bustina con il nome del negozio e un fiocchetto.

«Tieni.» mi sorride raggiante porgendomelo.

«È per me?» domando sbalordita.

«Ricordi ciò che ti avevo detto una volta? Quel fiore morirà tra qualche giorno e non ti rimarrà più nemmeno il ricordo. Io voglio regalarti qualcosa che potrai guardare per ricordarti di me, magari tra vent'anni. Aprilo.» mi indica il pacchetto.

Faccio come dice mentre un sorriso piega le mie labbra carnose quando vedo un braccialetto. Un semplicissimo braccialetto con alcune perline e delle lettere che formano la parola "Paris" e che mi fanno sentire come una bambina in un negozio di caramelle. Non so perché sono così contenta ma non riesco a nascondere il mio entusiasmo.

«Così ogni volta che lo guarderai penserai a me e a quando ho cercato di parlare il francese in quel modo goffo.» entrambi iniziamo a ridere ma lui ritorna serio quasi subito, «E ogni volta che io guarderò il mio penserò a te e a quanto eri bella davanti alla Tour Eiffel.» mi mostra un braccialetto identico al mio legato al suo polso.

Ha appena detto che sono bella mentre mi ha regalato un braccialetto uguale a quello che ha lui? Sto sognando? Stento a riconoscere lo Zayn che ho davanti, dov'è finito il ragazzo stronzo, arrogante e presuntuoso che ho conosciuto?

Istintivamente gli butto le braccia al collo e mi stringo a lui, mi accarezza la schiena con un sorriso un po' divertito dalla mia reazione.

«Grazie Zayn.» dico io non appena mi stacco da lui.

«Per così poco?» ridacchia alzando le spalle.

«No, grazie per tutto.» ripeto io, mentre osservo i suoi grandi occhi scuri che sembrano molto più luminosi, «posso chiederti una cosa?»

PillowtalkWhere stories live. Discover now