Capitolo 28

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Il lungo corridoio dell'ospedale, con le porte delle stanze semiaperte e l'odore di candeggina, mi mette a dir poco tristezza. Il bianco di qualsiasi cosa mi ricorda il perché odio questo colore, così come odio la mia camera proprio per lo stesso motivo. Le voci delle infermiere, dei dottori, dei parenti degli ammalati, il rumore delle ruote delle barelle sul pavimento, dei macchinari in azione, è tutto così demoralizzante da farmi sentire in una bolla.

Con lo sguardo scorro i numeri sulle porte, scritti a caratteri sottili, piccoli e neri: 455, 456, 57, mi dico, mentre la testa mi pulsa, consapevole che la stanza 462 è a pochi, troppi pochi passi.

Ad ogni numero, il mio cuore accelera i battiti, il respiro diventa sempre più affannato, le mani mi tremano di più e le ginocchia sembrano cedere. Nel mio stomaco si fa largo una strana sensazione, un'agitazione mai provata prima, un'ansia che sembra logorarlo.

Il forte odore di sterilizzante e di medicinali mi invade le narici, così potentemente da farmi starnutire un paio di volte. Alcune infermiere, con il loro camice pulito, ci passano di fianco con un sorriso cordiale, che in questo momento mi sembra quasi beffardo dato che sto per entrare nella stanza di mia madre in coma.

462.

Mi immobilizzo davanti alla porta mentre il mio fratellastro si limita ad osservarmi, senza mettermi pressioni o obbligarmi ad entrare. Faccio un lungo respiro, così lungo che sembra non finire più, ma nonostante questo è come se non avessi ossigeno in corpo.

«Non abbandonarmi.» sussurro a Zayn stringendogli la mano con forza.

«Non lo farò.» mi promette accarezzandone il dorso con il pollice.

Afferro la maniglia della porta semichiusa e la spingo in avanti, aprendola completamente.

La prima cosa che noto, dopo al colore bianco dominante, è Josh che si volta e ci osserva con lo sguardo più attonito che una persona possa avere. Con gli occhi sbarrati e la bocca spalancata, si alza e ci viene incontro.

«Che cazzo ci fate qui?» il suo tono è fin troppo alto per essere in un ospedale, mentre con le mani in testa e uno sguardo arrabbiato osserva Zayn, probabilmente sapendo che è lui la mente di tutto questo. Sento suo figlio che risponde qualcosa ma non riesco più ad ascoltarli.

Sul letto, distesa con le braccia lungo i fianchi e un pallore in viso mai visto, è sdraiata mia madre, bocca serrata, occhi chiusi, camice d'ospedale e lenzuolo fino a metà busto. Una macchina vicino a lei segna qualcosa che non riesco a decifrare, con uno strano rumore insistente che adesso mi sembra assordante.

«Mamma!» esclamo urlando in lacrime mentre le corro incontro per abbracciarla, non sapendo neanche come riesco a muovere le gambe tremanti.

Mi butto su di lei con così tanta forza che, se potesse sentirmi, sono sicura che le farei male. Le butto le braccia al collo, appoggio la testa vicino alla sua e probabilmente le mie lacrime stanno bagnando anche il suo viso.

«Mamma ti prego svegliati!» mi trovo a dire con il tono più disperato che io abbia mai avuto e con le mani cerco di scuoterla dalle spalle.

«Chanel!» interviene Josh con aria comprensiva ma leggermente allarmata e, prendendomi dalle braccia, mi allontana un po'.

«Lasciami!» grido cercando di divincolarmi dalla sua forte presa mentre lui prova ad abbracciarmi, non so se per consolarmi o per placarmi.

«Chanel ti prego, non fare così.» mi trattiene ancora mentre i miei singhiozzi diventano incontrollabili, poi si rivolge a Zayn «Vedi perché ti ho detto di non dirle niente?»

«Non l'ho fatto inizialmente, ma non potevo nasconderglielo ancora!» replica lui, cercando di giustificarsi.

Non appena realizzo ciò che ha detto, non riesco a contenere la mia ira verso di lui, forse ingiustificata e dettata anche dal fatto di sentirmi completamente persa adesso.

«Tu non l'hai fatto? Tu lo sapevi da prima e non mi hai detto niente?» non appena Josh molla leggermente la presa, mi scaravento contro il mio fratellastro, con l'intenzione di prenderlo a pugni.

«Chanel!» fortunatamente suo padre riesce a bloccarmi prima che lo raggiunga mentre il mio pianto e le mie urla si mescolano insieme.

«Ti odio! Sei la persona peggiore che io conosca, ti odio Zayn, da morire. Ti odio!» grido sentendomi in colpa mentre lo dico ma senza riuscire a fermarmi. Lo ripeto molte volte, ancora urlando, finché suo padre non decide di farlo allontanare da me e da quella stanza.

Non so dire se siano passati minuti, ore o addirittura giorni. Sto fissando mia madre da così tanto, dopo essermi calmata, che ho perso la cognizione del tempo.

Josh è sceso al bar di sotto per prendermi un caffè caldo, mentre io sono rimasta per tutto il tempo accanto al letto, mano nella mano con lei, anche se la mia mamma non me la stringe come faccio io.

Seduta sulla poltrona che puzza di vecchio, di finta pelle e di medicinali scaduti, accarezzo la mano dalla manicure perfetta di mia madre, ormai rossa per quanto l'ho tenuta stretta tra la mia.

«Mamma...» sussurro, ora finalmente sola nella stanza, «Starai bene vero? Zayn dice che starai bene.» la mia voce spezzata rimbomba nella piccola stanza bianca, faccio un respiro lunghissimo e inumidisco le labbra secche passandoci la lingua più volte, «Mi dispiace per quello che è successo, per quello che ti ho detto. Possiamo fare la pace come quando ero piccola.» gli prendo il mignolo con il mio, «Ecco, ora abbiamo fatto pace, ok? So che odi vedermi litigare con Zayn perché vorresti che fossimo una famiglia felice e ti giuro che non penso le cose che ho detto prima.» sospiro appoggiando la mia fronte alla sua mano, «Io e Zayn litighiamo qualche volta, come si fa in ogni famiglia, ma non ci odiamo. È lui che mi ha portata qua da te, è grazie a lui se ora io e te siamo insieme. Avevi ragione, alla fine è un bravo ragazzo. E Josh sembra molto amorevole, l'infermiera dice che non si è mai mosso da qua e ha dormito tenendoti la mano per tutto questo tempo. Siete felici insieme, vero?» le accarezzo prima la guancia e poi la fronte, mentre una lacrima mi riga il viso.

Uno stretto nodo alla gola mi impedisce di parlare per un po', mentre singhiozzi e sospiri si mescolano per qualche minuto. Non riesco a deglutire facilmente e sento il viso andare a fuoco e la testa girarmi terribilmente. Ci metto un po' per calmarmi e continuare.

«Ho cercato su internet e dicono che il coma è come un lungo corridoio con una luce alla fine. Non so quanto sia lungo questo corridoio ma corri mamma. Non importa quanto tempo ci metterai perché noi rimarremo qua ad aspettarti, però mamma promettimi che correrai.» la mia voce spezzata si trasforma in singhiozzi, «Perché io ho bisogno di te. Ho tanto bisogno di te.»

«Ho il caffè.» la voce di Zayn mi interrompe mentre compare alle mie spalle, facendomi sussultare. 

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