Capitolo 86

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«Perdonarti? Credi che io possa svegliarmi e pensare oh, oggi perdonerò Zayn perché mi ha chiesto scusa, e ritornare alla normalità?» domando io, ora ho inevitabilmente alzato la voce e lui ha sgranato gli occhi, forse non aspettandosi la mia reazione.

«N-no ma-» balbetta lui e io non lo lascio finire alzando la mia mano dalla manicure perfetta davanti al suo bellissimo viso.

«Per otto fottuti mesi mi sono chiusa in camera a piangere ogni sera perché mi mancavi come nessuno mi era mai mancato. Dio quanto mi mancavi!» riesco ad ammettere con la voce rotta, devo trattenere le lacrime al ricordo di quel brutto periodo, che forse non ho ancora totalmente superato.

«Anche tu mi sei mancata.» replica con un filo di voce, tenendo lo sguardo fisso sul sedile davanti, mentre estraggo una sigaretta dalla mia borsa e abbasso il finestrino prima di accenderla.

Non so spiegare il mix di emozioni contrastanti che provo. Sono felice di sentirglielo dire, ma allo stesso tempo triste. Ho paura di ricominciare tutto da capo, di soffrire ancora, di mandare all'aria quei piccoli passi avanti che avevo fatto durante questi otto mesi.

«Da quando fumi?» sgrana gli occhi mentre mi fissa con insistenza.

«Stavo male Zayn! Ho iniziato a fumare, per mesi sono uscita ogni sera e mi ubriacavo per non pensare a te! E il mattino dopo mi sentivo mille volte peggio, non riuscivo neanche a svegliarmi per andare a scuola!» le parole mi escono come un fiume in piena, nonostante io provi a controllarle.

«Chanel-» prova a parlare ma lo ignoro.

«Mi sono gettata tra le braccia di ragazzi sconosciuti, dei primi che si dimostravano gentili nei miei confronti!» ammetto faticando a deglutire la saliva.

«Come Cameron?» chiede con un po' di timore nel tono e si volta.

«Sì, come Cameron. E di notte, prima di addormentarmi, prendevo la mano del ragazzo di turno e chiudevo gli occhi, immaginando che fosse la tua.» alzo la voce fino ad urlare quasi.

«Credi che io sia stato meglio?» sbotta lui, adesso mi fissa intensamente.

«Credi che mi interessi?» domando senza aspettarmi realmente una risposta, con lo stesso tono che ha usato lui, «Non ti sei fatto sentire nemmeno una volta, neanche per chiedermi come stavo. Per mesi ho fissato il cellulare, ho aspettato una tua chiamata o un tuo messaggio.»

«Tu non hai idea di quante volte io abbia preso in mano il telefono cercando il tuo numero, di quanti messaggi io abbia scritto per poi cancellarli.» replica abbassando gli occhi sulle sue scarpe da ginnastica e appoggiando la testa allo schienale, chiudendo gli occhi.

«E perché non hai mai avuto il coraggio di chiamarmi? O anche solo di scrivermi un semplice come va?» chiedo, il mio tono è molto meno duro ora che mi sembra realmente dispiaciuto.

«Chanel è complicato.» si giustifica, senza riaprire gli occhi, senza spostarsi da quella posizione.

«No, te lo dico io perché. Perché non tenevi abbastanza a me Zayn, ecco perché.» sentenzio con superiorità e poi mi metto a guardare di nuovo fuori dal finestrino, accorgendomi che ha iniziato a piovere.

«Tu non immagini neanche quanto tenevo a te, quanto tengo a te.» risponde riaprendo finalmente gli occhi e posso notare che sono lucidi.

«Allora perché Zayn? Perché se tenevi così tanto a me non mi hai mai cercata?» domando, senza acidità o cattiveria nel mio tono, ma con una certa dolcezza che non mi aspettavo di poter avere. Vederlo così mi crea un dolore al petto che non si può spiegare.

«Inizialmente, quando te ne sei andata, volevo lasciarti un po' di tempo per riflettere come mi avevi chiesto tu, non volevo essere invadente e intanto...» non continua, ma fa un lungo respiro che mi fa capire che c'è qualcosa che non va.

«Intanto?» lo esorto a continuare.

«Intanto avevo iniziato a fare uso di sostanze stupefacenti. Mi sentivo solo, mi mancavi e ce l'avevo con me stesso per averti persa e, quasi per gioco, ho iniziato a drogarmi.»

Sento il cuore in gola e il dolore al petto si fa sempre più forte. Sento una lacrima che mi riga il viso e, senza pensarci troppo, la asciugo con il dorso della mano mentre lui distoglie lo sguardo da me, forse non sopportando di vedermi piangere.

«Ho passato parecchi mesi in un centro di riabilitazione. Non avevo il telefono, potevo contattare ogni tanto mio padre ma erano telefonate rare e brevi. Non è stato facile ma mi sono curato e quando sono uscito ho scoperto che tu... Che tu stavi con Cameron.» mi spiega, non senza difficoltà.

«Non sono mai stata con Cameron!» mi affretto a replicare, non so perché io senta il bisogno di giustificarmi con lui, «Era solo sesso.»

«Ok ok.» alza le mani con una smorfia, probabilmente infastidito nel sentirmelo dire, «Ma non è quello che mi ha detto lui.»

«Ti ha detto che stavamo insieme?» insisto corrugando la fronte.

«Sì.» fa spallucce e io mi chiedo perché gli abbia raccontato una bugia. «E io non avevo alcun diritto di intromettermi nella vostra relazione se tu eri andata avanti ed eri felice.»

«Non ero andata avanti e non ero felice.» ammetto con un sospiro, più a me stessa che a lui.

Non vorrei farlo ma mi maledico per essere salita su quella macchina in Canada, continuando a chiedermi che cosa sarebbe successo se non lo avessi fatto.

«Mi sei mancata tanto, ogni fottuto giorno di quegli otto mesi e vorrei poter ritornare indietro e cambiare tutto.» conclude lui, poi entrambi ci mettiamo a guardare fuori dal finestrino, in silenzio. 

PillowtalkWhere stories live. Discover now