Capitolo 40: La fuga (seconda parte) - Natale 1975

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James si svegliò presto quella mattina e rimase leggermente confuso quando si accorse di essere nella stanza degli ospiti invece che nella sua, ma il leggero borbottare di Sirius nel sonno gli fece improvvisamente realizzare gli accaduti della notte precedente. Fu improvvisamente colto da una feroce rabbia quando ricordò lo stato in cui aveva trovato il suo migliore amico, spaventato e disorientato per colpa dei suoi genitori, in piedi nel suo salotto, ferito e pieno di sangue.

Afferrò gli occhiali dal comodino e se li infilò prima di sfiorare la spalla di Sirius.

"Felpato?"

Sirius trasalì, ma non si svegliò, l'esaurimento lo teneva addormentato. James decise che l'avrebbe fatto riposare ancora. Scivolò fuori dal letto, stando attento a non disturbarlo, e silenziosamente lasciò la stanza.

Poteva sentire sua madre preparare la colazione giù in cucina; di solito era la loro elfa domestica Trinket a prepararla, a meno che sua madre non fosse sotto stress o avesse bisogno di una distrazione. Attraversò il pavimento di piastrelle e si sedette su uno sgabello alto. "Buongiorno, mamma."

Sua madre gli rivolse un sorriso stanco, alzando gli occhi dalla pancetta che stava friggendo. "Buongiorno, caro. Come sta Sirius?"

James si strinse nelle spalle. "Dorme ancora."

"Probabilmente è meglio."sospirò Euphemia scuotendo la testa, "Sai, ero a scuola con Walburga e-" si interruppe e James riuscì a percepire la frustrazione nella sua voce. "Beh, diciamo che non sembra essere cambiata di molto." Guardò il figlio da sopra il bordo dei suoi occhiali rettangolari. "Quando hai detto a me e a tuo padre di essere diventato amico di un Black, devo ammettere che eravamo un po' sconcertati."

James rise leggermente e annuì, fissando il bancone davanti a lui. "Sirius ha chiarito fin dal primo momento di non voler essere assolutamente paragonato alla sua famiglia, voleva che tutti sapessero che era diverso."

"Lo so," sorrise con affetto, "ed è così, chiunque può vederlo".

"Non credo che però lui ci riesca ogni volta, ad essere onesti", ammise James pensando alle continue battaglie di Sirius con se stesso e gli accesi attacchi di rabbia ed ansia.

"Ma lui ce la farà. Con una giusta separazione da quel mondo e con amici come te, Remus e Peter che lo aiutano." mise la pancetta sul piatto e iniziò a cuocere le uova. Dopo alcuni secondi di attenta riflessione, si voltò ad osservare il figlio. "Quindi," iniziò continuando a mantenere un tono leggero, "suppongo che dovemmo aspettarci l'arrivo di Remus molto presto..." gli lanciò uno sguardo di intesa, e James per poco non si strozzò con il pezzo di pancetta che aveva rubato dal piatto. Lei ridacchiò, "Una madre certe cose le sa".

James riuscì a deglutire solo dopo aver battuto un pugno sul petto. "Ehm... beh, Sirius dice che non vuole farlo preoccupare."

Euphemia si lasciò sfuggire una risata e scosse la testa, "Giusto. Quindi pensa solamente di nasconderlo?"

James sbuffo, "Non pretendo di capire la sua logica..." saltò giù dallo sgabello. "Vado a controllare come sta." la madre sorrise ed annuì continuando a concentrarsi sulla cucina. James improvvisamente sentì una forte ondata di amore per quella donna. Si rese conto di essere stato molto fortunato ad aver avuto una madre che, non solo lo amava tanto, ma amava tutti quanti, e faceva tutto il possibile per rendere tutti felici e al sicuro. James si avvicinò nuovamente a lei e la abbracciò forte, "Ti voglio bene, mamma".

Euphemia si voltò tanto quanto bastava per baciargli la guancia, "Ti voglio bene anche io, James." disse accarezzandogli la mano prima che lui si voltasse per lasciare la cucina.

Quando tornò nella stanza degli ospiti, Sirius era ancora profondamente addormentato, anche se non sembrava molto tranquillo. Il suo volto era corrugato e dalla sua bocca uscivano borbottii sommessi. James si morse il labbro e chiuse la porta. Questa non sarebbe stata una cosa da cui Sirius si sarebbe ripreso molto facilmente, non sarebbero bastate semplici distrazioni per aiutarlo. Attraversò la sala e prese una di quelle stupide penne babbane che avevano preso l'estate prima e una pergamena.

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