Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
Il mare, quella mattina, pare un'immensa distesa di seta.
Il chiarore dell'alba non ancora sorta, nascosta, timida oltre l'orizzonte azzurro del mare, dona all cielo infinite sfumature di rosa.
La nave continua, imperterrita e rapida, a infrangere quella placida superficie e il silenzio regna sovrano, accompagnato dall'impregnante odore di salsedine.
Manuel l'ha svegliato presto, quella mattina, disturbando sogni mai stati così sereni, privandolo delle sue braccia solide, del calore delle stoffe damascate a decorare il loro letto.
Per mano, Manuel lo conduce giù per quelle stesse scale ch'avevano assistito al loro primo incontro e che, dal castello di poppa, li portano sul ponte. Di lì, sù per l'albero di mezzo, fin sù in cima la coffa, dove il vento si fa gelido e il cielo si tuffa in mare.
Simone ha freddo, e Manuel se ne accorge, e sfila via la giacca per posarla sulle sue spalle. L'abbraccia da dietro, gli stringe la vita, e Simone intreccia le loro dita, si lascia andare contro il suo petto, tranquillo e sicuro come mai era stato nella sua propria casa.
"Manuel, che stiamo facendo qui?" sussurra, e gli occhi sono stelle perse in quel cielo di pesca.
Manuel gli bacia piano il collo, il mento, una guancia. Ispira il profumo di Simone e nasconde il naso tra quei ricci ormai cresciuti, "Ti ho promesso una cosa, quando ci siamo incontrati".
"Cosa?"
Manuel lo stringe di più, poggia il mento sulla sua spalla e con lui s'incanta a guardare l'orizzonte. Il vento soffia forte, le vesti si gonfiano, il sole fa breccia sul limite del mare,
"Che t'avrei regalato il mare. Questo è tuo, tutto quello che vedi è tuo, tutti i giorni che c'attendono, ogni increspatura disegnata dalle onde".
---- Pensavo non fosse piaciuta a nessuno, e infatti me ne vergognavo un po'. E invece ❤️ grazie.
