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Scoprire che Simone non avrebbe avuto problemi al risvegliarsi con Manuel dentro di sé era stato, per Manuel, motivo d'un'eccitazione così immediata e prorompente che l'improvviso cambio nell'afflusso di sangue gli aveva causato mal di testa - ah, la vecchiaia dei venticinque anni.
Comunque, quella meravigliosa scoperta, ancora non c'era stato modo d'attuarla in pratica, con grande rammarico d'ambe due le parti.
Fino a quella mattina.
È una mattina stupenda, da favola - oppure piove, Manuel non ne è certo, che l'unica cosa su cui si sta concentrando sono le cosce morbide di Simone, abbandonate completamente sulle sue spalle grazie al torpore del sonno.
Lo prepara con la lingua, prima che con le dita, si lascia talmente andare che per un attimo è sicuro Simone si sveglierà grazie alla sua bocca.
E poi affonda in lui. E di nuovo, e una volta ancora, e ancora una volta.
È così caldo, così morbido, così bello perso nel sonno, abbandonato tra le lenzuola sfatte che lo contornano a mo'di panneggi.
Manuel si muove lento, che l'ultima cosa che desidera è arrecargli dolore, ma Simone l'accoglie senza resistenza alcuna.
Mormora di piacere tra i flutti del sonno finché non gli si schiudono gli occhi e assieme a quelli le labbra, per liberare un dolcissimo gemito che s'avviluppa attorno ai lombi di Manuel e lo porta ad affondare di più. A fermarsi, sprofondato in quel corpo che è casa e tempio, curvarsi a baciare quei petali rossi, adorazione e tormento, "amore mio, buongiorno".
