Bruised Knuckles, Bruised Hearts +1

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Tw: violenza.

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A Simone la primavera piace da impazzire.

Gli piace tantissimo, nonostante debba riempirsi d'antistaminico.

E il periodo che ama di più, in realtà, è quello in cui la primavera s'accavalla all'estate, ed ogni cosa è in fiore e il caldo afoso non è ancora arrivato, tenuto alla larga da un piacevole tepore.

Sono i primi giorni di giugno quando Manuel gli propone un piccolo appuntamento, "solo mezza giornata piccole', poi ti lascio tornare ai libri e alla sessione. Te lo giuro."

Simone è titubante, diviso tra la voglia di passare un po' di tempo con Manuel e i sensi di colpa nei confronti dei suoi libri, "non lo so Manu- questo esame mi sta stressando così tanto".

Manuel lo raggiunge alla scrivania, massaggia piano le sue spalle e gli lascia un bacio tra i ricci, "lo vedo. Facciamo una cosa. Io ti dico che voglio fare, e tu poi decidi se ti va. E giuro che non ti metto il muso, anzi, mi metto a studiare pure io, zitto zitto nell'angolo, che dici?"

Le dita di Simone s'intrecciano con le sue, ancora poggiate sulla spalla del più piccolo, che tira su il volto e lo guarda con un sorriso già arreso- consapevole che non riuscirà a desistere, che è tropo tempo che non passano una giornata assieme senza avere null'altro da fare che non sia godersi la compagnia dell'altro, "sentiamo".

Manuel quasi saltella sul posto, gira la sedia di Simone dallo schienale e s'inginocchia per trovarsi all'altezza del suo volto.

"Io e te", dice, e agita l'indice tra il suo naso e quello di Simone, "adesso ce vestiamo belli comodi, te ti metti quella bella camicia larga di lino che me piace n'sacco, e poi me raggiungi in giardino. Prendiamo 'a moto - che guido io- e ce ne andiamo n' po' al roseto comunale, eh?"

Simone, manco a dirlo, è subito in piedi.

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Il sole picchia più forte di quanto Manuel s'aspettasse, però l'aria è dolce di rose e d'erba fresca, il nasino di Simone si sta già arrossando e c'è un dolcissimo sorriso sul suo volto.

Manuel si sente bene. Felice.

Rafforza la presa attorno alle dita di Simone e porta il dorso del piccolo alle labbra, vi lascia un bacio leggero, "te piace qua?"

"Mi piaci tu. Però sì, mi piace qua. Tanto."

Stanno ancora passeggiando, chiacchierando di quelle chiacchiere intime che insieme sanno di tutto e di niente, quando Simone d'improvviso si blocca, sbianca, tanto che Manuel teme stia per svenire.

"Amò?Oh, Simone, vieni mettiamoci all'ombra dai, me stai a fa' preoccupa'", dice, ma Simone pare non sentirlo, trema, si scosta di scatto quando Manuel gli sfiora un fianco e gli occhi si riempiono di lacrime.

Allora, Manuel punta a sua volta lo sguardo alla loro destra, dove gli occhi di Simone sono fissi.

Mattia.

Mattia che li osserva, che sorride a Simone, che si avvicina.

E più s'avvicina più Simone trema, e quegli occhioni finalmente lo cercano anche se terribilmente smarriti, "Manu?"

Manuel gli bacia la fronte, gli stringe la vita, gli si stringe il cuore quando Simone lo stringe a sua volta, quasi a voler scomparire, "ci penso io, ci sto io".

Sono passati quasi tre anni, eppure Manuel non sa ancora nulla.

Simone non è mai riuscito a parlarne.

Manuel non ha mai avuto il cuore di forzarlo, nonostante la curiosità morbosa.

Mattia si ferma ad un passo da loro, un sorriso smagliante e due occhi lucenti.

Manuel nota con estremo piacere che sul labbro è rimasta una cicatrice.

Stringe Simone con più forza, "n't'é bastata l'ultima volta?"

Mattia ridacchia, "volevo salutare Simone".

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È stato Simone stesso a chiedergli d'andare via alla fine.

Ha continuato a guardarsi indietro finché la moto non è uscita sfrecciando dal parcheggio.

Comincia a piangere appena mettono piede in casa. S'accascia sul divano, e Manuel si sente uno schifo.

S'inginocchia tra le sue gambe, sul pavimento, e gli prende il volto tra i palmi, "perdonami Simò, perdonami, l'hai visto per colpa mia".

E Simone scuote la testa, e continua a piangere, "ma che dici Manu, non è colpa tua".

"Non lo so, io- ti prego, non ce la faccio a vederti così, dimmi che posso fare, ti posso abbracciare Simò, ti posso toccare?"

Simone in risposta allarga soltanto le braccia, e Manuel lo prende in braccio mentre s'alza dal  pavimento, se lo stringe contro il petto e siede sulla poltrona. Lo culla piano, gli accarezza i capelli,"va tutto bene Simò, va tutto bene. Ci sto io, stiamo a casa, non ti fa niente. Non ti può fare più niente."

E il piccolo tira sù col naso, le guance rosse di pianto, gli occhi tristi- "mi ha detto- mi ha detto che non mi ammazzava perché non ne valeva la pena- ch'ero solo un ragazzino inutile e che- e che non valeva la pena neanche di scoparmi perché tanto stavo già piangendo".

A Manuel viene da vomitare. Stringe forte Simone che ancora piange contro il suo petto. Non sa cosa dire, vorrebbe strappare via il male e i ricordi da Simone, farli suoi, regalargli soltanto felicità.

E vorrebbe alzarsi, e ammazzare quel pezzo di merda.

E vorrebbe tornare indietro, confessare prima a Simone i suoi sentimenti e impedirgli d'iniziare ad uscire con quello che s'era mascherato da ragazzo perfetto.

Ma non può fare nulla, può solo stringere Simone, cullarlo ancora, stringerlo forte.

Piange con lui, piangono insieme. E se Manuel il dolore non può prenderlo, almeno lo divide.

E Simone crolla esausto sul suo petto e Manuel lo guarda dormire, gli accarezza la fronte, i riccioletti sudati.

"Non ti faccio succede' più niente Simo', te lo giuro".

Headcanons- Where stories live. Discover now