capitolo 13

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Oggi è Giovedì, infatti non devo andare al IPM.

Sta mattina mi sono svegliata veramente tardi.

Accesi il telefono con ancora gli occhi chiusi e li socchiusi leggermente per vedere che ore erano: 13.35.

Mi stiracchiai per tutto il letto facendo versi che, jurassic park spostati proprio.

Dopo una decina di minuti passati a fare questo mi alzai e infilai la prima felpa che mi capitò. 

Scesi barcollante le scale seguita da Anya. In cucina non trovai nessuno.

Poi sentì delle voci provenire dalla veranda. Uscì e trovai Francesco, Riccardo e 4 loro amici. -buongiorno bella addormentata- disse Riccardo ridendo. -svegliata presto oggi devo dire- continuò mettendo nel piatto un po' di pasta al ragù per poi posizionarlo sul tavolo davanti alla sedia vuota sulla quale mi sedetti.

-mamma?- chiesi io. -andata fuori a fare un giro- rispose Francesco. -allora Gaia, come va la tua esperienza con i criminali?- mi chiese Thomas, un ragazzo lì presente. -bene dai, mi sta togliendo diverse ore di sonno ma va bene- risposi iniziando a mangiare.

-oggi che fai?- mi chiese il biondino. -penso che mi faccio un giro visto che c'è il sole- risposi. -da sola?- mi domandò l'altro mio fratello. Annuì soltanto.

Per tutto il pranzo parlammo un po' di tutto, della mia esperienza, di vacanze future con il gruppo, della stupidità di Francesco e  molto altro. Ovviamente tutte stronzate.

-no oh sei un barone- disse Andrea a Riccardo quando sullo schermo spunto la scritta "Riki is winner". -sei solo geloso che sono mille volte più forte di te- lo prese per il culo il biondo.

Ora eravamo tutti spaparanzati sul divano a non fare un cazzo come al solito. Chi stava al telefono, chi giocava alla play e chi, ovviamente, mangiava ancora.

-famme nu bucchin coglione- disse Andrea e da lì a poco iniziarono a picchiarsi per finta.

-oh zio! Ci sta la Russo in centro!- urlò Thomas ad Andrea. -che stai scherzando?- saltò per aria lui. Il ragazzo girò il telefono mostrando una storia messa pochi minuti fa che raffigurava il centro.

-ok noi andiamo, ci si becca- nel giro di 20 secondi erano fuori.

Eravamo rimasti io, Francesco, Riccardo, Amadeo e Davide.

Essendosi fatte le 15 decisi di uscire.

-io vado a cambiarmi e poi esco- dissi alzandomi dal divano andando in camera.

Misi dei ciclisti corti, un top bianco e una felpa con la cerniera over size grigia e lasciai la spalla scoperta. Misi le af1 con le calze della nike alte bianche e presi il telefono.

-io vado, ci vediamo sta sera- dissi uscendo.

Mi misi un Airpods e iniziai a camminare a vuoto sulle vie di Napoli.

Oggi era abbastanza calma rispetto alle volte. Stavo pensando a dove sarei potuta andare.

Mentre nel mio orecchio risuonavano le parole di Fasma sulla canzone "ti prometto che un giorno partiremo".

-Peccrè, ca ce faje a giro?- mi voltai pensando di aver sentito male o che non fosse riferito a me. Ma me lo ritrovai davanti. Tolsi un Airpods stoppando la musica. -cosa ce faje a giro tu. Seje evaso?- mi fermai consentendogli di avvicinarsi. -ma noni, tenghe tenute nu permesso- disse. -sei in giro da sola?- mi chiese subito dopo. Annuì con la testa. -viene cummico- per un attimo esitai. -cos'è? tiene paura e me?- domandò con una risatina ironica. -No- dissi secca. -allore viene, te porte rind 'a nu posto belle- mi incitò a seguirlo, sbuffai ma poi lo seguì.

Facemmo una decina di minuti a piedi stando in completo silenzio.

Camminavamo l'uno accanto all'altro ricevendo brutte occhiate da alcuni anziani. Che sapessero che fosse un Conte?

Dopo aver camminato un po' salimmo su degli scogli piatti.

Guardai davanti a me dove si estendevano chilometri e chilometri di mare. C'era solo il silenzio, la pace più totale, tranne le onde che si schiantavano contro ai sassi.

-è stupendo- dissi avvicinandomi alla sporgenza. -già, ci venivo spesso- rispose lui vedendomi vicino e sedendosi cosa che feci pure io.

Rimasi imbambolata a fissare l'orizzonte. 

Edoardo tolse dalla tasca della felpa una sigaretta e la accese. Fece una gande boccata e poi sputò fuori tutto il fumo.

-tra te e Ciro ce sta coccose?- mi domandò di getto guardandomi. -che?- chiesi sperando di aver sentito male. -aggio ritte, tra te e Ciro ce sta coccose?- mi richiese nuovamente. I suoi occhi verdi si incrociarono ai miei mentre fece un altro tiro. -no, assolutamente no- dissi. Lui sorrise lievemente passandosi la lingua sulle labbra e poi si girò di nuovo verso il mare.

Restammo immobili, in silenzio, totale silenzio godendoci il rumore delle onde.

-si sta facenne tarde, viene te accompagno a casa- disse alzandosi seguito da me.

Andammo sulla strada a prendere il primo taxi.

Presi per un attimo il telefono scrollando la home di Instagram. Edoardo girò lo sguardo verso il mio telefono togliendomelo dalle mani pochi istanti dopo. -ma..- provai a parlare. -questo lo tengo io per un attimo- disse con un sorrisino infilandoselo in tasca.

Scendemmo non appena il taxi si fermò ma subito capì che non era casa mia.

Bensì ci eravamo fermati davanti a una casa bianca, con un grande giardino recintato da un muretto basso e una ringhiera.

Si avvicinò al cancello ma io rimasi ferma sul vialetto.

-che c'è? Vuoi entrare o stare ferma lì?- mi invitò aprendo il cancelletto ma rimasi ancora immobile.

-nun te magne mica piccrè, viene entra- scherzò lui. -e po' tenghe chiste- disse mostrandomi il mio telefono. Alla fine mi arresi e lo seguì all'interno della casa.




AMORE PROIBITO {Edoardo Conte}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora