capitolo 27

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POV'GAIA

Non capivo nulla. Avevo la testa che esplodeva letteralmente. Provai a fare un grande respiro ma avevo il naso che faceva un male cane.

Aprì lentamente gli occhi ma anche questi non ci riuscì più di tanto visto che erano belli gonfi.

-ti sei svegliata- disse una voce al mio fianco. Girai leggermente la testa e vidi Pino. -Pino- sussurrai provando a mettermi seduta ma lui mi bloccò. 

-hai un corsetto, non riesci ad alzarti- mi disse. -cosa mi è successo- domandai, non mi ricordo nulla dopo aver sentito mia mamma.

-ti hanno picchiato mentre dormivi- annuì quel poco che bastava per fargli capire.

-ho caldo- stavo per togliermi la coperta ma mi bloccò ancora. -sei nuda- mi disse trattenendosi dalle risate.

-Gaia, ti sei svegliata, bene. Ti devo fare dei controlli allora- mi disse la dottoressa appena entrò. Pino uscì, lei mi tolse la copertina e...

Non ero pronta a vedere il mio corpo.

Era stra pieno di lividi enormi, avevo dei punti su tutto il fianco e un drenaggio nello stomaco. -cazzo- sussurrai vedendomi. -lo so, è brutto da vedere, ti hanno conciato proprio male- disse l'infermiera. -mi faccia vedere la mia faccia- chiesi e lei mi diede uno specchio. Rimasi impalata lì davanti. Avevo una sorta di gesso al naso, gli occhi completamente blu, in fronte avevo ancora alcuni residui di sangue incrostato e le labbra erano spaccate e gonfie.

-posso sapere dove mi trovo?- chiesi io. -sei nell' infermeria del IPM- disse cambiando la flebo.

-allora, il naso pian piano si sta rigenerando, dovrai tenere questo per ancora due settimane, ti darò poi una crema da mettere sui punti e sui lividi più grandi. Infine un antibiotico- scrisse tutto su un foglio che mi lasciò accanto.

Una ventina di minuti dopo la dottoressa se ne andò lasciando spazio ai ragazzi. -ue gajarella- disse Ciro sedendosi vicino a me. Per la prima volto potei notare nel suo sorriso un filo di felicità. -ciao boss- dissi ridacchiando. -dove stanno le troie?- chiesi. -in isolamento per 4 settimane- rispose Edoardo scazzato.

-scusate l'interruzione, Gaia devi prendere la medicina- disse la dottoressa porgendo ad Edoardo un misurino e una scatola. -un misurino di questo, faglielo prendere mi raccomando- poi se ne andò di nuovo.

Lo guardai male. -devi piccrè- disse lui ma io negai. -ci lasci soli un' attimo?- chiese il moro. Ciro annuì ma si fermò poco prima di uscire. -Pino ha detto che sotto non tiene nulla e che l'avremmo toccata ci avrebbe messo le mani al collo- disse lui sghignazzando.

Restammo per un lungo momento in silenzio. Poi lui mi prese la mano stringendola tra le sue dita.

-da quanto sono qua?- chiesi. -circa 5 giorni, eravamo tutti in ansia- disse lui abbozzando un sorriso. -quando posso uscire?- chiedi ancora. -la dottoressa ha detto che non lo sa, devi rigenerarti per bene- mi rispose. -cosa ha detto di me la dottoressa?- chiesi un altra volta. -quante domande ca faje piccrè- disse ridendo lievemente scaturendo un me la stessa reazione.

Nel frattempo aveva rovesciato l'antibiotico nel misurino. -tiè- disse porgendomelo. Negai con la testa. -piccrè devi prenderlo- disse allungandolo ancora ma spostai la mano. -seje tale quale nu criatur- ridacchiò. -su dai, un secondo e via- disse provando a ridarmelo. -assolutamente no, mi fa schifo- dissi. -non guarirai più sennò- mi provò a convincere. -pace, non guarirò- dissi scrollando le spalle. -e ij comm farò senz e' te?- mi disse sorridendo. Forse sono arrossita un po'.

-raje, non vengo più sennò eh- disse lui. -queste so minacce- mi difesi. Poi presi il misurino e lo mandai giù il più in fretta possibile. -lo sapevo che così funzionava, nun riusciresti proprij a stare senz e' me- disse facendo spuntare un ghigno sul volto. Roteai gli occhi.

-guarda- mi mostrò un punto preciso del suo braccio sulla quale c'era una macchia rosso chiaro. Stava quasi scomparendo.

-cos'è?- chiesi -il tuo sangue, non va più via- disse. -in che senso il mio sangue?- domandai non capendo. -quando hai urlato, mi sono catapultato da te, eri ricoperta interamente da sangue, ti ho tenuto il panno sul fianco per l'emorragia. Mi sono inzuppato del tuo stesso sangue- mi spiegò stringendomi ancora di più la mano.

Lo guardai dritto negli occhi, leggevo la sua ansia.

-tenghe tenute assaje paura chillu juorno- mi confidò. -paura de che?- gli chiesi. -che non sopravvivessi. Ti avevano quasi ammazzata- disse lui sincero. -serve assaij e cchiù pe accirermi- dissi. Lui ridacchiò.

-ora ti lascio riposare- si alzò. SI sporse in avanti posando le sue labbra sulla mia fronte. Mi rilassai a quel breve contatto.

Chiuse la porta e io provai ad abbandonarmi a Morfeo.

AMORE PROIBITO {Edoardo Conte}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora