capitolo 43

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Mi svegliai presto e cercando di non far casino mi vestì. Nessuno doveva sapere che uscivo con un Ricci o mi avrebbero ammazzato.

MI misi un semplice leggins e una felpa bianca. Lasciai i capelli lisci e facendo sempre molto piano andai fuori casa dove la moto mi stava già aspettando. -buongiorno gajarella- disse porgendomi il casco. -buongiorno, dove mi porti?- chiesi salendo sulla moto. -in un posto- disse. Mise in moto sfrecciando sull' asfalto con uno strido e un odore di gomme bruciate.

Non faceva freddo, anzi, faceva abbastanza caldo. Costeggiammo una strada che si affacciava sul mare, subito l'odore di acqua salata mi invase le narici e mi sentì per un momento a casa. 

Mi strinsi di più al busto del ragazzo quando aumentò la velocità.

-nun tiene paura ra velocità?- mi domandò urlando per coprire il rumore del motore. -No- risposi sorridendo sotto al casco.

Poco dopo prendemmo una stradina sterrata. Sbucammo su una via completamente isolata, attorno avevamo delle casette che sembravano disabitate. Subito sentì un odore acre, forte e riconobbi essere droga.

Rallentammo e ci fermammo in una specie di parcheggio, c'erano solamente moto.

-vieni, stammi vicino e non staccarti mai- mi ordinò con tono duro. Annuì preoccupata. Ma dove diamine sono. Mi condusse verso una delle case, era abbastanza grande ed era messa meglio delle altre. Storsi il naso dal incredibile odore. Prima di entrare mi mise un braccio sulle spalle avvicinandomi ancor di più a lui.

Subito tutti si voltarono verso di noi puntandomi gli occhi addosso. Sembrava un bar, era pieno di tavoli, infondo ci stava un bancone con diversi alcolici forti. La musica era rock e abbastanza alta, il biliardino e  le freccette erano in un angolo della sala.

Erano per la maggior parte ragazzi sui 20 anni, però ci stava anche qualche uomo dalla lunga barba.

Iniziammo a camminare in mezzo a quella gente che non staccava gli occhi da me. Iniziarono dei fischi e delle urla.

-comme seje belle guagliona- -na botta te 'a resse- e commenti vari. Mi strinsi ancor di più a Pietro. MI metteva angoscia questa situazione. -Pietro ma te 'a seje chiavat?-  domandò un ragazzo. Aveva i capelli biondi tirati indietro dal gel, delle collane che sembravano pesanti al collo e una lunga canna alla bocca. -o 'a smettete mo, o ve accir tutte quant'. Nun ata sfiorarla, essa è e' Conte- il suo tono duro fece zittire tutti. All'ultima frase probabilmente arrossì un po'. Ma lui come lo sapeva?

-jamme Ricci, nun tenertela tutta ppe te. Conte sta a carcere nun 'o saprà- continuò l'amico del biondino. Improvvisamente Pietro tirò fuori una pistola dai suoi Jeans. Come avevo fatto a non notarla. Gliela puntò addosso mettendomi dietro di lui. Avevo il cuore a mille. -ve aggio ritte e nun toccarla o ve accir, tutte- li minacciò lui alzando la voce. Il biondino sbarrò gli occhi alzando le mani. -scusa frate, stemmere scherzando- disse lui quasi impaurito dalla rabbia del ragazzo. 

Lui rimise la pistola nei jeans continuando a camminare sotto i sussurri dei ragazzi. Sto ragazzo è molto strano.

-e sape' ca cca e Ricci comandano, soprattutt' Ciro- avvicinò il suo viso al mio orecchio sussurrandomi la frase. L'immagine di Ciro che comanda su questo posto mi fece sorridere lievemente.

Pietro fece un cenno con la testa al barista a pochi metri da noi e lui subito si mosse a smanettare con del Whisky. Prese la grande bottiglia e la versò dentro a un bicchiere riempiendolo per metà. Mi mise dentro qualcosa e poi il ragazzo affianco a me lo mandò giù in un solo sorso. -non ti fa male così tanto alcool?- domandai. -so' abituato- disse poggiando il bicchiere al bancone.

MI portò verso una tenda blu notte accanto al bancone. Entrammo e al centro ci stava un tavolo e diverse persone che giocavano a poker. -Ricci- lo salutarono loro. Quella stanza era molto calma, le parte rosse  e la sola lampada sopra al tavolo dava ancor più aria di sfida. Lui mi fece sedere accanto a un uomo sui 25 anni. -chi è chesta belle guagliona- disse lui accarezzandomi il mento. Mi immobilizzai al tocco della sua mano ruvida. Puzzava di fumo e alcool.

-frate nun e toccarla, sit 'a guagliona e Conte- disse un ragazzo di fronte a me. Aveva i gomiti appoggiati al tavolo, diversi anelli alle dita e mi guardava malizioso. SI portò alla bocca la sua canna buttando fuori il fumo senza mai scollarmi gli occhi di dosso. Alcune ciocche nere come la pece gli caddero sul volto.

-torno tra un minuto, aspetta qua- mi sussurrò Pietro scomparendo dietro a una porta.

-quindi tu si' 'a guagliona e Edoardo eh?- non risposi, non sapevo che dire. -staij o 'carcere pure te?- domandò il moro. Annuì e basta. -cosa ha fatte na accussi' belle e dolce guagliona pe feni' a carcere?- continuò lui. -tenghe ucciso na persona- risposi fredda come il ghiaccio. -ca cattiva guagliona, tu e Conte chiavat spesso? chille ne tene proprij bisogno, nun vere sua moglie da mise- moglie? In che senso moglie. 

-putesse accirere pure te ra nu' moment all'altro- sfidai il moro con lo sguardo appoggiandomi allo schienale incrociando le braccia. -ca caratterino principe'- scherzò quello accanto a me. -meglio ca' staje zitto prima ca' te faccia pentire e' essere venuto o' munno- lo minacciai puntandogli gli occhi addosso come se lo volessi fulminare.

-sono tornato- disse Pietro uscendo nuovamente dalla porta. Mi alzai dalla sedia andandogli affianco. Puzzava di droga e anche tanto. -Ricci 'a guagliona tene carattere, mica malemente- disse il moro. -'o sacce, pure assaij bbene, mo jamme- disse lui facendogli l'occhiolino. -ci si vede gajarella- disse il moro malizioso e non prima di ricevere un occhiataccia da Pietro c'è ne andammo.

Uscimmo e finalmente respirai un minimo di aria più pulita.

-cosa te tienn ritt?- mi domandò mentre ci dirigevamo verso la moto. -mi hanno provocato, e li ho minacciati che li avrei ammazzati se non la smettevano- dissi fiera. -brava- mi accarezzò la guancia.

Salimmo sulla moto e ci fermammo nel parchetto dietro casa mia.

-io vado, alle 10 devo stare all'IPM- dissi porgendogli il casco. -aspetta- disse frugando nei suoi pantaloni. -dai questa a Ciro- mi porse una bustina trasparente contenente roba. -sei fuori? Come diamine faccio con i controlli?- domandai -questo devi trovare tu il modo, ci si vede- e sfrecciò lasciandomi lì come un palo con in mano la busta.

Sbuffai infilandola in tasca. 

Camminai verso casa pensando a come portarla dentro. Potrei metterla nel reggiseno, è l'unico punto in cui le guardie non possono controllare.

Arrivai a casa nascondendola sotto al letto e mi feci una doccia per togliere quella puzza infernale.


AMORE PROIBITO {Edoardo Conte}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora