capitolo 63

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Ognuno stava in cella sua, attendendo che qualcuno venisse a informarci sulla situazione del ragazzo in ospedale.

Ma finalmente, dopo ore che sembravano interminabili, Beppe ci fece radunare nel corridoio.

-ragazzi, Totò ora sta in ospedale, non si è ancora svegliato. I medici dicono che è troppo tempo che non assume le giuste proteine e le cose per avere le forze. Come se un cavallo da corsa mangia poco, prima o poi starà male per la troppa fatica non riconquistata con il cibo- il suo tono aveva una nota di tristezza.

-ci faranno sapere ogni minima cosa, per ora non ci sono grandi novità- lo ringraziammo e poi ritornammo nelle nostre celle.

-mi sento troppo in colpa- disse io lasciandomi cadere a peso morto sul letto. -non ci siamo accorti che stava male- continuai. -piccrè, nessuno lo aveva notato, vedrai che starà meglio- si sedette accanto a me poggiandomi una mano sulla mia pancia. Mi sedetti guardandolo dritto negli occhi.

-lo spero- precisai, poi lui allargò le braccia e io mi rifugiai in quella tana.

Mi strinse lasciandomi un bacio tra i capelli.

Come farei senza di lui, ho trovato qualcuno che finalmente mi vuole davvero, qualcuno che farebbe di tutto per proteggermi.

Ripensai alla prima volta che l'ho visto.

Ero entrata all'IPM, per il lavoro, ed erano tutti lì. Attaccati alla rete, come se non avessero mai vito una ragazza. Mi aveva subito attirato, i suoi occhi mi avevano colpito sin da subito. Quel verde, un verde tempesta, tendente al grigio. Un verde simile alle foglie degli alberi secchi.

Avevo subito capito che c'era qualcosa in lui che mi attirava, ma non sapevo cosa. 

Poi c'era lui. Ciro. Il boss. Sin dall'inizio avevo paura, però sapevo che aveva bisogno d'aiuto, di parlare. MI sono subita tutte le sue urla addosso, quando perdeva la pazienza e il suo unico modo per sfogarsi era tirare pugni alle cose o urlare di tutto e di più in faccia alla gente.

Però, con il tempo ho imparato a conoscerlo, ho capito che aveva bisogno che qualcuno le tenesse testa, è grazie a questo che cambiato. Ha iniziato ad aprirsi con me, a sfogarsi parlando.

Mi rilassai, il calore del corpo del ragazzo che mi stringeva a sè, appoggiai la testa al suo petto, quasi quasi sentivo il suo cuore battere...


POV'EDOARDO

Speravo che quel abbraccio non finisse mai, amavo stringerla a me, amavo farla sentire protetta.

Amavo qualunque cosa, basta che ci fosse lei.

Ci sdraiammo sul letto, lei si abbracciò come un koala e le infilai la mano sotto la maglietta iniziando a farle i grattini su tutta la schiena.

I suoi muscoli si sciolsero al mio contatto e sorrisi automaticamente.

Il suo respiro si fece più pesante, segno che si fosse addormentata. Adoro quando lo fa, sembrava una bambina, poi quando stringeva pure il suo peluche era la cosa più bella del mondo.

-ti piace- una voce mi fece alzare la testa. Era seduto sul tavolino mentre teneva gli occhi puntati su di noi. -si, e anche tanto- finalmente lo ammessi, si, mi piaceva tanto. 

-anche a lei piaci, mi parla spesso di te quando siamo soli- esclamò sorridente. -serio?- il mio sorriso si allargò ancora di più. -si frate, ha un sorriso grande quanto una casa anche solo a pronunciare il tuo nome-

Penso di aver trovato la persona che mi rende felice, fin troppo felice. Lei parla a Ciro di me. Non me lo aspettavo.

I miei pensieri vennero interrotti dalla voce del comandante che era entrato nella nostra cella.

-Edoà, domani mattina tu, Gaia e Carmine avete un permesso di uscita fino alle 10.30 del mattino seguente- mi annunciò.

Il mio cuore esplose di gioia. Aspettavo di avere il permesso nello stesso momento insieme a gaia. 

AMORE PROIBITO {Edoardo Conte}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora