capitolo 49

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-Edo- lo chiamavo mentre provavo a rincorrerlo fino alla cella però aveva il passo più veloce quindi mi superò senza problemi.

-Edo- lo chiamai per l'ultima volta mentre entravo nella cella. Lo trovai seduto sul letto, le braccia appoggiate alle ginocchia e la testa sulle mani mentre si stringeva i capelli.

Mi sedetti accanto a lui. -ti fai male così- gli tolsi le mani da quella violenta presa sui capelli. -Viola tene ragione. facce schifo, Carmela nun si merita no comme me. E nemmeno tu- una lacrima stava solcando la sua guancia.

-no, tu non fai schifo. Capita spesso di fare queste cose Edo, ma l'importante è capire l proprio errore- cercavo insistentemente il suo sguardo ma non lo avevo mai.

-è questo il problema Gaia!- urlò alzandosi di scatto, a momenti spaventandomi.

Devo stare calma... non mi posso agitare.

-dove sta il problema Edo?- chiesi alzandomi. Lui si avvicinò al tavolo sulla quale stava un foglio. me lo mostrò e ci stava una foto di lui e Carmela con il pancione e la scritta "ti amo".

Ammetto che mi innervosì ma non lo diedi a vedere.

-io non me ne pento- tirò un pugno violentissimo al muro. Sobbalzai al colpo enorme. -fermo che ti fai male poi- presi la sua mano guardandola ma lui la tirò via.

-lei mi ama, ma io no, non la amo- ammise a voce alta. -perché non l'ami più- mi appoggiai al tavolo con la schiena. -perché ci sei te- rabbrividì. -non provavo già più sentimenti da un po', ma non ne ero sicuro. Poi sei arrivata te che mi ha tolto tutti i dubbi Gaia- riprese fiato per aver urlato. 

Abbassai lo sguardo non sapendo più che dire. -sono stato stupido- disse ritornando a sedersi sul letto per fumarsi una sigaretta.

Non sapevo cosa dire, ero senza parole. Non so se ero scioccata per il fatto che ha ammesso che prova qualcosa per me o perché sono io la causa del fatto che ha smesso dia amare sua moglie.

-la vuoi lasciare?- chiesi sotto voce. -si, voglio lasciarla. Si merita di meglio- buttò fuori il fumo.

Mi avvicinai alla finestra. guardare il mare mi rilassava molto.

Cercavo di trattenere le lacrime. 

-Piccrè- mi chiamò -mh?- dissi con voce rotta. -guardami- rassegnata girai il viso verso di lui. per qualche secondo mi guardò prima di appoggiare la sigaretta. -vieni qua- mi alzò venendomi incontro. Senza esitare mi buttai tra le sue braccia.

Mi copriva quasi totalmente, le sue braccia si strinsero attorno al collo, appoggiai la testa al suo petto circondandogli il busto. -me si mancata piccrè- mi sussurrò. Io lo strinsi ancora di più facendogli capire che pure a me era mancato. Strinsi la sua maglietta tra le mie dita trattenendomi dal piangere.

-mi spiace interrompervi, ma avete finito? C'è un branco di montoni qua che mi sta minacciando di farli entrare- Lino sbucò dalla cella.

Risi pensando alla stupidità dei ragazzi.

-si, falli entrare- scherzò Edoardo.

In meno di 20 secondi ci trovammo tutti davanti alla cella. -avete risolto?- chiese Pirucchio. -ma i cazzi vostri mai?- risi. -si ok, hanno risolto- scoppiammo tutti a ridere.

-fuori da qua- ordinò Ciro. Madonna che aggressivo.

Ridemmo e poi mi andai a sdraiare sul mio letto mentre i due ragazzi si sedettero su quello di Edo.

-non sopportavo questa tensione tra voi due- disse il moro. -ma smettila va- gli lanciai il cuscino in faccia.

-nemmeno io sai?- lo assecondò l'altro. -vado a farmi la doccia va- risi alzandomi dal letto.

Uscì dalla cella dopo aver preso l'accappatoio e il pigiama.

Andai alle docce e mi infilai sotto il getto ghiacciato, facevo la doccia fredda molto spesso, mi aiutava a liberarmi dai pensieri o molto più semplicemente aiutava la circolazione del sangue e tonifica i muscoli.

Mi lavai i capelli velocemente e poi li pettinai dopo aver messo il balsamo.

Misi l'accappatoio e visto che non c'era nessuno mi vestì. Presi l'accappatoio ritornando in cella con ancora i capelli bagnati.

Appena entrai trovai in cella pure Pino e Pirucchio e subito si zittirono tutti. -tranquillo ora vado in bagno, potete continuare a sparlare di me- li presi in giro e mi chiusi nel bagno.

Feci quel poco di skin care che facevo mentre avevo il turbine ai capelli.

Li pettinai e li asciugai velocemente.

Poi il mio sguardo si posò sul taglio scoperto dal top. Lo alzai e lo analizzai attentamente. Era ancora ben visibile  e viola, aveva iniziato a cicatrizzarsi, i lati erano diventati gialli mentre la pelle tagliata aveva assunto un colore ben roseo.

A pensare ancora alla scena ebbi i brividi.

Un mal di testa mi colpì in pieno obbligandomi a chiudere gli occhi.

E di nuovo le terribili immagini.

Il molo. Mio padre. Gli uomini e lo sparo.

Fu come se fosse successo ieri, loro che gli correvano incontro lanciando in mare me come se fossi una pezza.

La paura di annegare, la paura di perdere mio padre.

Barcollai non riuscendo a tenermi in piedi. Andai a sbattere contro il mobiletto facendo cadere qualcosa di vetro. Cercavo appiglio con le mani senza però trovarlo.

Ricominciai a sentire le urla strazianti dei passanti al mare, l'urlo di mio padre e lo sparo.

AMORE PROIBITO {Edoardo Conte}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora