capitolo 36

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-passa qua- dissi rubando la sigaretta dalle labbra del moro. -ma 'a smetti e fottere 'e spìnulilli a tutte?- mi disse Ciro riprendendosela. -mai- risposi rubandogliela di nuovo.

-appicciamela e te la ridò- risposi. Lui tirò fuori l'accendino infiammando la parte finale. Feci un paio di tiri e gliela riporsi.

-mh... Edo vuoi un tiro?- proposi a Edo facendo cadere il braccio giù dal letto a castello. Lui la prese, poco dopo me la ridiede tra le dita.

-ma Gaia, te pozz' addummana' na che cosa?- disse il ragazzo accanto a me. Annuì. -'o tatuaggio co 'a tigre, cosa significa?- continuò lui. -me passi o'zaino?- chiedi al ragazzo sotto di noi. Lui me lo diede e frugai nel taschino davanti tirando fuori una scatoletta. Dentro avevo diversi fogliettini, tutte frasi importanti o bigliettini di amici. Vidi la testa del ragazzo spuntare dal materasso incuriosito.

Ne tirai fuori uno che citava testuale poesia:

 "gli uocchie ra tigre so' comme e miei,

ma leje tene attraversato nu mare profondo e agitato"

-é la poesia che mi dedicò mia nonna poco prima di morire, mi diceva sempre che ero la sua tigrotta e quindi ho voluto tatuarmela per ricordarla vita- dissi con una nota di malinconia.

-è stupenda- disse Edoardo riferito alla poesia.

-ragazzi... madò, siete dei turchi. Sto posto è una ciminiera- disse Lino entrando nella nostra cella. -non c'è tanta puzza dai- risposi saltando giù dal letto del moro dagli occhi color pece. -venite a mangiare- disse lui. Spensi la sigaretta e scesi insieme ai due ragazzi.

Ci sedemmo al tavolo riempiendo i vassoi mentre parlavamo e ridevamo.

-ma poi la faccia di Beppe quando lo abbiamo spinto giù? Ci voleva uccidere- dissi io ricordandomi quel momento dell'uscita nella quale avevamo spinto in mare Beppe.

-sparlate sparlate di me- rise lui avvicinandosi. -scherzo raje, saje ca te voglie assaij bbene- dissi. -lecchina- mi disse lui dandomi una pacca sulla schiena.

-ora tutta sorridente, prima piangeva disperata per il ragazzo che l'ha cornificata- ed eccola. Mancava con i suoi soliti commentini.

-ignorala piccrè- mi disse lui mettendomi una mano sulla gamba.

-vado in cella, non ho più fame- dissi alzandomi. -Lino, mi accompagni in cella?- gli chiesi avvicinandomi a lui. -certo, tutto bene?- mi chiese mentre mi conduceva nella camera. -si, sono solo stanca- entrai e lo ringraziai.

Mi misi con i gomiti appoggiati al davanzale della finestrella guardando fuori.

Il mare oggi era molto agitato, le onde si scagliavano violentemente contro il molo e contro le scogliere alte causando molta schiuma, simile al latte montato.

In questo momento mi sentivo come il mare.

In totale caos, agitazione.

Non ci capivo più nulla, ne in fatto di amicizia ne in fatto d'amore. Pensavo di potermi fidare delle ragazze ma mi pare che questo non fu possibile. Così come fidarmi del mio ex ragazzo. Quadi due anni buttati completamente nel cesso per colpa di una persona irrispettosa verso di me.

Guardai il molo, il molo sulla quale ci chiudevamo me e mia madre a cantare. Cantare le sue canzoni preferite, guardando il mare come si guarda l'anima gemella.

Spero di poter ritornare a farlo molto presto.

Poi però improvvisamente mi venne in mente una scena...

AMORE PROIBITO {Edoardo Conte}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora