capitolo 26

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-shh fai piano o Liz ci becca- sentì la porta della stanzetta aprirsi e delle voci propagarsi al suo interno.

- nu angioletto- disse. ero ancora nel mondo dei sogni e non riconoscevo le voci.

-ma chi t sap?- chiesi con voce impastata dal sonno. Provai ad alzarmi ma non ne avevo le forze. - chi vuo' ca sia brutta troia-. Improvvisamente mi sentì colpire violentemente il naso. Una goccia mi scivolò giù fino al labbro.

-tienila ferma Nad- sentì sussurrare prima che due mani mi iniziarono a colpire lo stomaco. Un dolore lanciante al naso. Pugni e probabilmente calci in faccia e nello stomaco.

Non riuscivo ad aprire gli occhi. Il sangue mi era colato su di essi.

Provai ad urlare, urlai con tutte le mie forze sperando che qualcuno intervenisse bloccando questa merda di tortura.

Poi la porta si schiantò contro al muro. E infine non sentì più nulla.

POV' EDOARDO

Mi rigiravo e rigiravo nel letto sotto a quello di Ciro che dormiva beatamente. Ero irrequieto, la nausea. Lo sapevo che quella torta non dovevo mangiarla.

Poi però mi venne in mente Gaia. Stava da sola nella stanza infermieristica dell'ala A. Era esattamente sotto la nostra. Avrei potuto sentirla parlare dato ché entrambe le celle come finestre avevano delle sbarre.

Provai a svegliare Ciro ma dormiva come un ghiro. -maledico chillu juorno a cui te tenghe conosciuto- dissi scherzando.

Chiusi gli occhi. MI stavo quasi per addormentare quando sentì un lieve urlo. Mi alzai. 

-Ciro, Ciro svegliati cazzo- dissi scuotendolo. -Edoà, dormi e stai zitto- mi spinse via dal suo letto. -tenghe sentuto nu urlo- gli dissi. -saranno 'e sirene, nun me romp o'cazz- amò con ste sirene.

Infine un altro urlo. Agghiacciante. Il suo urlo.

Il moro si svegliò di soprassalto. -chi è stato?- chiese. Cosa gli era successo? -Lino! Lino! Aprì sta cella!- urlai sperando i sentisse mentre mi attaccavo alle stanghe di ferro.

Svegliai tutti dell'ala maschile.

-oh Edo che hai?- mi chiese Ciro. -Gaia ha qualcosa. Lino! Aprite sta cazzo di cella!- urlai ancora sperando mi sentissero. 

Una guardia arrivò. -perché? Cosa succede?- domandò. -apri, Gaia è in pericolo- dissi brusco. -non posso- rispose la guardia. -Apri. sta. cella- Ciro mi si affiancò scandendo parola per parola.

Intimorita aprì e io mi fiondai nell' ala A. 

Liz stava già correndo verso la stanzetta.

Spalancò la porta.

La stanzetta era vuota. Totalmente vuota.

Eccetto lei. Era sdraiata sul suo letto. Era interamente ricoperta da sangue, il viso non era più riconoscibile, le labbra sfasciate e il naso evidentemente rotto. 

Tutto lo stomaco pieno di sangue, così come il lettino e i muri.

-Gaia! Gaia!- urlò la donna fiondandosi su di lei. -direttì, corra qua nell'ala A- Liz prese il suo telefono chiamando la direttrice.

Mi affiancai a lei. 

Era priva di sensi, il respiro quasi mancava.

-Piccrè, piccrè rispondi- dissi pulendole leggermente il viso con un panno. Gli misi una mano sul volto, sporcandomela tutta. -Gaia, ti prego svegliati- disse Liz stringendole l'altra.

Subito dopo arrivò la direttrice. -ho chiamato i medici, a breve saranno qua- disse lei.

-Piccrè, per favore- nella voce avevo una nota di enorme tristezza. 

-Liz, fai perquisire le celle femminili- ordinò la direttrice. La donna in questione si allontanò urlando a tutte di svegliarsi.

-bastarde- sussurrai.

Sul fianco aveva uno squarcio, perdeva sangue abbondantemente. Ripresi il panno di prima e glielo premetti con forza sulla ferita.

-stanno arrivando, resisti Gaia- disse la direttrice.

-Edoà- la voce del mio migliore amico mi fece voltare. -- dissi soltanto. Era affianco a Lino. -Edoardo, devi tornare nella tua cella- disse Lino. -no, non ora, aspetto i medici- dissi stringendo la mano della ragazza.

-Edo, vai- mi ordinò la direttrice. -sto io qua con lei- mi sorrise rassicurante. Prese il panno premendolo contro al fianco come stavo facendo io. Ciro mi mise un braccio sulle spalle.

Liz stava perquisendo ogni ragazza.

Io sapevo già chi erano però.

Passai davanti alla loro cella. Stavano sussurrandosi qualcosa.

Tirai un pugno alle loro sbarre facendole indietreggiare e sussultare. 

-site duje Facc 'e cazz luride puttan- gli sbraitai addosso facendole indietreggiare ancora. -Edoà calmo- disse Lino allontanandomi dalla cella. -Nu piglià assai sole sta stagione,'o sole assecche e strunze- gli dissi.

-Basta- Lino mi portò a forza fuori da quel posto.

Ero ricoperto dal sangue di Gaia, tutto il torace sporco visto che non avevo la maglia e la mani completamente inzuppate.



AMORE PROIBITO {Edoardo Conte}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora