15. Combina guai.

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"Non posso rimanere così, sei crudele!" Mi lamento ancora, passati alcuni minuti dopo l'inizio del nostro fatidico viaggio.

"E dai, combina guai, un po' di pazienza." Cerca di tranquillizzarmi, schiarendosi la voce.

"Non chiamarmi così. Non ho più cinque anni." Ringhio, facendolo ridere.

"Va bene, combina guai." Continua a irritarmi. Quando eravamo piccoli mi chiamava sempre in quel modo, perché non facevo altro che, appunto, fare casini. Ma cosa potevo capire, all'età di cinque o sei anni?

"Argh." Sbatto con forza il pugno sul sedile, accompagnata da un altro urlo di frustrazione.

"Ehi, non prendertela con la mia bambina." Mi sgrida, alludendo all'auto, e sento le sue mani sul mio polso, il che mi provoca scariche di brividi che partono dalla schiena, ma cerco di non darlo a vedere.

"Siamo quasi arrivati?" Decido di cambiare argomento.

"Quasi."

"E ora?" Gli dico, a un secondo dalla sua risposta. Lo sento ridere e lo immagino mentre scuote la testa, chiedendosi cosa ha fatto di male per avermi incontrata. Lo torturerò finchè non mi dirà dove mi porta, sorpresa o non sorpresa.

"Potresti non parlare per almeno un secondo?" Mi domanda, con un tono divertito nella voce.

"E tu mi dici dove mi porti?" Chiedo come una bambina.

"Questo è ricatto." Accelera di poco e resto incollata al sedile.

"Allora? Prendere o lasciare." Gli domando poi.

"Sei così testarda, non ti ricordavo in questo modo, da piccola eri più calma." Mi fa notare.

"Sono sempre rimasta così, a differenza d'altri." Ribatto, incrociando le braccia al petto. Lo sento sbuffare dopo aver sospirato.

"Ma devi sempre rinfacciare? Ti piace proprio, eh? Non voglio passare questa giornata a litigare come facciamo sempre, del resto." Mi sgrida, alzando di poco la voce.

Non gli rispondo e sospiro. Il risultato dei miei capricci? Non parliamo per tutto il tragitto. Possibile che devo rovinare sempre tutto? Ora si sarà arrabbiato e non mi parlerà più, ne sono sicura.

Alcune volte lo sento sospirare, io non dico nulla, sto solo zitta. Si è stancato di me, ne sono sicura. Non voglio che per una discussione -che poi è sempre la stessa, del resto- non ci parliamo più.

Voglio invece che mi abbracci, che mi faccia ridere, non voglio rovinare tutto come sempre. Così prendo coraggio, e dopo un lungo sospiro, lo chiamo.

"Brian..." Ruoto la testa poggiata sul cuscinetto del sedile verso la sua direzione.

"Cosa c'è?" Domanda, in tono freddo e distaccato.

Mi si spezza il cuore, e se non mi parlasse più? Se dicesse che mi odia perchè rinfaccio tutto? Se dicesse che non possiamo stare un po' insieme perchè litighiamo in continuazione? Ho paura che mi dia una di quelle risposte, ma ormai lo devo dire e devo farmi forza.

"Perdonami. Io non volevo rinfacciare nulla, non voglio litigare ancora, e per la stessa cosa." Mi scuso, guardando per terra, anche se non posso vedere nulla per colpa della bandana.

Si ferma d'un tratto con l'auto e sento aprire lo sportello. Che vorrà fare? Non è che vuole abbandonarmi?

Mi aiuta a scendere, visto che ho ancora la benda, e mi abbraccia. Quelle braccia che mi fanno sentire così al sicuro, che mi proteggono da tutto e da tutti. Che ti avvolgono e che ti isolano dal mondo, dove ci siamo solo noi e nessun altro. Quelle braccia che adoro, nelle quali vorrei rimanere per sempre.

Ho bisogno di te. [#1]Where stories live. Discover now