IV

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Mai come quel giorno, le ore di scuola mi sembrarono infinite.
Ero agitata, tesa, nervosa, arrabbiata ma soprattuto stanca.
Per quanto ci avessi provato, quella notte non ero riuscita a chiudere occhio.
Mi ero girata e rigirata più volte nel letto, mi ero alzata in piedi e avevo provato a camminare per poi rilanciarmi nel letto, ma nulla era servito. Un peso opprimente sullo stomaco mi impediva sia di pensare lucidamente, sia di non pensare proprio.
Dopo cinque ore di scuola avevo già bevuto tre caffè, il che mi rendeva irrequieta e agitata, impedendomi di stare tranquilla al mio posto.
Non vedevo l'ora che arrivasse la pausa pranzo anche a causa di Elena che, stranamente al suo posto in classe, per quattro ore non aveva fatto altro che lanciarmi bigliettini con scritto sempre lo stesso messaggio: Quando racconti?
Quando arrivò al settantacinquesimo (si, li avevo contati), iniziai a pregare con tutta me stessa che il tempo passasse più velocemente.
Causa ansia o troppo caffè, sentivo la pressione bassa e non vedevo ora di mettere qualcosa sotto i denti.
Purtroppo l'orologio non collaborò affatto ma anzi, più lo fissavo, più sembrava andasse lento.
Quando finalmente la campanella si decise a suonare, non feci nemmeno in tempo ad alzarmi dalla mia sedia che Elena era già al mio fianco, a supplicarmi di raccontare tutto l'accaduto della sera precedente.
Le mie amiche avevano decisamente scambiato la mia vita per una serie Tv di Netflix.
- Mi fai prendere il pranzo dall'armadietto o neanche quello? - Chiesi leggermente infastidita.
- Quello te lo concedo io. - Disse Lia. - Sei più pallida di un fantasma.
Aspettammo che tutti i nostri compagni uscissero dalla classe per evitare di rimanere schiacciati nella porta data la loro evidente fretta per correre non si sa dove, dopodiché ci dirigemmo verso i nostri armadietti per recuperare il pranzo portato da casa, in quanto quello della mensa era palesemente avvelenato.
Uscimmo nel cortile della scuola e ci andammo a sedere sotto al nostro solito tavolo, quello più lontano dalla squadra di basket. Era diventato automaticamente nostro perché la lontananza rispetto a quello dei popolari della scuola faceva si che nessuno lo occupasse mai.
- Racconta. - Disse schietto Richy, dopo essersi appena accomodato.
- E tu come fai a sapere che ho cose da raccontare? Domandai divertita, scartando il mio panino, sapendo già la risposta.
L'aria, nonostante fosse l'inizio di ottobre, era umida e afosa, cosa che mi dava particolarmente fastidio per via della mia poca sopportazione del caldo.
- Elena potrebbe avermi detto qualcosa. - Ammise diventando rosso.
Io e Amelia eravamo consapevoli che qualsiasi messaggio scrivevamo sul gruppo, arrivava anche al ragazzo; quei due si dicevano tutto. Praticamente erano una coppia ufficiosa.
Ci pensai un attimo se raccontare veramente le mie disavventure; dirle ad alta voce le avrebbe rese più reali di quanto non fossero già.
- Allora, io parlo ma voi non dovete ridere.
Aspettai che i miei amici mi dessero un segno e l'unico segnale che colsi fu la risata soffocata di Elena.
Alzai gli occhi al cielo ma decisi di proseguire; dopotutto sfogarmi poteva farmi solo che bene.
- News riassunte delle ultime ventiquattro ore. - Diedi un morso al mio panino, che masticai con tutta la calma del mondo, poi continuai.
- Uno. Ieri Michele era a casa mia, perché è il figlio dei soci.
- C'è l'hai già detto. - Rispose secca Ele; sapevo che era curiosa e io stavo facendo di tutto per tirarla lunga. Mi divertivo con poco.
- Non so quanto entri nello specifico quando racconti i fatti nostri a Ric.
Nessuno dei due rispose ma entrami arrossirono visibilmente. Ormai io e Amelia avevamo già deciso che, non appena i due si fossero messi insieme ufficialmente, lo avremmo aggiunto direttamente al nostro gruppo Whatsapp così da evitare discorso futili.
Mangiai un altro boccone. - Due. Nicolò è innamorato di Lia.
Lei mi fissò con sguardo di sfida. - Voglio sapere tutto. Adesso.
- I dettagli non li so. Per conoscerli, avrei dovuto baciarlo, di nuovo.
La riccia mi fissò evidentemente offesa; l'aveva presa come un affronto personale.
- Tu dovevi baciarlo! Erano informazioni importanti per me.
- No che schifo, ti prego! Un volta mi è bastato.
Sentí una presenza alle mie spalle ma non ci feci molto caso e nemmeno i miei amici. Dopotutto eravamo nel cortile della scuola, era normale che la gente passasse.
Dopo l'ennesimo morso, aprii la bottiglia di acqua e bevvi un sorso prima di parlare, tenendo sulle spine i  tre davanti a me. - E tre, io e lui...
- Ehi, coinquilina, come va? Ci sediamo qua visto che ci sono giusto due posti, coinquilina. Okey, coinquilina? - A parlare era stata la presenza che avevo alle mie spalle che, senza nemmeno chiedere, si accomodò al nostro tavolo insieme al suo migliore amico, che osservava la scena piuttosto divertito.
I presenti si scambiarono un'occhiata interdetta per poi fissarci, dopodiché si fissarono tra di loro ed infine ci fissarono nuovamente, scoppiando in una risata generale.
- Non. C'è. Niente. Da. Ridere. - Dissi innervosita, picchiando con rabbia il pugno sul il tavolo. - Era questa la terza notizia.
Si zittirono tutti guardandoci sbigottiti; i due nuovi arrivati mi fisarono un po' intimoriti per via della mia reazione.
A spezzare il silenzio fu Michele, che prese parola.
- Bacio così male?
- Ascolti le conversazioni altrui?
- Lui non arriva a domani. - Sentii sussurrare Lia e nonostante l'intento di non far arrivare la conversazione a me,  colsi quello che stava dicendo. Decisi di ignorarla e mi rivolsi al nuovo arrivato.
- Con tutti i tavoli liberi, perché proprio questo?.
- Sai quante ragazze vorrebbero essere al tuo posto? Ci stavo provando con tutta me stessa a vedere il Michele educato e solare che avevo conosciuto la sera prima, ma l'unico che avevo davanti a me era quello sbruffone e squallido di tutti i giorni.
- Risposta sbagliata. - Disse Riccardo, tranquillamente. - Mai paragonarla ad una qualsiasi altra ragazza.
Evidentemente al mondo esisteva almeno un ragazzo che mi conoscesse bene. Forse due se si calcolava anche Gabriele, che ormai non faceva più testo.
- Ritenta, sarai più fortunato.
Nel mio sguardo si poteva notare solo il mio nervosismo.
- Per socializzare meglio.
Notai che Nicoló non si trattenne dallo scuotere la testa interdetto.
- Socializziamo a casa. - Finii il mio panino prima di parlare nuovamente. - Ultimo tentativo.
- Il mio amico vuole conoscere la riccia affianco a te. - Disse con tutta la tranquillità del mondo.
- Grazie Michy. - Mormorò Nicolò guardandolo male, visibilmente imbarazzato. Se avesse potuto, in quel momento, avrebbe preso una pala e si sarebbe seppellito da solo.
- La mia amica ha un nome. Si chiama Amelia.
Lui alzò le spalle divertito, per poi girarsi e guardarmi negli occhi. - Per me ci sei solo tu.
Notai immediatamente la faccia delle persone sedute attorno a noi due, tanto che decisi di nascondere l'imbarazzo e di rovinare il momento di proposito.
- Disgustoso.
Non fece commenti; alzò semplicemente gli occhi al cielo.
Michele si mise a chiacchierare raccontando le varie vicissitudini che ci avevano portato a diventare coinquilini ai miei amici, come se si conoscessero da anni.
Quando finì, a prendere parola fu Elena
- E così starete in casa voi due insieme, eh?
Nel suo tono c'era solo malizia e divertimento per la situazione assurda.
- Purtroppo. - Dissi secca.
- Acida. - Fu l'unico commento che fece.
Mi girai abbastanza offesa verso Michele. Non aveva ancora capito che insultandomi non faceva altro che allontanarmi?
- Regola numero uno: non puoi entrare in camera mia senza permesso. Regola numero 2: non puoi toccare e/o prendere i miei oggetti senza il mio permesso. Regola numero 3: non ti venga in mente di organizzare feste senza prima chiedermelo. Tutto chiaro?
I nostri amici ci fissavano spostando lo sguardo prima su uno poi sull'altro, come se stessero assistendo and un incontro di ping pong.
- Si, Signor capitano!
Il suo tono era davvero irriverente e fastidioso tanto che la voglia di rispondergli per le rime era tanta ma fu letteralmente salvato dal suono della campanella.
Dissi solo una cosa prima di alzarmi e andarmene, giusto per farlo rimanere male.
- Non so se sono peggio altre due ore di scuola o dover vivere con te per i prossimi anni.
- Sempre carina!
Fu l'ultimo commento da parte sua che sentì prima di dirigermi nuovamente verso gli armadietti.

(Un)happier than everDove le storie prendono vita. Scoprilo ora