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- Ciao Davide.
Nulla aveva senso. Avevo rispettato i patti, avevo fatto quello che mi aveva chiesto, allora perché era fuori dalla mia porta con una macchina fotografica?
Ma soprattuto, cosa sperava di fotografare attraverso una porta chiusa.
Probabilmente voleva solo farsi notare.
- Ciao splendore.
Un contato di vomito mi assalii all'altezza della stomaco ma non riuscì a capire se era disgusto per quell'orribile nomignolo o semplicemente la gravidanza, forse un mix di entrambe.
- Cosa vuoi?!
- Scoop. - Disse lui schietto tentando di sfiorarmi una guancia ma allontanai la mano con uno schiaffo.
- Qui non troverai nulla.
Lui mi sorrise beffardo e notai uno strano luccichio nei suoi occhi.
- Dirigo un giornale di moda e lì dentro - disse indicando l'appartamento - ci sono Michele e Nicolò. Tu scherzi, spero.
Lo guardai schifata. - Non ti vergogni?
Non si tolse il suo sorrisino dalla faccia e desiderai poterlo fare io. - Perché, dovrei?
Dovevo mantenere la calma, i miei amici non dovevano sapere che lui fosse qui.
- Si. - Lo fissai. - Che vuoi?
Avevo imparato a conoscere quello sguardo che volentieri avrei preso a schiaffi. Voleva ricattarmi, ancora.
Non era bastato l'articolo sulla ex abbandonata all'altare e tradita dopo un giorno al matrimonio ne, tanto meno, pubblicare il racconto per filo e per segno di ciò che era accaduto alle nozze.
Davide era il mio incubo constante; mi seguiva ovunque, mi mandava messaggi minatori e mi ricattava per ottenerne quello che voleva promettendomi in cambio di non pubblicare niente di scandaloso suoi miei amici.
Avrei voluto parlargliene ma tutti, Michele e Nicolò in particolare, avevano una posizione importante; una mia mossa sbagliata e Davide li avrebbe rovinati.
- Questa settimana abbiamo una news fantastica. Michele Lorenzotti aspetta un bambino dalla sua nuova ragazza. Durerà?
Lo fissai schifata. ALe scuole superiori sono passate da un pezzo.
- Ricordati che se voglio una cosa la ottengo, bellezza. - Disse accarezzandomi, questa volta suoi troppo lenta nel bloccarlo.
Presi il braccio e glielo torsi, dopodiché lo spinsi contro la ringhiera della scalinata.
-Non mi toccare mai più.
Ero terrorizzata, sapevo esattamente cosa voleva: me. Me lo avevo detto senza troppi termini e, adesso, si stava facendo sempre più insistente.
Sentii un nota di paura nella sua voce. - Cosa vuoi fare? Sono cinque piani.
- O parli, - Gli torsi più forte il braccio, facendolo sussultare. - o cadi.
- Si chiama omicidio.
Per un secondo mi sentii potente e libera dalla sua morsa.
- Esattamente. - Dissi sicura anche se entrambi eravamo consapevoli che non avrei mai fatto nulla del genere.
- Ora, per quell'articolo, che devo fare?
Lo sentii sghignazzare e spinsi più forte verso la ringhiera. - Semplice. Lascia Michele.
Il sangue mi sali al cervello dalla rabbia tanto non ne potevo più.
- Ma pensate tutti che io sia un oggetto? - Urlai esasperata.
Non sarei più stata a suo gioco. Mi ero dannata per quasi due anni, era ora di smetterla; i miei amici avrebbero capito.
- Pubblica pure quell'articolo, se sei tanto contento. Io ai ricatti non ci sto.
Lo liberai e mi avvicinai alla porta. - Presentati un'altra volta fuori da casa mia e ti denuncio.
Aspettai che se ne andasse e mi appoggiai alla porta per prendere fiato; mi ero letteralmente condannata.
Iniziai a vedere tutto bianco, probabilmente stavo per collassare, ma non volevo crollare li, sul pianerottolo della scala così entrai nell'appartamento e, non appena raggiunsi, il divano crollai tra le braccia di Michele.
Lui ricambiò l'abbraccio e prese parola.
- Chi era?
Il suo tono preoccupato mi fece comprendere che era il momento di raccontare tutta la verità; quella sarebbe stata la sera delle confessioni.
Stavo tremando.
Possibile che non potessi avere una vita tranquilla?
- Vi consiglio di prendere la prossima edizione del giornale di Davide.
Non solo io stavo tremando ma anche la mia voce.
- Che è successo? - Domandò Lia in allerta.
- Aveva bisogno di uno scoop.
Era tutto così assurdo che anche solo a riascoltarmi, non riuscivo a credere di non essere nel peggiore degli incubi.
Nico mi fissò. - Non vorrai dire che vuole pubblicare un articolo su voi due.
Annuii poi fissai Michy. - Mi spiace. Ho dovuto accettare.
Lui mi strinse ancora di più ma avevo i nervi a fior di pelle.
- Aspetta. - Nel suo tono si sentiva la preoccupazione. - Ti ha ricattata?
Annuii, ma non parlai. Volevo solo dimenticare questa assurda storia.
Ma non potevo scappare, non ancora.
Trovai il coraggio di raccontare tutto; gli incontri al bar, il bigliettino nella tasca, le ombre che avevo iniziato a vedere, l'articolo sul giornale del matrimonio e anche quello dopo le nozze, i ricatti al quale ero sotto stata per evitare che la mia vita finisse spiattellata in prima pagina.
Parlai anche dei messaggi, delle avance, di tutto.
Incredibilmente, mi sentii più leggera nonostante il pericolo nel quale avevo messo i miei amici; avrebbero saputo trovare una soluzione, ne ero certa.
- Perché non lo hai detto prima? - Il tono di Nicolò era secco, ricco di rimprovero.
- Avevo paura.
Era la verità ma non tutta.
I due si scambiarono uno sguardo e fu Michele a prendere parola.
- Chiara, - Con dolcezza mi prese il volto e mi costrinse a guardarlo negli occhi. - perché non lo hai detto prima?
Avrei voluto ripetere le parole di prima ma questa volta non avrebbero retto come scusa perché le lacrime mi stavano già attraversando copiose il viso.
- Perché vi avrebbe distrutto. - Cercai di respirare. - Lui sa cose, sa tutto.
Il messaggio era per tutti ma sapevamo che nello specifico era per Michele, che avevo protetto più di tutti per evitare che i suoi errori fossero trasformati in uno stupidì articolo.
Mi nascosi nel petto di Michele e attesi di calmarmi. Senza muovermi di mezzo centimetro, sussurrai.
- Vi prego, cambiamo discorso.

(Un)happier than everWhere stories live. Discover now