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Entrai nell'azienda sicuramente più trionfante della volta precedente.
Mi sentivo sicura ed era da tanto, troppo, tempo che non provavo quella sensazione.
Raggiante, e un po' timorosa di far cascare il vassoio, raggiunsi la segreteria con sorriso spavaldo.
Mi lasciai rapire dagli interni che avevo già visto ma al quale non avevo fatto caso più di tanto visto l'ansia del giorno precedente.
- Salve. - Dissi con sorriso beffardo. - Ecco il suo Cappuccioc decaffeinato. Mi scusi ma sono nuova, potrei sapere dove sono la signorina Puma e i signori Vespucci, Brunelleschi e Lorenzotti?
Amelia, con i suoi grandi occhi da bambina, rimase a bocca spalancata.
- Chiara, ma che cosa...
- A te cosa sembra? - Domandai trattenendo a stento una risata.
- Lavori da Tiziano?
Annuii. - Beh, ho un affitto da pagare e tanto tempo libero.
La sua risata riempii i corridoi e contagiò anche me.
- Ti accompagno io. - Disse entusiasta alzandosi dalla sua sedia.
- No tranquilla, che poi si raffredda il tuo cappuccino.
Non volevo davvero disturbarla e avevo il terrore potesse prendersi un rimprovero da Michele già solo per il fatto di essere con me ma non ci fu verso di farla desistere.
- Amo le pause e tu lo sai.
Rinunciai; anche dopo tanti anni, Lia non era cambiata affatto.
- Ecco. Qui ci sono Ele e Ricky. - Mi indicò una porta alla fine di un corridoio che avevamo intrapreso non so neanche io quando. Quel posto era letteralmente un labirinto.
- Lavorano insieme? - Chiesi sorpresa.
- Chissà per quanto... - Disse parecchio giù di morale. Probabilmente la situazione era molto più critica di quanto mi avessero fatto credere; avevo già intuito che mi avevano nascosto delle cose dal mio arrivo, cose che probabilmente era meglio che non scoprissi.
Mi fece un gran sorriso. - Non sai quanto darei per vedere la loro faccia. Ti aspetto qui.
Con il vassoio in una mano, bussai alla porta di vetri dove Riccardo urlò un flebile avanti; immaginavo gli occhi al cielo di Elena solo per l'aver lo sentito parlare.
Quando mi videro. la loro espressione fu impagabile. - Salve. Due espressi per i signori Brunelleschi e Puma.
- Chiara, ma... Iniziò il ragazzo, leggermene destabilizzato.
- ... che cosa fai? - Concluse la bionda alzando gli occhi da una serie di bozzetti.
- Vedo che certe abitudini non si perdono mai. - Ele divenne un pomodoro; era evidente che tra di loro non fosse mai finita. - Ah, Criticona, non andrebbe mai bevuto troppo caffè durante la gravidanza.
Lei mi tirò un occhiataccia che ignorai, mi avvicinai a Nanetto e, quando la mia amica si girò, gli parlai sotto voce. - Sappi che io e te dobbiamo parlare.
Senza neanche attenere una risposta, mi diressi alla porta.
- Buon lavoro. Vado a completare la mia missione.
Vedete di non uccidervi.
Non mi risposero ma la loro occhiataccia era eloquente.
Me ne mancavano solo due e, per quanto fosse brutto da ammettere, stavo iniziando ad agitarmi.
Amelia mi condusse nello stesso corridoio del giorno prima e mi salutò prima di andarsene.
Andai prima da Nicolò dove bussai e immediatamente lui chiese chi fosse.
- Salve. Devo consegnarle il suo Cappuccioc.
- Vieni Bianca. - Quando aprii la porta la sua faccia sconvolta mi spezzò faccendoni ridacchiare. - Chaira?!
"Eh, già. - Dissi poggiando la tazzina su un angolo della scrivania. - Mi sono data da fare.
- Mi hai spiazzato.
- L'intendo era quello.
Recuperai le stoviglie del giorno precedente per poi avviarmi verso la porta. - Vado a concludere la mia missione. - In tono melodrammatico, mi misi a recitare. - Ah, che destino crudele mi aspetta. Ah, me tapina, me poretta.
La sua faccia divertita mi strappò un sorriso. - Devi passare da Michele?
Annuii ancora rallegrata dal suo discorso, si vedeva che stava cercando di tirarmi su il morale.
- Vuoi che faccia io? - Domandò in tono gentile.
- No, grazie. Mi devo divertire un po', no? - Sempre teatralmente continuai. - Addio mondo crudele.
Nico scoppiò a ridere. - Buona fortuna.
Sbuffai. - Grazie, mi servirà.
Dopodiché decisi, dubitante, di bussare alla porta affianco.
In tono scontroso, una voce all'interno rispose. Una cosa che avevo notato dal mio arrivo era proprio quanto fosse inaridito caratterialmente. - Si?
Sono venuta a portare il suo caffè macchiato freddo. - Entri pure. - Il suo tono sembrò addolcirsi un poco, probabilmente credeva fossi Bianca, cosa che cambiò immediatamente non appena mi vide.
-Cosa ci fai nel mio ufficio? Esci subito. Chiamo la sicurezza!
Ad essere sincera, ci rimasi un po' di sasso. Credeva che mi sarei introdotta illegalmente solo per parlargli? Era davvero sicuro fosse così importante per me.
- Ehi, tranquillo. - Cercai di mantenere il controllo sulla situazione. - Ti ho portato il caffè. Sono venuta a fare il mio lavoro. - Poggiai la bevanda calda sulla sua scrivania.
Lo lesse immediatamente e, nonostante mi accorsi non l'avesse affatto bevuto, iniziò a lamentarsene.
- Bleh, che schifo. Portamene immediatamente un altro.
Senza aggiungere altro, mi diressi verso la porta ma fui bloccata da un suo commento.
- Ah, e parlerò col mio amico Tiziano. - Mi guardò negli occhi e sorrise. - Domani ti troverai senza lavoro.
Quanta cattiveria in una persona sola.
- Da quando sei diventato così?
Forse lo era sempre stato.
Lui non rispose e io gli sorrisi beffarda. - Tiziano sa tutto di noi. Non sei importante come credi.
E, prima di andarmene, decisi di fargli venire giusto un po' i sensi di colpa.
- Ah, e sono stata veramente brava a disegnare questa divisa. Lo so, sono un vero talento.

(Un)happier than everDove le storie prendono vita. Scoprilo ora