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La palestra distava dieci minuti a piedi da casa e già la camminata che avevo dovuto fare per arrivarci, stava iniziando a schiarirmi le idee.
Dopo essere andata negli spogliatoi ed essermi cambiata, raggiunsi il mio personal trainer.
Jerome è il tipico ragazzo che, quando lo guardi,  ti mette in imbarazzo per il suo fisico. Spallato, ben allenato, con i minuscoli ben delimitati, ti fa venire voglia quasi lui stesso di fare palestra.
Nonostante sia un ragazzo molto fissato con l'attività fisica, accetta la mia indole pigra ed è molto bravo a sporcarmi a fare di più.
L'unico reale problema tra di noi è il fatto che parla fluentemente solo francese, cosa normale a Parigi; e il suo inglese è abbastanza basilare, cosa che ci porta spesso a divertenti incomprensioni.
- Ciao. - Lo salutai cercando di sorridere ma, con la rabbia che avevo in corpo, risultò più una smorfia. -Ho bisogno di un allenamento tosto.
- Oggi puntiamo alla boxe?
Annuii, calmandomi un po'.
Se mi proponeva di fare boxe, voleva dire che al momento non aveva altri alunni con cui farmi combattere.
Mi misi i guantoni subito dopo aver indossato le AirPods, a basso volume per sentire le correzioni, e inizia.
Il suo combattimento a coppie era una specie di combattimento misto, che non seguiva un reale regolamento, bensì poche semplici regole dettate dal buon senso. Cose del tipo non colpire nei punti in cui fa più male.
Mi misi davanti al sacco, e iniziai a tirare pugni, gomitate e calci. Come per il combattimento misto, la boxe non era realmente tale. Erano più esercizi che aveva inventato lui. Ora che ci pensavo, era tutto così strano in Francia.
- Ehi Chiara, non hai mai usato così tanta forza. - mi studio con curiosità. - Da dove viene questa grinta?
- Rabbia. - Dissi tra un pugno e un calcio.
Neanche prendermela con la pelle del povero sacco da boxe mi stava aiutando. Era un sentimento che proveniva dal profondo per farlo passare con questa facilità. 
- Come va? - Chiese segnando l'allenamento sulla scheda.
- Oggi o in generale nella vita?
Calciai il sacco sbagliamo posizione e una fitta mi percorse tutta la gamba. Decidi di ignorare il dolore e lui mi corresse. 
- Oggi? - Abbozzò un sorriso.
- Uno schifo.
Gomitata. Questa era uscita decisamente meglio. Forse immaginavo ci fossero i denti di Michele li sotto.
- E nella vita?
- Sempre un schifo.
Tirai una serie di pugni.
- Ehi, Jerome. - Una voce maschile fece aumentare la foga con cui mi stavo allenando.
Non potevo crederci di avere così tanta sfortuna.
- Ehi. - Ci fu un attimo di silenzio in cui di sentivamo solo i miei pugni contro il sacco. - Ti vedo nervoso.
- Arrabbiato. - Rispose secco lui.
C'era qualcosa che mi sfuggiva probabilmente.
- Dev'essere la giornata. - Disse ironicamente il mio istruttore alludendo a me. - Chiara, vieni qui. Passiamo al misto.
Bloccai il sacco e mi tolsi i guantoni, quando sentii nuovamente la sua voce.
- Chiara? Hai detto proprio Chiara?
Li raggiunsi con un sorriso divertito.
Mi sembrava di essere tornata al giorno in cui avevo conosciuto i soci dei miei genitori, solo che i ruoli si erano invertiti.
- Ciao Michele. Ti sei tranquillato?
Avevo un'espressione beffarda che lo stava solo facendo innervosire.
- Vi conoscete? - Chiese perplesso il nostro istruttore.
- Fin troppo bene. - Rispose Michele a Jerome, poi si rivolse a me. - Affatto. E tu?
- No. Sono una bambina.
- Chiara, non ricominciare.
- Come vuole sua maestà. - Dissi turandogli un pugno in direzione del viso, con poca forza,  in modo tale che lo potesse parare.
Iniziammo così a lottare. Lui era decisamente più agile e forzuto ma io ero ingegnosa, perciò si poteva considerare uno scontro abbastanza alla pari.
Dopo cinque minuti ci fu la prima pausa e, quando mi guardai le mani per asciugarle dal sudore mi resi conto che quello non lo era affatto. Un liquido rosso scorreva caldo tra el mie dita.
Guardai in cagnesco Michele, cercai di pulirmi il meglio possibile sui leggins neri e andai a dire a Jerome che sia io che Michy avevamo avuto un imprevisto e che dovevamo andare via prima della previsto.
Quando tornai dal ragazzo, fu lui a guardarmi in cagnesco. - Che stai facendo?
- Andiamo. Subito. - Raggiunsi lo spogliatoio femminile senza dargli la possibilità di replicare ma fui agguantata prima di entrare.
- Che hai?
Mi prese le mani e, quando vide come erano messe, macchiate di piccole macchie rosse la sua espressione cambiò completamente.
- Dobbiamo parlare. Tra dieci minuti ti aspetto fuori dalla porta.
Non aggiunse altro e andai a lavarmi.

(Un)happier than everWhere stories live. Discover now