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Un leggero bussare alla porta mi distolse dai miei pensieri.
- Posso? - Domandò gentilmente Michele quasi temendo una mia risposta aggressiva, affacciandosi alla porta curioso di sapere cosa stessi facendo.
Non sapevo davvero come comportarmi con lui; vedevo un ragazzo buono e gentile e non appena mi convincevo di potergli dare una possibilità mi risuonavano nella testa tutti gli insulti rivolti a Gabriele.
Il mio pomeriggio era passato così: tra dubbi, urla e pianti disperati che stavano facendo a pugni nella mia mente e che mi stavano letteralmente facendo perdere il senno.
Posai il telefono sul comodino dopo aver spento la musica e gli feci un cenno gentile con la testa.
Mi raggiunse ma non si avvicinò troppo a me, come se mi temesse.
- Allora signorina Bianchi, sono le venti e quaranta e il mio stomaco brontola. - Disse facendo un finto broncio che trovai adorabile.
Dopotutto, forse, Michele non era così male. O magari stavo solo cercando di convincermi per sopravvivere in quella casa.
Ma come potevo perdonarlo? Come era riuscito ad abbassare le mie difese in così poco tempo?
- Come le nove meno venti?
Quel pomeriggio mi era parso come se il tempo non fosse mai passato, giusto per farmi soffrire più a lungo, eppure avevo scoperto che si era fatto parecchio tardi.
- Già. - Iniziò a parlare imitando un finto accendo francese e io non riuscii a nascondere un sorriso divertito. - Oggi il piatto consigliato da chef Lorenzotti è il panino del McDonald. A lei andrebbe bene?
Il mio stomaco brontolò reclamando del cibo.
- Al momento farei di tutto per un panino del Mc!Una cosa che notai immediatamente fu quanto Michele mi conoscesse, nonostante facesse di tutto per nasconderlo e non era affatto un caso che mi propose un hamburger per cena.
Una coincidenza, mi dissi provando a convincermene ma io non ero quel tipo di persona che credeva a queste cose.
Mentre il mio cervello compiva questi ragionamenti, notai che lui andò verso la porta in silenzio, quasi di nascosto, uscendo per rientrare subito dopo con una busta dietro la schiena.
- Ecco a lei il suo Double Cheeseburger Bacon senza cetrioli.
- Mi stalkeri? - Risposi scioccata.
Era il mio panino preferito in assoluto e il fatto che lo sapesse mi mise leggermente i brividi, confermando ancora di più che non erano solo coincidenze.
- Ho le mie fonti. - Mi consegnò il sacchetto contenente la mia cena, poi si andò a sedere sulla sedia della scrivania.
Intuii immediatamente; era stata Lia a passargli le informazioni. Dopotutto lei ci avrebbe guadagnato da una possibile amicizia tra me e Lorenzotti e si divertiva molto a fare da tramite; diceva che la faceva sentire come Sherlock Holmes.
- Ho in casa un maniaco. - Dissi ridacchiando tirando fuori il panino ancora caldo. - Però grazie.
Notai immediatamente la sua faccia soddisfatta e d'istinto sorrisi.
- Sai una cosa? - Disse lui spezzando il silenzio che si era creato. - Sei molto più carina quando sorridi.
Diventai evidentemente rossa e lui, tentando di venirmi incontro, cercò subito di cambiare discorso.
- Hai detto che avresti fatto di tutto per un panino del Mc, no? Allora baciami.
In tutta risposta, trangugiai il poco che rimaneva della mia cena e presi parola leggermente divertita.
- Piuttosto digiuno.
- Ma non faccio così schifo! - Rispose lui facendo l'ennesimo finto broncio.
Non smettevo di trovarlo carino e tenero e questa cosa mi stava facendo venire i sensi di colpa.
Causa la tensione o tutti i pensieri che mi stavano perseguitando, scoppiai a ridere talmente divertita che quasi non mi sentii più la pancia e faci fatica a respirare, oltre ad avere le lacrime agli occhi.
Quella risata contagiò anche lui, facendo diventare la serata molto più piacevole.
Qualcosa nel nostro rapporto stava mutando e non ero pronta ad ammetterlo.
A cambiare discorso di proprio lui, non appena si accorse del disordine attorno a se.
- Vedo che non hai ancora sistemato gli scatoloni. - Mi disse mentre raccoglieva i residui di quello che era stata la nostra cena.
Il suo tono era gentile e disponibile, cosa che mi colpì parecchio.
- Troppo pigra e troppe scatole. - Dissi sbuffando.
Non potevo sicuramente dirgli che avevo passato il pomeriggio a convincermi di non potermi affezionare a lui. 
- Se ti va, ti do una mano.
Accettai di buon grado. Si stava impegnando parecchio per far sì che ci riappacificassimo e volevo dimostrare di non essere antipatica.
Probabilmente voleva solo sbirciare tra le mie cose, mi dissi, ma decisi di lasciarlo il beneficio del dubbio.
Un mio brutto vizio era proprio che dei ragazzi non mi fidavo mai, soprattuto dopo la morte di Gabriele, perché ero convinta avessero sempre un doppio fine e tramassero sempre qualcosa per il proprio divertimento personale senza curarsi dei sentimenti altrui.
Presi gli scatoloni e per poco non inciampai. Lui cercò di trattenere educatamente le risate e apprezzai lo sforzo.
- Questi sono i libri, vanno lì. - Dissi distrattamente indicando la libreria. Nella figa del momento, stavo facendo cadere un altro scatolone. - Io sistemo i vestiti.
- Perché non io i vestiti? - Lo guardai male e solo successivamente mi accorsi che era una sorta di battuta al libro che aveva in mano, il primo di Hunger Games.
Credeva di essere Peeta durante i primi giochi,  quando, dopo essersi alleato con Katinss, la prende in giro dicendo che avrebbe usato lui l'arco.
Il fatto che ci paragonasse ai due protagonisti mi face venire leggermente i brividi.
- Okey, Okey. Stavo solo scherzando.
Solo in quel momento mi resi conto di avere ancora uno sguardo torvo.
Dopo cinque minuti in totale silenzio, leggermente in imbarazzo, sentii nuovamente la sua voce.
- Percy Jackson? Seria? - Mi chiese guardandomi.
- Si perché?
Lo osservai incuriosita; non capivo se era una presa in giro o un commento di ammirazione.
Se mi avesse bloccato per ogni libro, il giorno dopo avrei dovuto sistemare comunque quindi decisi di raggiungerlo e notai che non trattenne un sorriso.
Magari in due, in un paio di ore, saremmo riusciti a concludere.
- Dai, ti do una mano. - Gli dissi sorridendo.
Mi guardò sottecchi, con un misto di curiosità e preoccupazione.
- Guarda che ho già mangiato.
Nel suo sguardo notai una nota di divertimento e tanta soddisfazione; immediatamente mi sentii meglio.

(Un)happier than everWhere stories live. Discover now