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- E da lì non mi sono più chiesto niente. - Mentre lui prese un respiro profondo, tolsi la bacinella e recuperai un panno umido, per pulirgli la bocca, e uno spazzolino dal piccolo bagno che avevo in stanza.
Una volta pronto, se così si poteva dire, lo feci sdraiare e lui si spostò verso il muro così da lasciarmi uno spazio sul materasso dove sedermi.
Anche se non sapeva che fossi io, si stava confidando ed ero abbastanza certo fosse la prima che ne parlava con qualcuno.
Mi sembrava come essere tornati a tanti anni prima, nella sua camera da letto e mi sembrava assurdo come, in così tanto tempo, non fossimo cambiati affatto.
- Ho solo continuato a bere.
Mi prese la mano e un brivido mi percorse la schiena; cerava supporto e lo stava chiedendo alla persona sbagliata.
- Certo, ogni tanto una vocina si presentava nella mia testa e mi diceva di pensare a Chiara, ma più la voce si presentava, più bevevo. - Ingoiò probabilmente l'alcol che stava tornando su ancora una volta e continuò a parlare. - Poi ad un certo punto la vocina non si è più fatta viva e anche il mio cervello ha smesso di funzionare.
Un singhiozzo fortissimo spezzò il silenzio assordante della mia stanza.
Ora la sentivo anche ok quella voce fastidiosa nella mia testa e mi diceva di non cedere, di non ascoltarlo che avrei sofferto solo di più. E sapevo che aveva ragione ma non potevo fare finta che non mi importasse più di lui.
Stava male e io con lui.
- Sono semplicemente uscito. Ho visto una ragazza fuori dal locale, e...
Fece un'espressione inorridita al solo pensiero che con la penombra fu ancora più spaventosa.
- E la mattina dopo mi sono svegliata affianco a lei, a questa sconosciuta che avevo pagato.
Ora il singhiozzo non era più solo uno, ma tanti ed erano seguite dalle lacrime. Sembrava quasi faticasse a respirare da quanto stava piangendo.
Mi avvicinai un po' per tranquillizzalo.
- È tutto finito, calmati.
Ma non sapevo neanche di cosa stavo parlando.
- Non è tutto finto.
Volevo farlo tacere, farlo addormentare e smettere di sentire quelle parole che erano solo pugnalata ad un cuore che stava insieme grazie a dei pezzi di nastro adesivo.
- Invece che svegliarmi vicino a quella che doveva essere mia moglie, ero con una sconosciuta.
Era disperato, non erano solo lacrime di coccodrillo anche se avrei preferito lo fossero, almeno non avrei dovuto sentirmi così male per lui.
- Quella mattina decisi che una cosa del genere non doveva più capitare.
- E cos'è successo? Perché ti fai questo?
Volevo aiutarlo anche se rimanevo la persona sbagliata. Almeno in quel momento, con la mente ancora annebbiata dall'alcol, lui non se ne rendeva conto.
- Per punizione.
Era tutto uno schema che ripeteva e io volevo uscire da quel loop senza fine.
- Io stavo smettendo, davvero.
Lo guardai confusa e solo i miei occhi bastarono per fargli comprendere che non sapevo di cosa stava parlando.
Non riuscivo nemmeno a capire come non si fosse accorto di chi ero.
- Di bere, di usare le donne. Ma poi lei è arrivata qui, si è presentata e io, io sono impazzito.
Avevo la gola secca ed ero stanca. Stanca di non poter avere una vita normale.
- Perché non le hai parlato di questa tua paura di perderla? Avreste risolto tutto come sempre. Come quella volta dei tagli...
Mi morsi la lingua perché un altro vizio che non avevo perso era quello di smettere di parlare al momento giusto. Amelia non sapeva che alle superiori Michele si tagliava, nessuno lo sapeva. Mi ero appena bruciata la possibilità di poter capire che cosa lo avesse spinto ad allontanarsi da me.
- Non mordere la lingua così forte. - La stretta alla mano si fece allo stesso tempo più forte e dolce. - Lo so che sei Chiara.
Colta di sorpresa, rimasi immobile trattenendo anche il respiro.
- Come fai a sapere che mi stavo mordendo la lingua?
Fece un sorriso che, anche nella penombra riconiammo immediatamente. - Ti conosco.
Rimanemmo in silenzio per un po', imbarazzati per quella situazione surreale, finché non decisi di prendere parola.
- Da quanto lo sai che sono io?
- Da sempre. Avevo bisogno di parlare con te ma non avevo il coraggio così ho finto fossi un'altra.
Annuii; nemmeno io avrei trovato il coraggio di dire una cosa del genere.
- E sapevo che vedendomi messo così mi avresti aiutato. - Vidi un'altra smorfia che passò all'istante quindi non recuperai la bacinella. - Lo fai sempre.
Lui provò a sfiorarmi il braccio ma lo allontanai di scatto; era come una calamita e io ero il magnete che attraeva.
- Perché invece di scappare non me ne hai semplicemente parlato?
- Perché sono stupido. - Fece han risata che parve quasi isterica. - Come lo sono stato sui tagli. Come lo sono stato nel fare quella scommessa sette anni fa.
- Io ho amato quella scommessa. - Dissi d'impeto, stringendogli una mano.
- Ma tu adesso odi me. - Gli occhi blu di Michele risaltavano anche nel buio e sembravano quasi zaffiri.
- Io non ti odio affatto.
Avrei dovuto, invece. Ma come si fa a provare sentimenti negativi per qualcuno al quale si è dato tutta se stessa.
Se gli avessi concesso di entrare nuovamente a far parte della mia vita, avrei dato il via ad una relazione tossica e non potevo permettermi una cosa del genere, non dopo che lui mi aveva abbandonata letteralmente all'altare.
- Oh si invece.
- No. - Lo guardai fisso negli occhi, forse solo perché non ero in grado di distogliere lo sguardo. - Sono solo ferita. E distrutta. E stanca. Di tutto.
Sembra essere sempre più lucido oppure si stava impegnando davvero tanto per fare un discorso sensato.
- Tu mi devi odiare. Sono un mostro.
Sentivo il respiro profondo sulla mia pelle; i nostri visi erano vicini, troppo, ma non riuscivo ad allontanarmi perché Michele aveva nuovamente potere su di me e io non mi capacitavo di come ci fossimo avvicinati.
- Tu non sia un mostro, sei solo un insicuro.
Ci fu un attimo di silenzio; sapevo bene cosa stava aprendo.
-  Io non posso odiarti. Ci ho provato tanto e a lungo. Ma Michele, io non riesco ad odiarti.
- E invece adesso lo farai.
Lui si avvicinò e mi baciò.
Sapevo che tutto era sbagliato. Il parlare con lui, il baciarlo, ma non riuscivo ad allontanarmi.
Sentivo il sapore di vodka che sovrastava tutto ma c'era anche una punta dolce tipica dei suoi baci. Ed era sbagliato, ogni molecola del mio corpo lo stava urlando a gran voce; per la prima volta cuore e mentre erano d'accordo ma sentivo le sue labbra morbide sulle non riuscivo proprio ad allontanarmi.  - Scusa ma ne avevo bisogno. - Mi guardò fisso Belgio occhi poi si lasciò andare a peso morto sul materasso, pochi istanti dopo. - Adesso mi odi il doppio.
Anche io.
Avrei tanto voluto dirglielo ma l'avrei solo illusa; decisi comunque di essere sincera.
- Adesso ti amo il doppio.
A chi sostiene che gli umani sono esseri razionali, avrei solo voluto dirgli che si sbagliano. Perché sapevamo entrami quanti fosse sbagliato e, nonostante tutto, avevamo permesso ai nostri istinti di dominarci.
Mi alzai pigramente e, quando stavo per uscire dalla porta, mi voltai un'ultima volta verso di lui. - Buon non terzo anniversario.

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