VIII

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- Credo sia stata Simona.
Quelle parole mi colpirono immediatamente, tanto che per un attimo persi la cognizione dello spazio e rischiai di cadere per terra, se non fosse stato per Michele che riuscì a prendermi al volo.
Simona? Perché mai? Cosa le avevo mai fatto?
Tutti i nostri problemi li avevamo lasciati alle spalle o questo era era quello che credevo.
Nonostante non mi fosse mai andata particolarmente a genio, però, non potevo metterla in croce solo su una accusa mossa da Lorenzotti. Nonostante il mio nuovo apprezzamento nei suoi confronti, non riuscivo ancora a fidarmi del tutto di lui.
- È una accusa importate, la tua.
- Lo so ma solitamente questo genere di pettegolezzi escono dalla sua bocca.
Riprese il borsone e lo rimise in spalla per poi proseguire.
- Wow, devi conoscerla proprio bene.
Sembrò quasi una frase da persona gelosa e io non lo ero mai stata. Che cosa mi stava succedendo?
- Sai, era la ragazza del mio migliore amico. 
Il suo tono non mi piacque affatto ma decisi di non darci troppo peso.
Prese le chiavi dalla tasca esterna del borsone ed entrò nel vialetto di casa. Non mi ero neanche accorta di essere già lì.
- E perché dovrebbe averlo fatto?
- Te lo spiego mentre mangiamo, va bene? - I suoi modi continuavano ad essere freddo e ogni volta che apriva bocca mi venivano i brividi. - È da pranzo che non metto qualcosa sotto i denti e tra un po' svengo.
Annuii sommessamente ed entrai in casa.
Raggiungemmo immediatamente la cucina dove un biglietto giallo fluorescente distruggeva l'ordine perfetto di quel luogo.

Questa sera a cena non ci saremo. Dovete arrangiarvi. Ci sono i soldi sul tavolo in sala.
Con affetto, i vostri genitori.

Diventerà un vizio, pensai.
Mi aspettava un'altra serata in sola compagnia di Michele e, dopo la precedente nottata, non sapevo davvero più come comportarmi.
Andai a vedere cosa c'era a disposizione nella dispensa con qui fare merenda mentre Michele mise a lavare la sua tuta da basket. Non appena ebbe finito mi raggiunse immediatamente.
Pareva più tranquillo e i suoi occhi sembravano più calmi e rilassati.
- Allora, cosa offre la casa?
Anche il suo tono era decisamente più pacato.
- Valutando tutti gli ingredienti a nostra scelta direi pane e Nutella o Nutella e pane.
- Grande scelta. - Disse ridacchiando. - Penso che prenderò pane e Nutella.
- Ottimo, la casa ringrazia.
Quella conversazione stemperò leggermente la tensione tra noi due; prendemmo i due fatidici ingredienti e andammo a sederci sull'isola della cucina.
- Allora, mi devi delle spiegazioni, o sbaglio? - Dissi passandogli il piatto con la merenda pronta.
- Sbagli. - Rispose lui ingurgitando metà fetta di pancarrè in un colpo solo.
- Mic.
- E va bene. - Fece un altro boccone poi continuò. - Tu mi hai fatto ragionare su Nicolò e Amelia. Nico continuava a parlami di lei e così l'ho convinto a lasciare Simona. Non ho mai ben capito perché abbia deciso di sopportarla così a lungo. Io ero la sua seconda scelta, così è corsa subito da me ma gli ho già detto che ero già occupato.
- E con chi?
Di nuovo quella strana sensazione. Era sempre più difficile convincermi non fosse gelosia.
- Non è vero. Ma non volevo mettermi con lei. - Si alzò e prese dell'acqua poi si risedette al mio fianco. - Magari così ho qualche opportunità con quella che mi piace, anche se ne dubito.
- La fatidica 2002. - Dissi tentando di capire chi fosse ma proprio non riuscivo a comprenderlo. Le uniche ragazze del mio anno con cui aveva contatti eravamo io, Lia ed Ele ed entrambe erano già occupate, anche se solo ufficiosamente.
- Già. Così trovandosi a piedi, ha deciso di mettere in giro delle voci false sulla causa dei suoi "mali."
- Io. - Mi misi a riflettere perché qualcosa non tornava. - Mi hanno detto che la voce è in giro da giovedì, ma è impossibile visto che io ti ho parlato di Lia e di Vespucci solo quella sera.
- Simona ha messo negli armadietti delle copie del giornalino, evidentemente fasulle, dove, subito sotto l'articolo della rissa, c'è anche quello sul tuo presunto orientamento sessuale. Sapeva che in un modo o nell'altro, tu te la saresti presa con me.
Quell'affermazione mi ferì leggermente; avevo sempre dato per scontato che tra noi due fosse lui il cattivo eppure non ci avevo messo molto a dargli la colpa.
- Ma come avrebbe fatto?
Michele sembra sincero anche se qualcosa non quadrava.
- Oh, Nicoló era solo una copertura. Lei ha un altro ragazzo.
E io lo conoscevo bene. Solo Davide poteva riuscire a pubblicare così tante copie in fretta senza destare sospetti. 
- Astuta la ragazza.
- Abbastanza. - Disse sistemando i piatti nel lavandino, colpito dal fatto che gli avessi creduto subito.
Dovevo fare assolutamente domande o lui avrebbe iniziato a farle a me.
- Come faccio a fidarmi di te?
- Non ho alibi. Ma lo vedo che mi credi.
Detestavo quanto le persone mi leggevano Apollo dallo sguardo, soprattuto se a farlo era lui. 
- Credo che questa storia possa avere un senso, per quanto contorto sia. 
Sentimmo suonare il campanello e lui si alzò.
- Non ci guadagnerei proprio niente, fidati.
Rimasi in silenzio a ragionare quando un'altra domanda si fece viva in me. 
- Come faccio a smentire questa voce ora?
Lui parve pensarci un po' su prima di rispondere.
- Io una soluzione l'avrei. Fammi lavare, poi passo in camera tua e te la propongo.
Di nuovo il campanello.
- Vai tu?
Lo chiese ma fu solo per cortesia; in realtà era già salito.
Quando aprii la porta, la situazione mi sfuggi di mano.
- Ed ecco svelato perché sei venuta agli allenamenti.
- Che vuoi?
Dovevo stare calma, dovevo farlo per Gabriele.
- Beh, vedo che Gabri l'hai dimenticato in fretta.
Trattenni i punti ma la mia pazienza era già giunta al limite.
- Con Michele, poi. Chissà cosa proverebbe se fosse ancora qui.
- IO TI AMMAZZO. Hai capito?
Ero già pronta a saltargli addosso quando qualcosa mi tirò indietro e mi bloccò.
- Sei una merda, Martino. Ti odio. L'hai ucciso tu! È colpa tua! È colpa tua!

(Un)happier than everWhere stories live. Discover now