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- Vi prego, fateli smettere! - Strillò Lia al culmine dell'esasperazione.
Fissava con un senso di angoscia quel copione che ogni minuto leggeva per poi rilanciarlo sul divano.
Il giorno dopo avrebbe avuto le audizioni per una parte che avrebbe potuto trasformarsi in un trampolino di lancio ma non riusciva a concentrarsi.
- Ci sto provando!
Elena era disperata e, soprattutto, stanca.
Ogni volta che uno dei due gemelli smetteva di piangere iniziava l'altro, pareva quasi si mettessero d'accordo. Inoltre, da quando aveva partorito, circa un anno e mezzo, non riusciva a trovare neanche un momento per mangiare poiché, tra il lavoro e i figli, non aveva letteralmente più tempo per se.
Riccardo faceva di tutto per darle una mano ma anche lui era sempre sommerso da un mare di lavoro, sempre pronto a pubblicare nuovi giornali e, dopo la scelta di mostrarsi in pubblico, a salvare la faccia ai suoi amici, soprattuto quella Michele che aveva una specie di attrazione ai problemi.
Avevo provato più volte a convincerla a prendersi una maternità seria ma non c'era stato verso, non ne voleva sentire parlare.
Diceva che era in grado di gestire entrambe le cose, bastava solo un po' di buona volontà, ma, in quel momento, era talmente esausta da non alzarsi dal divano.
Il lavoro dell'azienda era aumentato di colpo, c'erano ancora in corso i preparativi per le nozze di Nicolò e Amelia, Elena aveva partorito i gemelli e, una cosa tira l'altra, vivevamo ancora divisi, maschi e femmine, in due appartamenti separati anche se, orami, Riccardo e Nicolò dormivano li praticamente sempre.
Mi avviai verso i bambini. - Me ne occupo io. Tu pensa al fascicolo che devi consegnare.
Ero appena tornata dal lavoro e sarei dovuta tornarci un'ora dopo ma mi faceva piacere essere utile, soprattuto visto le brutte occhiaie sugli occhi della neo mamma.
Lei mi guardò grata e si sdraiò sul divano per riprendere fiato recuperando, neanche mezzo minuto dopo, il computer per mettersi al lavoro.
Avevo appena messo piede in casa e, ancora con la giacca in dosso, mi avviai in quella che era stata la mia stanza, per far addormentare Diana e Giovanni.
Mi ero trasferita in salotto sul divano, tanto concludevo i turni tardi e mi alzavo preso dormendo massimo cinque ore a notte, per lasciare la mia camera da letto ai nuovi arrivati che sicuramente ne avevano più bisogno.
Non ci volle mostro, era evidente volessero solo coccole, e nel giro di pochi minuti, tornarono entrambi nel mondo dei sogni.
Un po' li invidiavo perché avevo così tanto bisogno di dormire ma avevo anche bisogno di soldi per essere indipendente e i tre turni al bar di Tiziano, ora che Bianca aveva cambiato lavoro, erano l'unica soluzione.
Tornai in salotto, recuperai la prima sedia disponibile e mi ci lanciai, stremata; le mie amiche mi fissarono ed Elena mi sorrise grata.
- Hai un talento!
- I bambini sono le uniche creature che mi amano. - Dissi ironica.
Lia sembrò sul punto di dire una cosa intelligente ma, ovviamente, mi sbagliai.
- Ci sento. Sento noi che parliamo, sento il traffico. Ci sento di nuovo! - Urlò.
Un po' la capivo, non doveva essere facile studiare una parte con due bebè che strillano.
- Sarai una madre fantastica. - Commentai sarcastica.
- Se ne occuperà Nick. - Disse sicura recuperando il copione per l'ennesima volta.
- Certo... - Ironizzò Ele. - Ha un'azienda da portare avanti ma lascerà tutto il lavoro a Michy e alla sua nuova ragazza.
Sbiancai di colpo. Da quando quell'informazione era di dominio pubblico?
- Nuova ragazza?
Era passato un anno e mezzo dal matrimonio con Genevieve e, ancora,  non riuscivo ad accettare certe cose.
- Si, ha detto che presto ce la presenterà.
Elena tornò a dedicarsi a capofitto nel progetto e Lia mi fissò divertita prima di prendere parola.
- E neanche tu ci hai presentato il tuo cavaliere, cara.
- Non ho un cavaliere.
Loro mi fisarono torve e, allo stesso tempo, divertire.
Era la prima volta che usciva quel discorso.
- Vediamo che la sera non dormi qui, Chia.
Il tono della riccia era comprensivo ma anche ilare.
- Sarà un anno che lo frequenti ormai. - La biondina staccò gli occhi dal PC per un secondo. - Non credi sia ora di presentarcelo?
- È troppo presto.
Cercai di tagliare più velocemente possibile il discorso.
La verità era che avevo paura della reazione di Michele ma se lui aveva già reso ufficiale il fatto che avrebbe presentato la sua ragazza, di li a poco, forse le mie paranoie erano inutili.
- Va bene. Ora che posso andare in bagno senza strilli ne approfitto. - Concluse sicura Lia, dirigendosi verso la zona notte della casa.
Guardai l'orologio e vidi che era quasi ora di andare, così recuperai le culle dei gemelli e le portai in salotto vicino alla madre poi mi avvicinai alle sue piccole creature.
- Sono bellissimi. - Dissi euforica facendo dondolare le culle.
I loro visi erano così puri e innocenti che mi facevano sciogliere ogni qualvolta li vedevo.
Entrambi avevano ereditato i ricci del padre ma il colore dei capelli di Giovanni era più tendente al biondo mentre quelli di Diana al castano del padre.
- Ovvio, sono i miei figli.
Alzai gli occhi al cielo e lei riprese parola.
- Da quando hai questo istinto materno?
Diventai bordeaux ma non parve farci caso presa com'era dal lavoro.
Mi fermi un attimo a riflettere e constatai che era un senso innato che avevo sempre posseduto, coi bambini ci sapevo fare.
Stavo per dirglielo quando Lia ci chiamò, urlando.
- Voi due venite qui. Immediatamente!
Io ed Ele ci scambiammo uno sguardo confuso e la raggiungemmo senza aggiungere altro.
Sembrava sconvolta.
- Voi. Adesso. Mi. Spiegate. Questo. - Sbraitò indicando un test di gravidanza positivo.
Guardai Ele e, cogliendo la palla al balzo, iniziai a parlare divertita. - Scusa ma due non ti bastano per ora?
- Ti posso garantire che non è mio.
Le mie amiche si scambiarono uno sguardo d'intesa.
Sbiancai; era questa la risposta che avrei voluto dare alla domanda di Elena di poco prima.
Eppure non capivo come Lia fosse riuscita a trovarlo, ero convita di averlo buttato già da un paio di giorni.
- Chiara? - Domandarono unanimemente.
Mi arresi alle circostanze, nasconderlo non serviva a nulla; non più.
- È mio.
Le fissai supplicanti e parlai senza neanche rendermene conto. - Vi prego. Non ditelo a Michele. Almeno per un po'.
Loro continuarono a fissarsi perplesse e io mi resi conto che la mia uscita fosse assolutamente insensata; cercai di rimediare immediatamente.
- Abbiamo appena recuperato un rapporto di amicizia stabile e ci tengo che non uccida il mio ragazzo.
Le mie amiche non parevano convinte della mia storia ma non dissero nulla a proposito.
- Ci proveremo. - Disse Lia riflettendo su. - Non mi sembravi il tipo che dopo un anno di relazione rimane incinta, sai?
Non risposi. Il tempo, nella mia vita, era una variabile al quale non facevo più caso da tanto tempo.

(Un)happier than everWhere stories live. Discover now