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- Ne sei proprio sicura? - Disse Michele fissandomi.
- È una cosa assurda e pericolosamente stupida ma potrebbe anche funzionare. - Dissi.
Ero terrorizzata, era un piano insensato e rischioso ma sentivo il dovere morale di farlo era l'unico modo per proteggere altre persone e, allo stesso tempo, per vendicare il mio bambino.
Il ragazzo parcheggiò la sua Audi nero lucida davanti alle sede giornalistica e mi fissò con un'apprensione che davvero poche volte avevo visto nei suoi occhi.
- Queste probabilità hai che questo piano funzioni? - Domandò preoccupato.
- Le probabilità dici? - Finsi di pensarci su.
Dovevo decidere se essere sincera, facendolo preoccupare, o mentire, facendolo stare in ansia, consapevole che le mie doti da bugiarda fossero le peggiori in circolazione.
- Praticamente inesistenti, ma è l'unica cosa che posso tentare. Se non funziona lascerò perdere, promesso.
- Promesso, promesso?
Questo suo interessamento mi fece tanto piacere; sembrava come se si fosse finalmente creato quel piccolo legame mancante che ci aveva sempre tenuti un po' distaccati e che aveva provocato svariate rotture nel nostro rapporto.
- Promesso, promesso.
Gli diedi un veloce bacio sulla guancia e scesi dall'auto più in fretta possibile così da evitare che sentisse le palpitazioni aumentare, dopodiché raggiunsi la segreteria.
- Salve. - Disse cortesemente la segretaria.
- Salve. - Rispondi garbata. - Avrei un appuntamento con il signor Abate.
Solo a pronunciare il cognome, un brivido di nausea, ansia e terrore mi pervase; l'idea di andarmene era così vivida che per un istante ci pensai.
- Quarto piano, prima porta a sinistra.
Fu questa frase che mi fcee tornare alla realtà; avrei affrontari Davide, dopotutto si trattava semplicemente di una chiacchierata. 
La ringraziai e raggiunsi il luogo da lei indicatomi.
Ero ancora in tempo per fuggire, per andarmene, dopotutto Michele era nel parcheggio ad aspettarmi.
Prima di entrare presi un bel respiro e, con ancora le mani tremanti, chiamai la polizia, tolsi il volume della chiamata pregando che non attaccassero subito ed entrai.
Era un piano stupido, con mille punti interrogativi e infiniti buchi, una di quelle idee che neanche nei film funzionavano ma c'era qualcosa che mi obbligava a farlo, un dovere, un senso di colpa.
Se l'avessi fatto avrei superato l'aborto con più facilità; un piano folle pensato da una ragazza che non era al pieno delle sue facoltà mentali.
Preparai un sorriso falso e il mio terribile francese con un accento che avrebbe inorridito chiunque.
- Ehi, bellissima. - Disse Davide sorridendo. - Lo sapevo che prima o poi saresti tornata da me.
Lo guardai male e la mia maschera cadde in un attimo; non riuscivo ad essere cortese con un mostro del genere. .
- Beh, più poi che prima. -Ridacchiò; era talmente patetico che rideva delle sue stesse battute.
- Continua a crederci. - Ringhiai pentendomi immediatamente; dovevo risultare affabile.
- Hai ancora perso la testa per l'idiota che ti ha mollato all'altare e ha rischiato di ucciderti? Peggio per te.
Sorrisi.
Si era già tradito da solo, sperai solo che la polizia non avesse attaccato. Poi un dubbio sorse spontaneo; come avrebbero fatto a capire di cosa stavamo parlando? Avevo bisogno di contestualizzare il discorso.
- E tu come fai a sapere dell'incidente? - Chiesi mostrando la mia faccia più innocente.
Mi mostrò un'espressione compiaciuta, che svanì all'instante, e compresi che c'era qualcosa di sbagliato nell'essere li; orami, però, era troppo tardi.
- Sono un giornalista. Vengo a sapere presto le notizie. - Rispose visibilmente a disagio.
- In effetti.
Non sapevo come andare avanti, mi ero intrappolata da sola e sapevo bene quale fosse l'unico modo per uscirne.
Mi disgustai da sola all'idea ma avevo bisogno che quel primo funzionasse. Era come se tutta la mia vita mi avesse portato a far sì che, in un momento delicato, iniziassi a fare solo scelte sbagliate, una di fila all'altra.
-  Senti, ti va di uscire? Adesso intendo.
Cercai di infondere nella mia voce interesse e dolcezza e la sua reazione mi dimostrò che aveva apprezzato; c'era da capire se la polizia avesse attaccato o comprendesse il pericolo nel quale mi trovavo.
- Guarda, al momento sono senza macchina e non mi sembra il caso di accompagnare una bella ragazza come te in metro.
Sorrisi cercando di mascherare la smorfia che mi era scappata alla parola bella.
- E come mai sei senza auto?"
Rispose senza pensarci, quasi la lingua avesse preso il comando senza chiedere il permesso al cervello.
- Un mesetto fa ho avuto un inci...
Lo stava per dire quando si blocco.
- Un inci...? - Esortai.
- Grazie per essere venuta. È stato un piacere. - Disse lui cercando di trascinarmi verso la porta lasciando il segno della stretta sul polso.
Era la mi occasione per andarmene, per fuggire, ma c'era qualcosa che mi bloccò; avevo sete di giustizia e fu in quel momento che mi resi conto che, forse, il non era lui, non solo per lo meno.
- Non così in fretta. - Mi piantai davanti alla porta in modo tale che nessuno dei due potesse uscire. - Adesso parli. Niente giochetti.
Fece un ghigno strano, spaventoso, e lo sguardo nei suoi occhi assunse una luce che avevo già visto; pazzia.
- Ti ha mandato lui, vero?
- Lui non sa niente. - Stavo mettendo in pericolo Michele? Mi affrettai a rispondere. - Ti ho visto al momento dell'impatto.
Mi blocco le braccia alla porta con le sue mani stringendo un po' troppo sui polsi. - Sei sveglia.
- Non mi chiamo Davide. - Risposi secca.
Fu la frase più sbagliata che potessi dire infatti con la sua destra mi blocco entrambe le braccia portandole sopra la testa e con la sinistra mi strinse il collo.
I suoi occhi assunsero ancora una volta un'aria diversa; erano folli ma una follia diversa, bisogno di possesso.
- Signorina, non scherzare con me. - Aveva gli occhi da pazzo, mi voleva e mi vedeva indifesa. Tutto nella sua testa stava assumendo una sola direzione 
Cercai di parlare il più chiaro possibile, nonostante la presa che stava iniziando a soffocarmi, sperando che la polizia non avesse attaccato.
- Ormai cos'ho da perdere? Mi segui fuori casa. Scrivi sul tuo stupido giornaletto tutto quello che mi succede e quanto decido di non sottostare ai tuoi ricatti, tu tenti di uccidermi tagliando la strada in un incidente stradale. Tu sei un pazzo, Davide Abate.
Sentii la morsa ancora poi forte e l'ossigeno che diminuiva; le lacrime stavano iniziando a mostrarsi perché avrei una paura devastante. 
- Non volevo uccidere te ma Michele.
Lo disse con tale freddezza che sembrava stesse svegliando il modello di un capotto.
La sua mente era calcolatrice, fredda, diabolica e soprattuto deviata e io mi ti cacciata in un pasticcio più grande di quello previsto.
- Perché?
Sentivo il sangue ribollirmi nelle vene e, allo stesso tempo, l'ossigeno abbandonarmi i polmoni; lui dovette notarlo perché allentò leggermente la presa.
- Perché se lui non ci fosse più stato tu saresti venuta da me."
- Mai. - Dissi quasi sussurrando e, nell'udito quelle parole, la morsa di fcee quasi letale; ormai non riuscivo più a respirare.
Tirai un calcio alla cieca e riuscii a liberarmi ma Davide fu più svelto e nel bloccarmi per un braccio inciampai facendo cadere il cellulare che fu raccolto all'istante da lui.
Notai che la polizia era ancora collegata ma poco me ne importò in quel momento perché la sua espressione era rabbia, follia e vendetta  in un solo volto.
Chiuse la chiamata ma fortunatamente tutte le cose fondamentali la polizia le aveva già sentite o fu quello che speravo. Dopodiché lancio il telefono fuori dalla finestra e grazie a lui vidi che era aperta. Eravamo d'accordo con Michele di lasciare il finestrino della macchina giù, così in caso di ESTREMA urgenza avrei urlato.
La tenni presente come possibilità, soprattuto in quel momento, visto che si avvicinò a me con fare rabbioso.
- Allora stronza, com'è sapere di star per morire?
Presa alla sprovvista, mi arrivò uno schiaffo che mi fcee rivoltare il volto; ancora interdetta da sull'azione, mi prese con felicità di peso e ci mise talmente tanta forza che non riuscii a liberarmi.
- La polizia sta per arrivare.
Era un sussurro quasi impercettibile ma lui lo colse e, con violenza, mi spinse sulla sedia e mi sentii destabilizzata. Non riuscii a vedere cosa stava facendo poiché mi si era annebbiata la vista, un po' per le lacrime un po' per un colpo che avevo preso; era stato tutto così veloce che non me n'ero nemmeno accorta.
- In effetti, tutte voi donne siete un po' stronze. Simona doveva farmi da esempio?
Compresi che, allora, il problema non era Simona o almeno, lo era in parte. Dopo anni, percepii la realtà, la scelta di continuare a stare insieme nonostante il suo disinteresse.
Davide era squilibrato e lei aveva paura.
Sentii un qualcosa stringere prima attorno ai piedi poi attorno alle mani e mi resi conto che mi stava legando con una corda.
Il primo dilemma che mi posi non era un'idea per scappare ma chiedermi perché avesse una corda in ufficio.
Ero talmente destabilizzata e impaurita che non riuscivo a ragionare con lucidità e sennò.
In lontananza non si sentivano sirene, mi chiesi  quanto ci avrebbe messo la polizia e se ce l'avrei mai fatta a liberarmi; constatare che la risposta era negativa mi annebbiò ulteriormente la mente.
Davide iniziò a girarmi intorno studiamomi, sentivo le sue occhiate bruciare sulla mia pelle, dopodiché si sedette su di me e iniziò a sfiorarmi; mi venne ribrezzo e il respiro si dimezzo.
Purtroppo la botta e lo stordimento erano passati e le emozioni predominanti erano la paura e lo shock.
- Che vuoi fare?
Volevo apparire sicura ma mai in vita mia avevo udito la mia voce così tremante è spaventata.
- Divertirmi un po'. Dopotutto è un peccato uccidere subito una preda cosi anche perché in prigione mi annoierò. - Parve riflettere un attimo. - Direi che è la mia ultima occasione dì intrattermi con una bella donna.
- Mi fai schifo!
Mi arrivò un ceffone in pieno viso e picchiai nuovamente la testa, questa volta contro il muro. Iniziai a sentire bagnato sulla nuca, come se mancasse solo quello.
La mia mente si fece confusa, l'ansia e la tensione non mi stavano aiutando a ragionare con lucidità e il colpo che avevo appena preso mi stava provocando un grande mal di testa.
Non avevo scelta, dovevo chiamare aiuto. Non avrei voluto chiamare Michele perché era una questione che volevo risolvere da sola ma non trovai altre scelte.
Urlai il suo nome più forte possibile in modo tale che mi potesse sentire e la gola mi bruciò per la stretta repentina sul mio collo; ora potevo solo sperare.
- E così hai rinforzi.
Non aggiunsi altro mentre le lacrime scorrevano calde sul mio viso; non riuscivo a mostrarmi forte, ero letteralmente terrorizzata.
Iniziò a sbottonarmi la camicia e sentire le sue mani gelide a contatto col mio corpo mi fece sussultare.
Ero impaurita, schifata ma soprattuto terrorizzata.
Mi stava volando e, interdetta e spaventata, non sapevo come reagire.
- Vorrà dire che sarà una cosa veloce. - Vidi il suo ghigno e poi sentii il viso avvicinarsi a me. - Breve ma intensa.
Mentre mi accarezzava il volto, cercai di mordergli la mano ma mi tirò un pugno sul naso e iniziai a perdere sangue da lì.
- Chissà - il suo tono era sempre più provocatorio. - magari non ti ha neanche sentito.
Davide continuò con tutta la calma del mondo nel compiere il suo atto ignobile. Mi tolse la camicia e iniziò ad osservarmi come se fossi una pietanza.
- Ma che corpo perfetto. - Disse passando avanti indietro il dito sul mio addome. Trattenni un conato di vomito per paura che mi arrivasse un altro pugno e mi domandai dove fosse Michele.
Nonostante la forza di volontà, le lacrime scorsero copiose sul mio libro non tanto per il colpi presti tanto più per quello che stava succedendo.
- Saresti stata una modella perfetta. Che opportunità che ha perso il tuo ragazzo.
Fu in quel momento che realizzai che non avrei mai trovato un modo per liberarmi, quando iniziò a sbottonarmi i pantaloni.
Una lacrima solitaria e arresa solcò il mio viso.
- Certo che con un corpo così, Lorenzotti si è proprio divertito.
- Lasciami. - Dissi sottovoce singhiozzando.
La paura aveva totalmente preso il controllo dei miei pensieri.
- Dovrei? - Rispose sarcastico alzandosi in piedi pronto ad aggredirmi.
Non compresi se era un sogno, un'illusione per la botta oppure la realtà ma gli arrivò un pugno in testa e lo vidi crollare davanti ai miei occhi.
- Lasciala stare.

(Un)happier than everDove le storie prendono vita. Scoprilo ora