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Mi lanciai sul divano di casa e le mie coinquiline mi guardarono preoccupate anche se ormai si erano abituate ai miei sbalzi di umore.
Nelle ultime due settimane, la mia vita, se possibile, si era fatta ancora più complessa; come al solito avevo deciso di mettere il bene degli altri al primo posto anche se, aiutare Genevieve, mi stava letteralmente lacerando.
Avevo scoperto che la modella era una ragazza dal cuore d'oro, sempre dolce e attenta agli altri che sognava solo il suo grande giorno; su tante cose mi ricordava me e ciò mi dava la sensazione che le cose non sarebbero andate a finire bene.
E poi, per quanto fosse difficile da ammettere, pensare che Michele si sarebbe sposato con un'altra, mi faceva più male di quanto volessi credere.
- Tu hai qualcosa.
Martino ci aveva raggiunto da poco, una decina di minuti, per il matrimonio e le mie amiche si erano offerte di ospitarlo.
Non aveva neanche fatto in tempo a sedersi in salotto, dopo aver sistemato le sue cose nella mia stanza in attesa di spostarci in hotel, che si era reso conto che c'era qualcosa che non andava.
- Domani si sposano. - Dissi fissando un punto indefinito della stanza con il tono più neutrale possibile.
- Beh, lo sai con due settimane di preavviso. - Disse sarcastica Elena.
- L'hanno fatto a due settimane di distanza da Natale per te, Criticona. Non ci vengo se la mia pancia si ingrandisce ancora. - Controbatté imitandola Lia.
Un po' l'avevo odiata, la biondina, perché aveva messo fretta a questo assurdo matrimonio; la rabbia, poi, passava quando mi rendevo conto che comunque, volente o nolente, non avrei mai impedito questa unione.
- Trovalo tu vestito elegante pre-mamà in due settimane! - Si lamentò Criticona; strano, non accadeva mai.
- Ma se te l'ha fatto su misura Michele! - Ribadì Arrabbiata.
Martino le osservò divertito non disse nulla poi mi guardò con aria triste, come se avesse intuito cosa mi affliggeva.
- Ciao ragazze, ci sarei anche io.
Continuai a fissare un punto indefinito nella parete aspettando che mi venisse data una soluzione ai miei dilemmi, una risposta che probabilmente non esisteva affatto.
- Senti, si può sapere qual è il problema? Ti abbiamo sentito tutti a Natale quando l'hai convinto a sposarsi con lei.
Distolsi finalmente lo sguardo per incontrare quello delle mie coinquiline e deglutii. Era arrivata l'ora di essere sincera perché quel segreto mi stava logorando l'anima e avevo bisogno di parlarne.
- Mic mi ha detto delle cose.
Mi sentivo orribile anche solo a parlarne; mi sembrava quasi di tradire la fiducia di Genevieve eppure, mantenere il segreto, mi stava facendo impazzire.
- E cosa? - Domandò infastidita Amelia dal fatto che mi stessi ancora trattenendo.
- Che è ancora innamorato di me.
Fissai un punto diverso; pensavo che parlarne avrebbe tolto il peso che sentivo sullo stomaco ma adesso quel sassolino si era trasformato in un macigno.
- Ma è orribile! - Assentì Elena; l'espressione che intravidi sul suo volto non mi piacque affatto. - Non può sposare Genevieve se ti ha detto questa cosa!
- E tu cosa gli hai risposto? - Sollecitò Lia in attesa trepidante.
Mi voltai verso il ragazzo che, ancora una volta, non disse niente. Ci stava studiando; probabilmente, ormai, era deformazione professionale.
Non giudicava, osservava in silenzio l'assurdo comportamento degli esseri umani e, con me, c'era materiale a sufficienza per una vita intera.
- Ho controbattuto sostenendo che con lui avevo chiuso e che se gli è uscito così di getto chiedere una cosa così importante, è solo perché è davvero innamorato di lei.
Amelia mi guardò esitate poi scoppio a ridere. - E lo pensi veramente?
Da quel momento andai in paranoia.
Essere sincera avrebbe significato essere un mostro, mentire significava nascondere la verità; dovevo solo accettare, che in ogni caso, non sarebbe cambiato nulla ma, se avessi scelto la seconda ipotesi, sarei risultata anche bugiarda.
- No, non penso niente di tutto ciò. - Presi un cuscino e ci sprofondai la faccia all'interno prima di parlare nuovamente. - Non riesco a togliermelo dalla testa e pensare che domani si sposerà con un'altra donna, sempre che non fugga, mi sta uccidendo.
Rimasi in silenzio rendendomi conto, piano piano, cosa avessi appena ammesso; ciò scatenò in me una crisi di pianto.
Ero una persona orribile.
- Sono una damigella d'onore orribile. No, vi prego, non ditemi che l'ho detto ad alta voce.
- Chiara, non sei un mostro. Sei solo un essere umano con dei sentimenti. - Iniziò Lia, nemmeno le sue parole mi parevano più tanto convinte.
- Secondo me, sei un mostro. - Continuò Ele, che fu fulminata con lo sguardo da Martino.
- Io concordo con Amelia. - Il fatto che il rosso avesse preso parola per difendermi, mi tranquillizzo un poco.
Si avvicinò e mi sorrise ma fu interrotto da Elena che forse nuovamente parola, dopo aver letto un messaggio.
- Smettila di piangere che saranno qui a minuti.
Non fece neanche in tempo a finire di dirlo, che suonò il campanello.
Mentre Lia andò ad aprire la porta, cercai di asciugarmi le lacrime più in fretta possibile.
- Ed ecco il nostro sposo. - Ironizzò la biondina. Odiavo quando faceva così; credeva che i sentimenti, positivi o negativi, andassero espressi sempre ma non capiva che, in quel caso soprattuto, non avrei potuto dire ciò che mi passava per la testa.
I ragazzi andarono dirti a sedersi sul divano senza salutare, tanto ormai per loro era una seconda casa, e io cercai di nascondere il viso senza farmi notare troppo. Nonostante l'aiuto di Martino, ovviamente, fui scoperta subito.
- Chiara, stavi piangendo? - Domandò Michele.
Odiavo il fatto che mi conoscesse bene tanto quando odiavo il fatto che non sapeva mai quando farsi gli affari suoi.
- No, è allergia. - Dissi sicura.
- Ma se qui non ci sono cani.
- Acari.
- Quando sei allergica agli acari, ti viene l'asma.
- Probabilmente l'è entrata un po' di polvere negli occhi.- Disse Martino, quando mi vide in difficoltà, per salvarmi.
- Ma parliamo un po' di te. - Intervenne Lia, anche lei con lo scopo di venire in mio soccorso. - Come ti senti, sposo?
- Meno agitato dell'altra volta. - Sorrise. - Con Chiara era tutto più complicato.
Ci rimasi male ma decisi di scherzarci su, non dovevo mostrare le mie emozioni o sarei crollata.
- Ma davvero?!
E poi, se davvero era così rilassato come diceva di essere, Genevieve avrebbe avuto qualche possibilità in più e io ne sarei stata contenta.
- Così magari domani non scappi. - Controbatté sicuro Nico, facendomi un occhiolino.
Mi scappò una risatina ma cercai di bloccarmi subito; Michele sapeva essere permaloso e non era il giorno giusto per uno dei suoi sbalzi d'umore.
- E le tre damigelle, della quale due hanno rifiutato, come stanno? - Sì informò Michele che aveva prontamente deciso di ignorare lo scambio di battute tra me e il suo migliore amico.
- Io non posso fare la damigella altrimenti saremmo state due damigelle e un paggio. - Disse Elena alludendo al suo pancione. Nonostante il parto fosse così vicino, non si era ancora abituata al fatto di essere incinta.
- Sai che soffro di panico da navata. - Si scusò Lia, ridacchiando. Dopo aver sentito questa pessima scappatoia, alzammo tutti gli occhi al cielo.
Michele mi rivolese uno sguardo in attesa di una risposta e le parole mi si bloccarono in bocca.
- Io domani le farò fare una bruttissima figura.
Era la cosa più vicina alla verità che potessi dire senza creare danni e Martino mi tirò una leggera pacca di approvazione. Sapevo cosa significava: ne avremmo parlato da soli più tardi e avrei potuto sfogarmi.
- Perché? - Chiese perplesso Ricky.
- O cadrò, o mi verrà un infarto, oppure farò cadere lei, o chissà che cosa... - Mi stava salendo il panico e adesso niente mi avrebbe più calmata.
- Credo sia meglio farti andare a dormire. - Sostenne Michele leggermente spaventato da quella reazione.
- Te ne vai via così presto? - Domandò Nico preoccupato; avevamo tutti lo stesso timore.
- Ehi bello, tra meno di ventiquattro ore mi sposo. - Rispose alzandosi.
- Ti accompagno io alla porta. - Le parole mi erano uscite così, d'impeto, senza che neanche ci avessi pensato ma sapevo che era la cosa giusta da fare, me lo diceva il mio istinto. - Salutate il bambino che deve andare a nanna.
Raggiungemmo la porta e lui mi abbracciò, poi iniziò a parlarmi all'orecchio; sapevo già le sue intenzioni ma lo lasciai fare, forse perché ero debole e ancora sotto il suo influsso.
- Sono ancora in tempo.
Finsi di non capire. - Per cosa?
- Posso non sposarla.
Notai una un ombra al piano inferiore ma decisi di credere che fosse un nostro vicino che rientrava in casa.
- Non farlo di nuovo. Ti prego, te lo chiedo io.
- Quindi continui con la tua idea?
Ormai anche dal tono, si poteva capire che si era arreso. 
- Certo che si. - Sbuffai il più piano possibile per non stordirlo. - Domani sposerai la donna che ami: Genevieve.
- Smettila. So che devo sposare lei. Disse stringendomi più forte. - Ma non è la donna che amo.
Come poteva essere così schietto e dire quelle cose? Io, solo a pensarle, mi sentivo una persona orribile e lui le diceva ad alta voce senza problemi.
- Sono la damigella d'onore. Devo assicurarmi che tutto vada per il meglio. - Mi staccai dall'abbraccio. - Beh, buona fortuna, Mic.
- Sembra più che altro un funerale. - Disse uscendo dalla porta.
La sua espressione, per un secondo, mi distrasse e, di riflesso, ridacchiai.
- Come sei drammatico.
Lui, ormai già a metà scalinata, non rispose ma sapevo che mi aveva udito.
Tornai sul divano e cercai di assumere un'espressione neutrale.
- Che abbraccio lungo. - Disse sarcastica Elena.
Diedi di matto; ci avevo provato a restare impassibile ma la biondina sapeva sempre quale serratura far scattare per farmi parlare.
- Non può fare così!
- Così come? - Domandò innocentemente Ricky.
- Perché l'hai chiesto?! - Urlò lei esasperata.
- Guarda che sei stata tu.
Tutti annuirono dando ragione al ragazzo.
Quei due, anche a distanza di anni, non cambiavano mai.
Il riccio si voltò verso di me in attesa e io parlai, come sempre dopotutto.
- È una storia lunga e non ho voglia di ripetere. Voi fate finta di aver capito tutto. - Dissi secca. Eravamo tutti consapevoli che, in un modo o nell'altro l'avrei comunque raccontato così loro annuirono solamente. - L'ha chiesto di nuovo.
- Ma non può sposarsi così. - Lia sembrava davvero molto preoccupata ed era una che di solito prendeva la vita con leggerezza. - Dimmi tutto precisamente.
Mi accomodai vicino a Martino che mi fece un cenno di supporto con la testa.
- Ha detto che è disposto a lasciarla se torno con lui.
Mi misi la faccia tra le mani. Stavo diventando matta.
Era crudele dirmi una cosa del genere perché non c'era altro che desiderassi e, allo stesso tempo, volevo solamente che il loro matrimonio andasse a gonfie vele.
- Qui abbiamo capito tutto, Chiara. - Il tono di Richy era ai limiti della preoccupazione. - Non è niente su cui dobbiamo sorridere e annuire.
- E tu cosa gli hai risposto? - Sollecitò Nicolò, terrorizzato dal fatto che Michele potesse fare l'ennesima stupidata.
- Secondo te?! È da Natale che gli dico che è un deficiente!
Martino, finalmente, prese parola. - Deve calmarsi. La accompagno in camera.
Tutti annuirono e li salutai seguendo il rosso che si era accomodato in camera mia.
A fatica mi fece parlare e, finalmente,  mi sfogai.
Non mi importava se piangevo, non davanti a lui, perché sapevo che non mi giudicava.
Quando finii di confessarmi, il mio cuore era ancora più pesante.

Entrai con Lia nella stanza della sposo, un po' a forza; Ele, Richy e Nico erano già con lui.
Quella mattina mi ero svegliata con l'orribile sensazione che tutto sarebbe andato male e con la giusta convinzione che sarebbe stato meglio se non mi fossi presentata; purtroppo per me, ero la damigella d'onore.
Appena lo vidi, riamasi a bocca aperta ma non mi feci notare.
Ero ancora innamorata di lui e vederlo così mi faceva davvero male; non volevo però che se ne rendesse conto perché avevo il terrore che potesse fare una delle sue, ormai famose, stupidate.
La prima a parlare fu proprio Lia. - Sei davvero stupendo, Michy.
- Grazie. - Rispose lui sorridendo.
- Finalmente ti vedo in veste da sposo. - Ironizzai io. Avrei voluto dire che mi era uscito spontaneo ma no, questa volta era stata una frase ragionata perché avevo visto come mi stava studiando poco prima.
Mi avvicinai a lui e tentai di nascondere l'imbarazzo. - Patti chiari, amicizia lunga. Niente cazzate.
- Quindi non posso richiedertelo?
La sua voce era implorante e il suo sguardo era supplichevole.
Sapevo che i ragazzi gli avevano detto che avevo raccontato tutto quindi non mi stupii quando rispondemmo tutti in coro. - Assolutamente no!
Non aggiunse altro così ripreso parola; volevo sfuggire da quel fantasma del mio matrimonio che era Michele in quel momento.
- Scusate ma scappo. - Guardai Michele negli occhi senza sapere da dove veniva quel coraggio. - Vado dalla tua futura moglie Genevieve.
- So come si chiama. - Mi lancio uno sguardo che non capii se essere provocatorio o ironico e alzò gli occhi al cielo
Avevano deciso di affittare l'hotel più costoso di Parigi, cosa decisamente era di grande effetto che, però, avrebbe sicuramente attirato l'interesse di alcune persone che era preferibile stessero alla larga da lì.
Prima di raggiungere la sposa, mi fermai nella mia stanza per recuperare il vestito da damigella e mi cambiai.
Mi diressi, poi, nella stanza della sposa pronta a sottopormi alla "magica" tortura del trucco e parrucca.
Quando aprii la porta, rimasi di stucco.
- Sei meravigliosa. - Furono le prime parole che mi uscirono dalla bocca. Il taglio sirena che avevamo scelto insieme era davvero perfetto su di lei.
Sembrava la rappresentazione umana più simile al divino che avessi mai visto; probabilmente neanche Elena di Troia poteva considerarsi bella al suo confronto.
- Anche tu stai benissimo. - Mi disse raggiante.
- Ehi. - La bloccai immediatamente conscia di cosa stava tentando di fare; concentrarsi sugli altri per mascherare l'ansia. - Oggi è il tuo grande giorno, chiaro? - Decisi di alleggerire l'aria. - E poi io combinerò qualcosa e rovinerò il matrimonio, quindi inizia già ad odiarmi.
- Ma smettila. - Continuò lei scoppiando a ridere invitandomi a sedermi per farmi acconciare i capelli dalla parrucchiera che ci fissava confusa per via del nostro linguaggio a lei sconosciuto.
- Tu non conosci la mia leggiadria. Se riesco a non farti fare brutta figura, voglio essere pagata.
Lei scoppiò nuovamente a ridere. - Ma la finisci?!
Ero contenta di riuscire almeno in qualcosa, ovvero rallegrarla; almeno così non pensavo.
- E ora, concentrati solo su te stessa. - Conclusi facendole un'occhiolino. - Devi essere perfetta.
Ho proprio bisogno che tu sia perfetta, mi dissi sospirando.

(Un)happier than everWhere stories live. Discover now