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- Lasciala stare.
Il mondo si fermò per un attimo; ero salva.
Le gambe smisero di tremare e tirai un sospiro di sollievo ma le lacrime continuarono a scorrere lente e calde.
Michele gli tirò un altro pugno per stordirlo ma lo lasciò cosciente.
- E questa è la mia vendetta per sette anni fa.
Preoccupatissimo, corse a slegarmi e fu impossibile non leggergli sul volto i sensi di colpa che aveva. a Non ti ha fatto nulla, vero?
Annuii sapendo che il peggio era passato am ero ancora terrorizzata.
Non riuscii ad alzarmi e caddi.
Stavo perdendo abbastanza sangue dalla testa e anche dai punti dove ero stata legata, con troppa forza, più i colpi in testa che avevo preso non erano stati d'aiuto.
Michele legò Davide alla sedia per precauzione, poi mi fece alzare e mi aiutò a vestirmi. Quando mi guardo in faccia notai che anche lui le lacrime agli occhi.
- Avevi detto che non era pericoloso.
Venne ad abbracciami ma sussultai; ero ancora tesa e il mio corpo sentiva ogni singolo tocco estraneo come una minaccia.
Si allontanò di colpo e ci guardai con tristezza ma nessuno aggiunse altro.
- Io non pensavo fosse così pazzo.
Iniziai a piangere, in preda ai singhiozzi e lo cercai, non ero lui il nemico; titubante, alla fine si arrese e mi abbracciò.
- Mi hai fatto morire di paura.
- Andiamocene. - Scongiurai stringendi la presa.
- Ma tra poco la polizia sarà qui.
- Appunto. - Risposi in lacrime. - Non voglio parlarne. In più è già imputato per stalking e tentato omicidio.
Michy mi capi, lo vidi dalla sua espressione, ma compresi anche il suo punto di vista.
- Non possiamo.
- Lo so.
In una decina di minuti, finalmente, la polizia arrivò. Iniziò a scrivere il verbale, ammanettò Davide che fu subito scortato via e poi mi accompagnarono al pronto soccorso dove fecero gli accertamenti dei caso.
Tra un'attesa e l'altra, mi furono fatte tutte le domande del caso e mi chiesero se me la sentissi di presentarmi in tribunale quando sarebbe stato il momento.
Se tutto ciò serviva a fermalo, l'avrei visto ancora una volta senza problemi.
Alla fine del pomeriggio, fui rilasciata dall'ospedale. I colpi alla testa non erano stati troppo violenti e in naso non era rotto, i segni su polsi e caviglie sarebbero guariti nel giro di poche settimane e così anche i lividi sul collo; mi fu anche chiesto se volessi dei tranquillanti per dormire ma li rifiutai.
Dopo la crisi che avevo avuto dalla fuga di Michele, preferivo evitare i medicinali.
- Come stai? - Mi chiese prima di accendere il motore. Riuscivo a leggere i suoi sensi di colpa anche senza guardarlo davvero.
- Ho avuto giorni migliori. Risposi sorridendo.
- Chiara
Lo vidi stingere le mani attorno al volante con violenza e lo accarezzai con delicatezza.
- non avrei dovuto lasciarti andare da sola.- Disse sospirando, appoggiandosi lentamente al sedile dopo il mio gesto.
- Era una mia scelta e ne sono felice. Almeno non ci disturberà per un po'. - Gli presi una mano e lui mi sorrise tristemente.
- Alla fine, veniamo in ospedale sempre per colpa sua.
Nonostante fosse una battuta stupida, scoppiammo a ridere, forse per il nervosismo, forse perché stavamo impazzendo.
- Andiamo a casa? - Mi domandò dolcemente.
- Io... Francamente non me la sento. Ci saranno i nostri amici e...
Le parole mi morirono in gola; non avevo ancora realizzato del tutto quello che era accaduto.
- Chiara, tranquilla. Ci avevo già pensato, stiamo da me, tanto Ricky e Nico sono da te.
Annuii e gli sorrisi grata avviandoci verso casa.
Appena arrivati mi obbligò ad andare a coricarmi a letto.
- Vuoi qualcosa? - Domandò apprensivo.
- Vieni qui. - Risposi sorridendo.
Rimase fermo alla porta, quasi impaurito.
- Io non credo sia il caso.
Alzai gli occhi al cielo così, ancora titubante, lui fece come chiesto e si sdraiò accanto a me.
- Mi dispiace averti fatto venire così paura. - Gli esternai; era quello che provavo veramente ma notai il sorriso divertito sul suo volto come a dire "dovrei essere io quello preoccupato per te."
- L'importante è che tu stia bene. - Disse solamente dandomi un bacio sulla fronte. - Te la senti di raccontare com'è andata? Puoi dire anche di no.
Decidi di farmi forza e rivelarglielo, dopotutto l'avevo messo io in mezzo a quella e mi sembrava giusto dirgli cos'era successo; inoltre avevo capito che parlare mi aiutava sempre, ne avevo passato di momenti bui e confidarmi era sempre stato positivo.
- Mi dispiace tanto. - Mi guardo in attesa e dopo un mio accenno, mi abbracciò. - Perché ti facciamo sempre del male?
Lo fissai perplesso e mi strinsi maggiormente tra le sue braccia. Il suo tocco era una cosa che non mi spaventava. - Cosa intendi?
- Beh, diciamo che, nonostante tu mi abbia perdonata, mi sono impegnato nel ferirti. E lui non è stato da meno.
Volevo controbattere ma non facemmo in tempo poiché sentimmo scattare la serratura.
Ad entrare in casa fu Nicolò che ci venne in contro spaventerò
- Dove siete stati? Perché non rispondete al cellulare? - Mi fissò. - Chiara che ti è successo? - Guardò torvo Michy. - Non avrai fatto un altro incidente?!
Io e Michele ci fissammo e lui decise di parlare al mio posto. - Non proprio.
- Ve lo racconto quando ci siete tutti. - Dissi amareggiata. Non avevo voglia di ripensare a quello che era accaduto ma mi sembrava giusto renderli partecipi quindi mi aiutarono e raggiunsimo gli altri nel mio appartamento.
- Si può sapere dove siete stati - Urlò esasperata Lia. - Le due piccole pesti hanno pianto tutto il giorno!
- E non sono gli unici. - Commentai ironica il sentendo ancora gli occhi secchi.
Michele mi rivolse un sorriso malinconico.
- Perché non rispondevate al telefono? - Domandò perplessa Ele, sembrava seccata.
- Ero un po' occupato. - Disse ironico Michy.
- Il mio è volato fuori dalla finestra. - Spiegai sarcastica; avevo bisogno di scherzarci su altrimenti sarei scoppiata a piangere ancora.
- Sentite, ci volete dire cos'è successo? - Chiese preoccupato Ricky.
E così facemmo. Ci mettemmo a raccontare tutto il più dettagliatamente possibile in modo tale da non doverlo raccontare in futuro; nonostante il ricordo ancora troppo vivo, questa vita non piansi perché ero al sicuro tra braccia di Michele.
- Oddio Chiara. Non so cosa dire. - Balbettò esterrefatta Lia; non che gli altri lo fossero meno.
- Almeno ne è valsa la pena.
Il volto di tutti mostrò un'espressione scioccata.
- Ne è valsa la pena di essere quasi stuprata da Davide? Scusa ma non ti seguo. - Controbatté Ele.
- Almeno non è più in giro. A Risposi sicura.
Non vedevo l'ora di cambiare discorso e una scusa valida furono i gemelli che iniziarono a piangere. -
Vado io.
Mi diressi nella camera di Criticona, lasciando però uno spiraglio aperto per sentire la conversazione.
- Diciamo che il suo lato materno non l'ha perso affatto. - Commentò amorevolmente Michy; la preoccupazione era ancora fortemente viva nella sua voce.
- Io fossi stata lei, non vorrei più avercene a che fare. - Continuò Lia.
- Tu non vuoi comunque avercene a che fare, amore. - Ironizzò Nico. Era evidente che ne avessero parlato ed era infastidito ma, se la conosceva bene come me e Ele, sapeva che in realtà voleva diventare anche lei madre.
- Invece sì. - Immaginai la faccia di tutti che la fissavano stupita e gongolai soddisfatta della mia intuizione. - Tanto se ne occuperà Chiara.
Mi misi a ridacchiare cercando però di non risvegliare i gemellini. Nonostante avessero un anno e mezzo, mi sembravano molto più grandi edera  inutile dire che erano bellissimi, lo si vedeva solo a guardarli. Tornai di là.
- Scusami perché dovrei occuparmi dei tuoi figli?" Commentai sarcastica.
- Ma ci spii?! - Chiese Riccardo soffocando una risata.
- Beh, se parlate di me si! - Mi sedetti affianco a Michele che mi abbracciò subito; era come se avesse paura che mi succedesse ancora qualcosa.
Effettivamente sembrava che attiravo disgrazie.
A prendere parola fu Nico. - Chiara, sabato c'è la fashion week. Come sei messa?
- Benissimo. - Risposi grata che la conversazione precedente si fosse conclusa. - Ah, grazie di avermelo ricordato. Domani riunione con tutti.
- Ma non è da sabato che organizzi? Domandò stupita Lia.
- Si. - Gongolai.
- Ma era due giorni fa. - Continuò esterrefatta la ragazza.
- Lo so anche io.
- Wow. - Dissero in coro Nico e Michy non sapendo se essere contento o preoccupati.
Rincarai la dose. - E pensare che non vi fidavate di me.
- Prima facci vedere poi ne riparliamo. Controbatté Michele sicuro.
Gli feci la linguaccia e gli tirai una gomitata. - Tanto peggio di te non posso fare.
- Ah si?
E iniziò a farmi il solletico.
- Beh, sono tornati. - Disse Ricky ridacchiando.
- E sono più forti di prima. - Concluse Nico.
- Speriamo. - Sbuffò Elena. - La loro storia è peggio di quella di Beautiful!
Scoppiai a ridere, divertita dai loro commenti. - Ma... EHI!
Una delle cose più belle della nostra amicizia era la sincerità. Da sempre ci raccontavamo tutto, quello che ci accadeva, quello che ci preoccupava, quello che ci divertiva e non avevamo mai peli sulla lingua. La sincerità, le battutine ironiche o persino autoironiche erano punto focale della nostra grande amicizia.
Ormai più che una grande amicizia, la nostra era una, non troppo, piccola famiglia.

(Un)happier than everDove le storie prendono vita. Scoprilo ora