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- Buongiorno Cenerentola.
Mi sistemai tra le coperte senza aprire gli occhi sapendo che, se l'avessi fatto, avrei dovuto tornare alla vita di tutti i giorni e affrontare le mie solite discussioni con Michele.
Quel sogno aveva decisamente un'aria più allettante.
Li, in quel mondo magico, avevamo parlato, avevamo chiarito e ci eravamo dati una seconda possibilità.
Qualcosa mi sfiorò il naso e lo mossi cercando di allontanare quel fastidio.
- Chiara, è ora di alzarsi.
Una voce calda e morbida mi fece destare completamente da quello stato di dormiveglia che non volevo abbandonare.
Aprii lievemente gli occhi e guardai la persona che aveva appena parlato.
D'istinto, gli feci un lieve sorriso incredulo e mi misi comoda tra le sue braccia. Non era stato solo un sogno
- Che ore sono?
- Le diciannove e trenta. - La sua voce era dolce e calma. - Sarà meglio uscire da questa stanza o crederanno che siamo morti.
Mi sorrise. Quanto mi era mancato il suo sorriso? Per non parlare dei suoi occhi, del suo profumo o delle sua braccia quando mi abbracciava prima di dormire.
Annuii lievemente anche se avrei Volturno restare lì per ore. Cercai di alzarmi ma fui stretta ancora di più   dalle sue braccia.
- Bacio. - Sogghignò. - Altrimenti non vai da nessuna parte.
- Offerta allettante.
Rise di gusto, mi diede un veloce bacio a fior di labbra e mi spinse giù dal materasso. Decisamente mi erano mancate anche quelle.
Mi alzai controvoglia dal pavimento e andai nel bagnetto adiacente alla stanza, dove mi sciacquai il viso e mi feci una coda veloce.
Michele era stato decisamente più reattivo di me; era già in piedi, appoggiato alla porta, pronto ad aspettarmi.
Mi sorrise ancora una volta e, dopo avermi dato un veloce bacio sulla guancia, ci dirigemmo fuori dalla stanza pronti per sentire le solite noiose battute dei nostri amici.
Ad iniziare fu Ricky che, non appena ci notò, fece un cenno al resto della comitiva.
- Alla buon ora. Si può sapere cosa avete combinato lì dentro? Chiese malizioso.
Risposi io, sbadigliando e stiracchiandomi. - Mi sono addormentata.
Io e Michele ci andammo a sedere nell'unico spazio libero disponibile.
Lia ed Ele ci studiavano silenziose e si scambiano occhiate eloquenti ma, nonostante ciò, a prendere parola fu Nico che diede voce al pensiero di tutti.
- Meno di sei ore fa vi stavate insultando ed ora vi tenete mano nella mano?
Ovviamente stava alludendo al fatto che Michele, proprio indiscretamente mi aveva presto per mano davanti a tutti, sorridendomi.
In un primo momento mi ero irrigidita perché ci eravamo detti di non correre poi mi ero data una calmata e avevo smesso di assumere l'aspetto di un robot, anche perché mi faceva piacere ricevere quelle attenzioni.
- Problemi? Disse scoccandogli un'occhiata divertita. - Non posso neanche accarezzare la mia ragazza?
Io diventai bordò. Speravo che usasse un po' di tatto per dirlo agli altri e, soprattuto, che non lo raccontasse neanche un paio di ore dopo.
Nella mia testa continuava a torturarmi il pensiero di aver ceduto troppo in fretta; Michele era il tipo di persona che tende ad essere frettoloso, soprattutto nelle relazioni con le altre persone.
Io, al contrario, avevo bisogno dei miei spazi e dei miei tempi per abituarmi alle novità.
Quella dichiarazione era proprio nello stile di Lia, il giorno in cui ci aveva detto che Nicolò le aveva fatto la proposta di matrimonio.
- Alleluia, Chiara e il suo cuore d'acciaio si sono sciolti. - Squittì Ele in un acuto pauroso.
- La data del matrimonio? - Chiese scherzosa Lia, pentendosi immediatamente della sua affermazione.
Era proprio quel tipo di frasi, anche scherzose, che non ero pronta a sentire.
Mi irrigidii e mi staccai all'istante da Michele.
Non lo feci con cattiveria ma era un'azione che, ormai, il mio cervello compiva da se; era diventata una sorta di diversa, uno scudo psicosomatico. Iniziai leggermente a tremare e guardai Michele preoccupata di averlo ferito; lui, al contrario, sembrava solo preoccupato per me.
Mi si avvicinò all'orecchio e mi sussurrò all'orecchio. - Ti va di parlare un attimo di là?
E se, rimanendo soli avremmo litigato di nuovo? E se avessi avuto a che fare con i suoi occhi gelidi.
Mi accadute troppe cose che mi avevano portato a diffidare persino delle persone che amavo; decisi comunque di farmi coraggio e annuii lievemente con la testa.
Fortunatamente, in quel momento, smisi di tremare e ripresi il controllo della situazione.
Lo seguii in cucina dove, silenziosamente, mi abbracciò e iniziò a parlare dolcemente.
- Va tutto bene, okay? Non succederà più una cosa del genere.
Sembrava preoccupato per come stavo; effettivamente non mi aveva mai visto nel pieno di una delle mie crisi è quello che aveva visto poco prima era solo la punta dell'iceberg.
- Mi sento un mostro per quello che ti ho fatto e ti posso garantire che non accadrà più. È una promessa.
Io annuii e mi strinsi ancora di più tra le sue braccia. Non potevo dire di fidarmi ciecamente di lui ma avevo bisogno di crederci. - Lo so, lo so. Scusami.
Lui mi sollevò il volto con le dita. - Chiara, non ti devi scusare di nulla.
Era proprio quello il Michele che mi era mancato, quello che mi aveva aiutato a superare la morte del mio migliore amico e che, nel frattempo, mi aveva insegnato cos'era l'amore.
Restammo abbracciati per un paio di minuti poi, quando fui più tranquilla, tornammo in salotto.
- Vi siete già lasciati? - Chiese scherzosa Elena.
- Ti piacerebbe, eh? - Risposi scherzosa accoccolandomi vicino a Michele che mi sorrise.
- Pensare che Rebecca non avrebbe pagato un centesimo per la vostra coppia e invece... guardatevi! - Lia ci ammirava tutta orgogliosa come se fossimo il suo quadro più riuscito. A volte faticavo a capirla; certo, aveva paura che ne rimanessi scontata ma allo stesso tempo era un fatto non troppo segreto che lei mi volesse lì a Parigi anche per riappacificarmi col mio ex.
Nel sentire nominare Rebecca sbiancai.
Il rapporto con mia sorella si era fatto, se possibile, ancora più complicato.
Le scelte che avevo fatto prima del matrimonio non avevano contribuito affatto a rafforzare i rapporti con la mia famiglia, già tesi da tempo.
- O cielo, stamattina mia sorella mi ha scritto ma mi sono dimenticata di risponderle. - Guardai preoccupata Michele. - Se scopre che stiamo insieme ti ammazzerà.
La faccia del ragazzo si fece allarmata, se possibile ancora di più della mia. Dopotutto conosceva bene mia sorella maggiore ed era consapevole che riusciva sempre ad averla vinta lei.
Mi rivolsi a tutti. - Quando arriverà acqua in bocca su quello che è accaduto oggi.
Tutti annuirono ma non ero propriamente sicura avessero compreso la gravità della situazione.
Ci mettemmo a chiacchiere e, cinque minuti dopo, come previsto, arrivarono mia sorella e il suo ragazzo Joshua, un suo ex compagno delle superiori che aveva rincontrato a New York quando si era trasferita dai nostri genitori.
Perché lei era sempre stata parecchio viziata, me ne ero resa conto crescendo, e non riusciva a vivere senza un reddito di supporto alle spalle.
Io e Michele ci sistemammo in modo da non destare alcun sospetto mentre Ele e il suo pancione si accoccolarono vicino Ricky e così fecero anche Lia e  Nicolò dopo aver aperto la porta.
La prima cosa che mia sorella notò fu Michele, dalla quale si diresse senza salutare e lo prese per il collo.
- Tu... Mi parai davanti e li divisi.
Non era ancora entrata e il suo primo pensiero era quello di fare la paladina della giustizia. A volte proprio non riuscivo a sopportarla e, decisamente, non era il caso di dirle che eravamo tornati insieme.
- Rebecca, basta!
Lei invece di ascoltarmi, mi scansò e si avvicinò pericolosamente a Michy, tenendo il pugno serrato.
- Se le fai qualcosa...
Mi rimisi davanti sperando di farla ragionare. Per quel giorno, il castano era già stato malmenato abbastanza da me.
- Abbiamo già risolto. Sono abbastanza matura e so sistemare i miei problemi da sola. - La fissai, guardandola torva. Ero in grado di risolvere i miei problemi da sola, l'avevo sempre fatto. - Comunque ciao. È bello vederti dopo tre anni, sorella cara.
Lei continuò a guardare in cagnesco Michele ma, almeno, lo liberò dalla morsa e non distolse lo sguardo torvo neanche quando si accomodò.
Michele si avvicinò a me e mi sussurrò all'orecchio un leggero grazie.
- Che hai detto a mia sorella?
Alzai gli occhi al cielo. Mi sembrava di essere circondata da bambini che continuavano a infastidirsi.
- L'ho solo ringraziata. - Rispose lui, difendendosi.
Lei non disse nulla ma distolse mai lo sguardo. Voleva apparire come quella che faceva sempre la cosa giusta, per gli altri; non era decisamente quel tipo di persona.
A prendere parola fu Joshua. - Chiara, tua sorella mi ha parlato così tanto di te.
- Immagino. - Dissi ironica ed entrami arrossirono.
Ero la vergogna della famiglia e conosceva Rebecca. Meno parlava della mia esistenza, più era contenta. Probabilmente gli aveva appena detto che a Parigi ci vivevo anche io e lui si stava inventando una scusa per non fare una brutta figura.
Oppure, anche se dubitavi fortemente, il ragazzo si ricordava di me ma l'ultima volta che era venuto a trovarci io ero ancora alle elementari e non ero certo la loro prima preoccupazione.
- Dovresti venire a vedere la vostra casa a New York. - Disse riferendosi a me e a Michele. - È spettacolare.
- Più bella di quella in Italia? Dubito. - Risposi sicura ma mi morsi subito dopo il labbro. Avevo litigato con Rebecca per quella casa nel momento in cui l'avevo messa a disposizione per fare aste di beneficienza. Non ne vedevo il problema visto che la casa era vuota e le aste erano solo nei fine settimana. 
Michele mi guardò perplesso. - Non l'hai mai vista?
Notai lo sguardo di Rebecca che stava per iniziare a parlare ma la interruppi sul nascere.
- Ne abbiamo hai parlato. - Dissi alludendo al fatto di avermi lasciata senza soldi e chiudendo lì il discorso.
I nostri amici si stavano divertendo a vedere come si stava evolvendo la situazione, era evidente.
A riprendere parola fu nuovamente il ragazzo di mia sorella. - Chiara, hai il ragazzo?
Probabilmente non sapeva della storia tra me e Michele ed ero felice che, per una volta, mia sorella so vergognasse di me così, almeno, non era andata a spifferare gli affari miei a tutti.
- No. - Risposi tranquilla.
Michele mi rivolse un sorriso di supporto ma il problema furono gli altri presenti.
- Si, certo, certo. - Risposero in coro i miei amici pronti a farmi morire di imbarazzo. Menomale che gli avevo chiesto di tenere l'acqua in bocca.
- Allora? - Domandò entusiasta mia sorella.
Decisi di cogliere la palla al balzo, data la sua euforia, e sfruttai il suo entusiasmo.
- E va bene, si. - Sbuffai. Non ero contenta della mia confessione.
- Dopo tre anni era anche ora ti rifacessi una vita. - Lo disse guardando torvo Michele che però rimase impassibile.
- Sai, per me è un po' difficile rispetto a te, Reb. I ragazzi non mi cadono ai piedi come se fossero mele cadute da un albero.
Forse non era la frase giusta da dire davanti a Joshua ma non me ne penti, non in quel momento. I rimorsi arrivarono non appena Rebecca iniziò a farmi il terzo grado.
- Lo conosco?
- Decisamente.
Non volevo dirle, non dopo neanche una giornata, che io e Michele ci stavamo riprovando.
Mi rendevo conto da sola che era una scelta rischiosa.
- Si è trasferito a Parigi?
- Se ci sto insieme.
Elena fece una risatina soffocata ma si bloccò non appena la fulminai con lo sguardo.
- Potevate avere una relazione a distanza. Magari era Martino.
Alzai gli occhi al cielo. - Martino è gay. Ed è l'ex di Gabriele.
- Gabriele è morto e Martino non è niente male.
Avevo voglia di tirarle uno schiaffo. Trattava gli uomini, in quel caso i ragazzi, come se fossero oggetti, soprammobili o accessori.
E, sicuramente, quello che aveva appena detto non era stato carino nemmeno nei miei confronti.
L'imbarazzo, adesso, era palpabile. Prima di riaprire quella sua boccaccia larga, parve pensarci un attimo. Mi stupii di lei. - Lavora nel campo della moda?
L'aveva già capito? Sperai di no, non volevo assistere ad un'altra delle sue scenate.
Andava bene cogliere la palla al balzo ma così velocemente era troppo al balzo.
- Si.
Era stato quasi un sussurro ma lei l'aveva udito io e Michele ci scambiammo un altro sguardo che lei non colse.
- Ho capito, è troppo semplice. Ci sei già stata insieme?
- Si.
Okay, aveva decisamente indovinato, non che fossi stata con molte persone nella mia vita.
- È Davide?

(Un)happier than everOnde histórias criam vida. Descubra agora