- Il y a un certain Michele Lorenzotti? (1)
Prima di partire, avevo fatto un corso veloce di francese, uno di quelli che si fanno quasi per scherzo. Non ero certamente una cima e la mia pronuncia era la definizione della parola imbarazzante ma purtroppo compresi il senso della domanda.
- Bien sûr. - Mi sentivo rossa in viso e deglutì prima di proseguire. - Qui le cherche? (2)
- Je suis sa petite amie. (3)
Mi sentii improvvisamente male; la testa mi girava vorticosamente e mi sembrava di non avere più la terra sotto ai piedi.
- Si accomodi. Lo vado a chiamare immediatamente.
Mi accorsi solo l'attimo successivo che, presa dall'ansia e dalla confusione di quel momento e da un suo guardo confuso, avevo parlato in italiano così, l'istante prima di uscire dalla stanza, ripetei tutto con la migliore pronuncia possibile.
Entrai in cucina con le lacrime agli occhi. Mi sentivo incredibilmente stupida.
- Cenerentola, che hai? Chi era? - Mi chiese proprio lui, avvicinandosi preoccupato.
Speravo di non vivere più quella confusione. Speravo di esserne libera. Prima alla morte di Gabri, poi quando Michele mi aveva chiesto di diventare la sua ragazza ma soprattutto quando mi aveva lasciata davanti ad un'altare vuoto con la consapevolezza che non sarebbe mai arrivato.
Quella sensazione terribile continuava a farsi viva, a mangiarmi dentro. Quella sensazione di etereo, di irrealizzabile, di impossibile.
- È la tua ragazza. - Dissi infuriata spingendolo con foga contro al tavolo quando mi accorsi che mi stava abbracciando. - E non mi chiamare mai più così'
Ancora con quella terribile impressione addosso, con quel freddo gelido misto caldo afoso, con quel bianco accecante misto all'oscurità, me ne andai in camera e mi sedetti tremante sul materasso.
Mi accorsi di aver lasciato socchiusa la porta solo quando udii dei passi poco distante.
Sentivo le lacrime scorrermi lungo il viso ma non volevo star male per lui, non un'altra volta. Mi ero illusa, forse lo ero io, e adesso ne pagavo le conseguenze.
- E così, ti ha portato qui da ubriaco e devo credere che non sia successo nulla? - Disse la ragazza con il suo odioso francese perfetto non preoccupandosi di essere udita.
- È la mia ex.
Mi lasciava sempre stupita con quanta calma Michele affrontasse le liti con gli altri; con tutti tranne con me. Da me fuggiva spaventato.
- Appunto. - Sbraitò. - Ho visto come la guardavi quando se venuto qui e lei è andata in camera.
- Quello con Chiara è un discorso complicato.
Il suo tono continuava ad essere pacato e tranquillo.
Finalmente dopo anni, mi aveva dato l'etichetta che tanto aspettavo di sentire: discorso complicato.
Peccato che per me fosse più un un discorso chiuso.
- Ah ecco, allora va bene. - Disse lei sarcastica.
- Davvero? - Chiese lui. Adesso aveva cambiato tono, era speranzoso. Mi stupiva come proprio non si rendesse conto della situazione assurta. Io bisulcavo la ragazza, per quanto altezzosa fosse e anche se mi aveva squadrato dalla testa ai piedi, restava comunque un'insicura. E Michele è l'ultima persona al mondo dal quale puoi cercare certezze.
- Si. Se scegli me e non le parli più.
Il ragazzo scoppiò a ridere,con un gelo che quasi mi fece venire i brividi. - Stai scherzando, spero. L'ho appena ritrovata.
- Sono seria.
Avrei voluto uscire, pregare di smetterla di litigare a causa mia e chiedergli di fare come se non esistessi ma tutto girava così in fretta che non riuscì a muovermi nemmeno di un millimetro.
Dopo un silenzio che parve durare ore, udii nuovamente la voce calma del mio ex. - Allora in tal caso la porta è quella.
Non poteva farlo, non per me. Non poteva sperare davvero ci fosse ancora una speranza che tra noi potesse funzionare qualcosa.
- Adesso stai scherzando tu, spero.
- Ciao.
Un istante ancora di silenzio poi una porta che sbattè di colpo, così forte che mi fece sussultare.
Sentii i passi di Michele che si avvicinarono alla mia stanza per fermarsi un attimo o lì e poi proseguire nuovamente verso la cucina.
Quella sensazione orribile si stava nuovamente impossessando di me e io non volevo, non potevo, permettere che accadesse così decisi di asciugarmi le lacrime e di raggiungere gli altri.
Mi avvicinai alla cucina ma presa dalla paura mi nascosi dietro la colonna.
- E così l'hai lasciata. - Disse Elena con tono beffardo.
- Ma non era mica la donna della tua vita? -
Chiese sarcastica Lia.
- Si, l'ha detto di tutte le donne dopo Chiara. - Rispose beffardo Nicolò.
- Chiara è Chiara e...
Non appena lo sentii nominarmi decisi di farmi coraggio e di entrare. Dovevo dimostrare, più a me stessa che a loro, che non era cambiato nulla rispetto a quella mattina perché non c'era mai starai niente.
- E Chiara é dietro di te. - Dissi entrando in cucina. Gli andò di traverso il latte e sorrisi con malizia.
Un po' mi temeva e questa cosa mi faceva piacere; decisi di torturalo un po'.
- E così hai detto che tutte le ragazze che hai avuto dopo di me erano le donne della tua vita. - Mi sedetti con il mio latte macchiato in mano senza mai levare il mio sguardo glaciale dal suo viso. - E a quante hai chiesto di diventare tua moglie, di grazia?
- Nessuna.
Adoravo quella nuova sensazione, farlo sentire debole e in imbarazzo, mi faceva sentire potente.
Ora capivo perché, prima di diventare coinquilini, si comportava così.
- Uno a zero per Chiara. - Disse Nico che continuava ad osservarci come si segue una palla in una partita di tennis.
- Le spasimanti dì Michi perdono ancora. - Continuò Lia, sorridendomi con dolcezza. Aveva capito che in realtà, dentro, stavo morendo.
- Adesso voglio sapere tutto. - Disse la biondina con il suo solito sguardo agguerrito.
- Tutto cosa? - Domandai perplessa. C'era qualcos'altro che mi avevano tenuto nascosto?
Il campanello suonò di nuovo così mi diressi nuovamente alla porta quando mi voltai verso Michele. - È un'altra delle tue ragazze?
- No, per me ci sei solo tu. - Disse usando il suo solito tono odioso; sembrava di essere tornati alle superiori anche se, stavolta, era arrossito sull'altare.
- Tanto non ti perdono. Mi hai mollata sull'altare.
- No, il giorno prima.
- Scusa allora.
Ancora sconcertata per quella conversazione assurda, mi ritrovai davanti Riccardo.
- Ciao Ricky. È successo qualcosa?
- No. Ma tu avevi detto che mi dovevi parlare.
Abbassai il volume della voce. - Non è il momento. È in casa. Vieni in cucina.
Notai immediatamente che, non appena si rese conto di cosa volessi discutere, tentò di tornare indietro ma lo agguantai per il braccio e lo spinsi all'interno del salotto e richiusi la porta dietro di noi.
Tornai per la terza in cucina.
- Ragazzi, vi ho portato un ospite.
- Devo esserne geloso? - Chiese Michele.
- Chiese il ragazzo che mi fece aprire la porta alla sua ragazza.
Il tuono era duro ma era giusto così; non volevo che si facesse idee strane.
Ricky, da fuori, mi guardò perplesso e gli feci un cenno come a dirgli che gli avrei spiegato tutto poi.
- Si, gelosissimo di Riccardo. - Rispose, alzando gli occhi al cielo, Elena ad un Michele ancora in attesa.
- E tu come fai a saperlo? -Domandai facendolo accomodare il diretto interessato.
- Io so tutto. - Poi si rivolse al nuovo arrivato con l sua solita gentilezza. - Stammi il più lontano possibile.
Cedetti il mio posto a Riccardo e andai a sedermi tra Elena e Michele, non nascondendo uno sguardo di disgusto per quest'ultimo.
- Mi sono perso qualcosa? - Chiede Nanetto guardando verso me e Michele che si era avvicinato a me e ora mi stingeva la mando.
Il latte mi andò di traverso nel momento stesso in cui il ragazzo mi sfiorò.
E al diavolo i buoni propositi di mostrarmi distaccata...
- Chiara l'ha baciato. Poi è arrivata la tipa di Michele. E niente, ti lascio immaginare. - Disse Lia divertita dalla situazione. Credeva decisamente di essere in uno dei film nei quali recitava.
Nuovamente rossa in viso, decisi di prendere le redini della situazione. - Punto primo: Michele ha baciato me, è diverso.
- Si, ma tu non ti sei certo scansata.
Stava flirtando con me? Seriamente?
- Perché sei sempre così odioso?
La conversazione fu interrotta da Nicoló che gridò - Sono tornati. Dopo tre anni, più forti di prima!entusiasta.
Evidentemente anche lui credeva di essere nello stesso film della sua ragazza.
- L'importante è crederci... - Guardai Michele ironica prima di proseguire. - Punto secondo: Niente di nuovo. Sono arrivata alla porta e una tipa infuriata mi ha chiesto se il suo ragazzo, ovvero lui - Dissi indicando il mio ex. - fosse qui. Fine.
Ricky ci studio in silenzio prima di parlare. - Solo un bacio, sicuri? - Chiese guardando Michele che, in tutta questa storia, era ancora a petto nudo.
- Tranquilla, non l'ha può lasciare. Lei non è incita. - Disse Elena inacidita. - E poi Michele ci ha già pensato il giorno del loro matrimonio.
- Grazie. - Rispondemmo imbarazzati io e Michele.
- Come se non ci fossimo. - Dissi guardandola male.
Era obiettivamente un brutto ricordo per entrambi.
- Prego. È solo la verità.
Alzai gli occhi al cielo; pausavano gli anni ma lei restava il solito elefante in cristalleria.
- Cos'è questa storia di Cenerentola? - Chiese Lia curiosa, interrompendo il silenzio che si era creato.
- Niente di interessante. - Risposi scocciata; il mio tono voleva essere un chiaro avvertimento a non proseguire con quel discorso.
- La sera in cui dovevamo andare a vedere il ristorante dei nostri genitori, Chiara si vestì d'azzurro. Io la presi in giro sul fatto che non sapesse camminare sui tacchi e lei rispose che Cenerentola non aveva ancora imparato.
Arrosai di colpo, imbarazzata per come come avesse ricordato tutto, e decisi di nascondere i miei sentimenti con una delle mie solite battute.
- Caspita, che memora formidabile. - Risposi sarcastica. - Peccato che ti sia dimenticato che il diciotto maggio dovevi presentarti al tuo matrimonio, invece che venire a Parigi.
- Spiritosa. - Disse facendomi una pernacchia. Non ci era rimasto male o, magari, era solo bravo a nasconderlo.
- Michi, cos'hai sulle braccia? - Domandò perplessa Lia. Quando avrebbe imparato a fare meno domande?
Io e lui ci guardammo e rispondemmo di getto insieme. - Niente.
- Si è fatto male, ieri al bar, prendendo dentro al bicchiere che aveva rotto. - Inventai di getto. Non so se l'avevano mai visto ubriaco ma, nelle peggiori delle ipotesi, poteva benissimo essere storia vera tanto era conciato il giorno prima.
- Non si parlano da tre anni, ma hanno ancora i loro segreti. - Disse Nicolò, che non parlò più poiché ucciso da un'occhiataccia di Michele. Era evidente che finalmente glielo avesse detto.
- Grazie. - Mi sillabò Michele e ricambiai con un sorriso veloce.
- Questa cosa dell'esserti fatto male mi ha fatto venire in mente una cosa. Fila in camera a vestirti! - Dissi infuriata. - Ti avevo detto di non dire niente e tu hai fatto tutto l'opposto!
- Vero, - Si alzò e mi ammiccò. - ma non dirmi che non sono una bella visione così.
- Fila! - Urlai con le guance ancora infuocate.
Quando andò in camera, Lia prese parola. - L'hai perdonato quindi?
- No.
- Come no? - Disse Lia.
Se prima non riuscivo a capire la sua posizione, ora era chiaro da che parte stava.
- No. Non l'ho perdonato. - Dissi scandendo sillaba per sillaba.
- Ma ci vorrà poco. - Disse Michele di ritorno dalla mia stanza.
- Già fatto? - Lo guardi torva. - Allora non ci voleva tanto nemmeno prima.
- Ti sono mancato vero? - Mi diede un bacio sulla guancia. - Ora mi hai perdonato?
- No.
Mi sembrava di essere in una gabbia di matti.
- Già. Tu preferisci così. - Si avvicinò e, cogliendomi si sorpresa, mi diede un veloce bacio sulle labbra.
Non poteva comportarsi così; che diavolo gli prendeva?
Avevo voglia di prenderlo a schiaffi. - Vaffan...
- Carini loro. - Disse Lia che tacque immediatamente non appena vide lo sguardo che le rivolsi.
- Non hai niente da fare oggi, Michele? Tipo sparire?
Ero arrabbiata con lui e allo stesso tempo dovevi ammettere che la conversazione mi stava divertendo. C'era qualcosa di malato nella nostra relazione perché c'era qualcosa di malato in lui e la mia sindrome della crocerossina si stava facendo nuovamente viva.
- Di solito il diciannove lo passo con la tipa che ho conosciuto la sera prima e questa volta sei uscita tu.
La sua calma mi infastidiva e mi seduceva allo stesso tempo.
- Che onore...
- Michele ti sta conquistando di nuovo. - Disse Richy. - Niente da aggiungere.
Uccisi con lo sguardo anche lui e decisi di sfruttarlo per uscire da quella situazione.
- Anche tu non hai niente da fare? -Dissi indicando Elena
- Che io sappia, no. Rispose lui beffardo.
- RICCARDO! - Quel ragazzo mi stava facendo impazzire. - Non devi chiede qualcosa a qualcuno?
- No.
Michele mi fece l'occhiolino; era bello quando no tra di noi non c'era bisogno di parlare, mi era mancato. Io mi alzai e andai verso la porta. - Elena, potremmo parlare un attimo?
Lei mi segui senza fare domande e la portai in camera sua. Pochi secondi dopo arrivò Michele con Riccardo che non l'aveva seguito così spontaneamente.
Di corsa, uscimmo entrambi e chiudemmo la porta a chiave.
- Illusi. -Disse lui.
Scambiandoci un sguardo di intesa come, ci accomodammo sul pavimento davanti alla porta, aspettando che iniziassero a litigare.
Sarebbe stata una lunga giornata.

(1): C'è un certo Michele Lorenzotti?
(2): Certo. [...] Chi lo cerca?
(3): Sono la sua ragazza.

(Un)happier than everWhere stories live. Discover now