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- E quando? Nel momento in cui dovevi essere presente all'altare stavi investendo i miei soldi.
- Ancora con questa storia? Ti ho già chiesto scusa. - Rispose lui sbuffando.
Come se delle scuse bastassero. Anzi, erano bastate fino a quando non si era vantato davanti alle nostre famiglie solo per farmi risultare ridicola.
- Certo che sei un po' stronzo con lei. - Disse Mauro, infastidito dal comportamento del figlio.
Angelo custode dell'anno.
Purtroppo intervenne mio padre e il pranzo peggiorò soltanto. - E voi altri invece?
Cercai supporto nello sguardo di Martino che sorrise e capii che dovevo essere forte; in fondo, un giorno era formato solo da ventiquattro ore e quell'incubo, prima o poi, si sarebbe concluso.
- Io lavoro come segretaria al mattino e al pomeriggio sto recitando per un film. - Disse Lia arrossendo.
Ero davvero entusiasta che il suo sogno si stesse avverando e ci fu un apprezzamento generale da tutti, soprattutto da parte dei genitori di Michele che avevano vissuto Nicolò come un secondo figlio e, di conseguenza, si erano affezionati anche a Lia.
- Io sono il giornalista dell'azienda. - Continuò Ricky.
- Ah si, ho sentito parlare di te a New York. - Il volto di mia sorella si volse verso di me. - So che sei in competizione con Davide.
Mi venne un brivido che al tavolo fu notato solo da due persone; allo stesso tempo, però, tutti rimasero in attesa di una mia risposta.
- Ah davvero? - Dissi cercando di mascherare l'agitazione. - Secondo me, non c'è paragone. Richy è più bravo.
Lui mi sorrise con gratitudine, io tornai a fissare il bordo dorato del piatto e la conversazione continuò.
- Il mio lavoro è un po' complicato da spiegare. - Disse Elena accarezzandosi la pancia con amore.
Diceva sempre che non sarebbe stata una brava mamma eppure il suo istinto materno usciva sempre quanto meno se l'aspettava senza neanche accorgersene.
- Critica tutto il possibile immaginabile. - Commentarono in coro i suoi collegi allora presenti provocando l'ilarità delle due famiglie che non si accorsero fossero particolarmente seri.
- La nuova Miranda Presley. - Ironizzò Nicolò.
- Lei fa la modella. - Continuò Michele,  rivolgendosi a proposito della sua ragazza, dopo che ci fu nuovamente silenzio.
- Beh, è proprio una bella ragazza. - Disse mia madre. - Sicuramente più adatta ad un bel ragazzo come te rispetto a Chiara.
I miei amici mi guardarono sconvolti ma io alzai solo gli occhi al cielo, ci ero abituata.
Inoltre stavo sperando con tutta me stessa che non mi notassero e che non mi facessero domande.
- Martino? - Chiese con gentilezza il padre di Michele che aveva notato il mio sguardo.
- Ho iniziato il master in psicologia.
All'inizio lui non voleva farlo perché credeva di non essere la persona giusta ma io ero riuscita a spronarlo; il suo intento era quello di aiutare le persone che avevano avuto difficoltà, come lui, e io lo trovavo davvero un gesto nobile.
- E tu Chiara? - Domandò mio padre che era stato decisamente troppo in silenzio; erano trascorsi troppi secondi dall'ultima figura imbarazzante nei miei confronti.
- Beh, ecco. - Presi un respiro molto profondo e smisi di mordicchiarmi il labbro che aveva ripreso a sanguinare. - Faccio la barista.
Ero imbarazzata e notai immediatamente l'espressione infastidita sul volto dei miei genitori.
Non che ci fosse nulla di ignobile nel fare la cameriera ma i miei amici facevano tutti lavori decisamente fantastici.
- E? - Chiese mia madre.
- E cosa?
Mi venne una fitta all'altezza dello stomaco e, per un secondo, mi venne voglia di correre a rifugiarmi nella mia stanza. Ma non avevo più sedici anni e dovevo affrontare i miei demoni, seppure erano la mia famiglia.
- Non fai un secondo lavoro come Lia?
- No, faccio la barista a tempo pieno. È l'unica cosa che so fare.
Lo sguardo di Martino, ma anche quello dei miei amici, mi diceva di stare zitta ma adesso ero veramente stufa di essere presa di mira.
- Sai quando ho imparato?
Michele mi strinse un braccio implorandomi di stare zitta ma ormai la miccia era incendiata e la bimba stava per esplodere: non c'era modo di fermarmi.
- Nel momento in cui avrei dovuto frequentare l'università alla quale non ho potuto accedere.
- Non è stata una tua scelta? - Chiese Claudia confusa guadando male il mio coinquilino.
Quante bugie aveva raccontato in quella casa?
Feci un cenno negativo con la testa e risposi alla domanda che sapevo si stava ponendo.
- Tutti i miei risparmi erano stati magicamente investiti in un'azienda della quale non possiedo nulla.
Ci fu un attimo di silenzio e lo sguardo della famiglia Lorenzotti fu gelido nei confronti del figlio ma non quello della mia famiglia, che corse in suo soccorso.
- Sai sorellina? Sei proprio il fallimento della famiglia.
- Grazie. - Dissi mostrando il mio sorriso più falso.
Se non avevo mai avuto un crollo emotivo, allora lo stavo per avere.
- Altre novità? - Chiese incuriosito mio padre.
- Ancora?! - Purtroppo per i presenti, non mi ero ancora calmata. - Non ti è bastato prendermi di mira e inalzare il principino? Dobbiamo andare avanti?
Sentii un leggero calcio da parte di Martino e mi resi conto che, forse, avevo un tantino esagerato.
Michele si alzò in piedi e notai, per un secondo, uno sguardo colpevole, quasi supplichevole, una specie di richiesta di perdono.
Ma fu, per l'appunto, solo un secolo.
- Beh, io dovrei chiedere una cosa ad una persona. - Si inginocchiò.
Era ufficialmente il giorno più brutto della mia vita ed era riuscito a superare, di molto anche, il giorno del mio matrimonio.
- Genevieve Simon, tu veux m'épouser?
Mi rivolsi sotto voce a Riccardo con il fiato corto.
- Ti prego, non dirmi che significa quello che penso che significhi.
Tutti i miei amici mi rivolsero uno sguardo sconvolto; sapevano tutti dei miei sentimenti nei confronti di Michele e non erano sicuri che questa volta sarei riuscita a superarlo.
- Allora non te lo dirò.
- Oui, oui, oui.
Ogni si era stato come una pugnalata al cuore.
D'improvviso, stavo provando nuovamente quella sensazione di vuoto e ovattato che aveva sempre caratterizzato i miei momenti bui.
A destarmi da quel luogo tanto odiato quanto irreale fu la voce di mia sorella.
- Un brindisi ai nuovi fidanzai!
Lo sguardo sul suo volto era di contentezza; era felice di avere ragione e non le importava che ci fossi rimasta male.
- Michele, ho una domanda da porti. - Dissi garbata, mordendomi subito dopo la lingua quando mi resi conto che la mia lingua era stata più veloce della mia mente.
- Certo. Dimmi.
Ormai era troppo tardi per tirarmi indietro.
- Questa volta dove scapperai? In Giappone? Dovrai aprire una succursale anche lì.
Lui mi guardò male ma tutti risero e per un momento sperai che questa battuta fosse dimenticata immediatamente.
Tutti risero tranne i miei genitori e mia sorella, ovviamente. Mai ferire Michele.
- E tu riuscirai a trovarti un ragazzo? -
Rispose tagliente.
Era di nuovo calato il silenzio e questa volta dovetti abbassare il volto per essere sicura che la pugnalata non fosse vera.
- Se sono tutti come te, evito.
Iniziai a vedere tutti bianco e sapevo cosa mi stava per accadere così mi alzai.
- Chiedo scusa.
Non appena vidi che anche Martino si stava per alzare gli feci cenno di fermarsi e me ne andai nella mia stanza.

(Un)happier than everHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin