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La mattina seguente mi svegliai con una voglia di spaccare il mondo.
Questa mia energia che probabilmente era solo rabbia della sera precedente, si era trasformata in una specie di bisogno di rivalsa che probabilmente non avevo mai avuto nella mia vita.
Decisi di fare con calma, dopo tutto ero ancora frastornata.
Mi stiracchiati con calma sul mio giaciglio di fortuna dopodiché recuperai gli occhiali e fu in quel momento che lo notai: tutte le mie cose erano ribaltate, come se un uragano fosse passato nella mia stanza.
Ma non era stato nessun tipo di cataclisma; avevo avuto una crisi isterica, probabilmente mentre dormivo perché non ne avevo memoria.
Michele non mi faceva bene, e quella ne era la riprova, ma avevo promesso a Elena che ci sarei stata e non mi sarei tirata indietro.
Recuperai il cellulare dove trovai il messaggio della sera precedente così decisi di chiamarlo; tecnicamente quel giorno non aveva lezione.
Dopo un paio di squilli, una voce impastata mi rispose.
- Ecco la mia parigina preferita. Come va?
Avevo ancora la mente carica di pensieri e la bocca impastata.
- Giorno anche a te.
Dall'altro lato del telefono ci fu un attimo di silenzio. - Che è successo?
Decisi di aggiornarlo su tutti gli avvenimenti; ero convinta che parlarne mi avrebbe aiutato. Quando conclusi, prese parola.
- Quindi non ti terrò un posto letto in casa?
- No, sei finalmente libero di invitare tutti i ripagassi che vuoi.
- Finalmente!
La conversazione si concluse una mezz'ora dopo e, dopo essermi nuovamente stiracchiata, mi alzai e andai a fare colazione.
Decisi di ascoltare un po' di musica, che nel silenzio assordante della casa, rimbombò per tutta la casa.
Elena e Amelia erano andate al lavoro così decisi di fare con calma.
Mentre fissavo il mio caffè latte, ripensai a tutte le cose che erano successe nelle ultime ventiquattro ore: Nicolò e Michele erano i proprietari della MN, avevo rinunciato al mio sogno lavorativo perché avrei dovuto stare a stretto contatto con il mio ex, Nicolò e Lia si erano fidanzati ufficialmente, Elena e Riccardo si erano lasciati perché lei era incinta e lui aveva paura di non si sapeva bene cosa.
Infine, ultimo ma non per importanza, ero ancora follemente innamorata del mio ex fidanzato.
Non che a lui importasse particolarmente di me, questo era chiaro ed evidente eppure avrei fatto qualsiasi cosa per farci riavvicinare.
Ancora scossa da questi pensieri fin troppo assurdi, decisi di focalizzarmi su due punti fondamentali: trovare un lavoro che mi avrebbe consentito di pagare l'affitto alle mie amiche e capire cosa terrorizzava tanto Riccardo.
Sistemai la cucina, cosa che non veniva fatta da parecchio tempo visto l'accumulo di piatti nel lavandino che potevano benissimo assomigliare ad una piccola torre Eiffel da quando erano, dopodiché andai in camera e scelsi dei vestiti adatti alla temperatura.
Optai per un maglione grigio largo, dei jeans a vita alta, degli anfibi neri e la mia inseparabile giacca in pelle. Raccolsi i capelli in una treccia e uscii di casa.
Per prima cosa, dovevi occuparmi di trovare un mezzo di trasporto e optai per l'abbonamento della città. Da giorno del mio matrimonio avevo smesso di guidare perché mentalmente non ero ancora del tutto stabile; certo tia stavo meglio ma non avevo alcuna voglia di testare la mia esperienza; non in quel momento.
Mi diressi alla stazione della metro più vicina. Dove sperai che nella cassa automatica ci fosse anche l'italiano ma, con la mia solita fortuna, erano presenti solo il francese, l'inglese e lo spagnolo. Optai per la seconda lingua. Quando la carta fu nelle mie mani mi reputai soddisfatta; se riuscivo a completare tutti gli obbiettivi che mi ero preposta mi sarei sentita quasi invincibile.
Non sapevo se fosse il fatto di avergli urlato in faccia o il fatto di essere a Parigi ma, per la prima volta da tempo, mi sentivo bene.
Salii sulla prima metro diretta verso gli Champs Elysees e, quando arrivai davanti all'MN, mi resi conto che fosse improbabile che Ricky avesse una pausa proprio in quel momento. Avrei evitanti anche volentieri di incontrare per sbaglio Michele quindi decisi che la scelta più saggia fosse quella di cercare un locale in zona dove aspettare il mio amico ma solo dopo aver fatto un giro delle vetrine, dopotutto avevo la giornata letteralmente libera, per la prima volta da anni, e una passeggiata per la via dello shopping non mi avrebbe fatto male.
Non appena conclusi il mio giro, vidi un bar con un insegna italiana proprio di fronte all'ingresso dell'ormai, solo sognata, MN.
Stavo per entrare quando notai un cartello proprio all'ingresso.
Cercasi ragazza madrelingua italiana tra i venti e i venticinque anni, con esperienza.
Tentare non costava nulla e pensai dovessi aver fatto qualcosa di veramente buono nella mia vita precedente.
Entrai e corsi al bancone, con una speranza che non avevo mai avuto prima. Che la mia vita si stesse finalmente raddrizzando?
- Salve. Sono qui per il lavoro.
Un uomo sulla quarantina mi squadrò dalla testa ai piedi poi mi chiese di seguirlo. Nonostante non fosse la scelta più saggia che avessi mai preso, lo assecondai e andammo in una stanza dietro il bancone.
In un attimo, mi fece accomodare su una sedia e lui si mise di fronte a me, dall'altra parte del tavolo.
- Lei si chiama?
- Chiara Bianchi.
Non sembrava cattivo, anzi tutt'altro, ma la sua presenza incuteva un certo timore
- Ha con lei un curriculum? -Domandò quasi disinteressato; mi stava studiando come se mi conoscesse, cosa che non poteva essere affatto possibile.
Annuii e presi dalla borsa la cartelletta contenente il fascicolo, dopodiché glielo consegnai.
- Bene, signorina Bianchi. Ha esperienza in questo campo? - Mi domandò abbastanza incurante del foglio davanti a se. Più che all'esperienza lavorativa, pareva interessato a me come persona. Provavo a ricordarmi se l'avessi già visto da qualche parte. 
Prima che potessi rispondere, riprese parola.
- Mi scusi, non mi sono presentato. - Disse porgendomi la mano che strinsi in segno di cortesia nonostante la cosa mi provoco dei brividi. Aveva ragione Martino, il trauma era sempre lì, a farsi beffa di me.
- Mi chiamo Tiziano e sono il proprietario del locale. - Si risistemò sulla sedia e continuò a parlare. - Allora? Sono tutto orecchi.
- Ho lavorato tre anni in un bar vicino Milano. Sono madrelingua italiana e parla abbastanza fluentemente inglese e spagnolo. Non ho problemi per gli orari e sono disposta a fare tutti i turni. E se vuole sono disposta a fare una settimana di prova.
Appena finito di parlare, ripresi fiato. Mi ero informata, sapevo che in alcuni locali volevano proporre alcune fasi di prova prima del contratto ma io volevo questo lavoro, a tutti i costi.
Non tanto per me, ero cosciente che in un modo o nell'altro un'occupazione l'avrei trovata, ma più per dimostrare a Michele che non avevo bisogno del suo stupido lavoro per essere autosufficienze .
- Mi sembra perfetta per questo lavoro.- Mi disse sorridendo.
Era la prima volta che, ad esclusione dei miei amici, non temevo un uomo.
Non mi vergognavo ad ammettere: Michele mi aveva ferita, mi aveva distrutta e da allora temevo un po' gli uomini per paura che fossero tutti come lui.
Presi di nuovo parola. - Se vuole sono disposta ad iniziare anche subito.
In fondo, che avevo meglio da fare?
Questa cosa lo stupì positivamente.
- Beh, direi che il lavoro è suo. Potrebbe iniziare davvero subito? Non è un problema?
- Assolutamente no!
Per la prima volta mi sentii fiera di me, entusiasta di aver raggiunto un obbiettivo, seppur semplice, che mi ero prefissata.
- Bene, la accompagno a prendere la divisa. - Mi sorrise ancora. - E credo le preparerò subito il contratto.
Annuii arrossendo un poco; ero riuscita a ottenere il lavoro.
Mentre ci stavamo dirigendo in un altra stanza mi pose una domanda. - Potrei chiederle un favore?
Il suo tono era cortese e gentile.
- Certamente.
- La supplico, non mi dia del lei. Mi mette in soggezione.
Era assurdo che un uomo che mi conosceva da meno di dieci minuti, che era diventato il mio capo, mi chiedesse una cosa tanto assurda.
Ero al settimo cielo, e probabilmente si notava anche, perché ero riuscita a procurarmi un lavoro in un giorno.
Tiziano chiamò la mia nuova collega, Bianca, e ci presentò.
Rimasi affascinata dalla bellezza della ragazza. Alta, slanciata, capelli rossi e occhi verdi, la vedevo perfetta su una passerella.
Notai immediatamente lo sguardo che quei due si scambiarono, era evidente che ci fosse qualcosa di più oltre ad un semplice rapporto tra colleghi.
- Poiché lavoriamo molto con la MN, utilizziamo una divisa. - Mi spiegò la mia nuova collega mente mi accompagnava allo spogliatoio. - Che taglia porti?
Era gentile e sembrava molto buona; una di quelle persone rare che difficilmente si incontrano in giro al giorno d'oggi. Più la guardavo e più mi ricordava una ninfa dei boschi col tuo incarnato chiaro in contrapposizione ai capelli rossi.
- Una 44.
Lei si girò verso il mio nuovo capo che capí al volo e le rispose all'istante. -Ne abbiamo una. È proprio dietro di te."
Bianca me la passò e rimasi a bocca aperta, a fissare quei capi per qualche minuti.
La divisa era composta da una camicetta con scollo a cuore azzurro e una gonna nera corta; un paio di semplici décolleté nere accompagnavano il tutto, insieme ad un piccolo grembiule bianco.
Li fissai inorridita finché non ingoiai il boccone amaro. - Per caso l'ha disegnato Michele Lorenzotti questo modello?
- Come fai a saperlo? - Mi dominarono in coro Bianca e Tiziano. Data l'espressione erano preoccupati potessi causare dei problemi e in realtà li capivo; sarebbero arrivati di sicuro.
- Quello stronzo! -Mi resi immediatamente conto di quello che avevo detto, mi morsi il labbro e diventai bordò. Come sempre, non ero riuscita a tenere a freno la mia boccaccia.
Loro mi guardarono male così decisi di spigare la situazione delicata in cui mi trovavo. Non volevo perdere il lavoro il primo giorno.
- Siete molto amici?
- Abbastanza, ci conosciamo da anni.
Li fissai preoccupata, stavo facendo la cosa giusta?
- Sapete qualcosa della sua vita prima che arrivasse qui? Vi ha mai detto nulla?
- So, ad esempio, che ha lasciato una ragazza in Italia il giorno del...
La voce gli morì in gola, stavolta ad essere in imbarazzo erano loro.
Incredibile come io fossi stata sempre zitta sui dettagli per evitare di rovinagli la reputazione e di come Michele sbandierassi ai quatto venti il fatto di avermi lasciata all'altare.
Il mio nuovo capo mi fissò.
- Piacere, sono la ex di Michele.
Bianca tentò di sistemare la situazione fallendo miseramente, come tentò di mascherare le sue guance rosse che si notavano incredibilmente sulla pelle di porcellana. - Si, ma ha avuto svariate raga...
La interruppi immediatamente. - No. Sono proprio quella che ha lasciato il giorno del matrimonio.
Poi tornai a fissare la divisa e decisi di spiegare anche la mia reazione. - Quel bozzetto è mio. Alcuni dei miei disegni sono spariti quando se n'è andato.
Perché stavo raccontando tutto questo a degli emeriti sconosciuti? Forse perché stavo cercando di tenermi stretto il lavoro o anche magari perché volevo che per una volta non passassi per la stupida che si era fatta abbindolare del bel ragazzo cattivo.
- Anche tu disegni? - Chiese incuriosita Bianca.
- Si. Ero venuta a Parigi per un colloquio con il proprietario della MN ma quando ho scoperto che era lui ho rinunciato al posto.- Presi un bel respiro e cercai di dimenticarmi tutta la conversazione; odiavo avere Michele nella testa come un pensiero fisso. - Comunque, vado a mettermi la divisa e arrivo. Sono pronta in un attimo! - Dissi con un sorriso raggiante che, per quanto potesse sembrare, non era affatto falso.
Mentre mi drago cambiando, udii che stavano parlando di me ma non negativamente. Probabilmente, grazie alla mia storia, ero riuscita a fare una bella figura. Beh, finalmente qualcosa di cui essere grata a Michele.
Appena li raggiunsi, loro erano già tornati al posto e Bianca stava servendo un cliente.
- Prontissima. - Dissi entusiasta.
Il bar era diviso in due: da una parte era una specie di Starbucks, ma con vero caffè all'italiana, dall'altro era un vero e proprio pub. Adorai all'istante il locale; le decorazioni un po' vintage, mi facevano sentire a casa più di tutti i locali nei quali avevo lavorato a Milano.
A prendere parola fu proprio Tiziano. - Pensavo di farti portare i caffè al personale della MN ma non mi...
Lo bloccai subito. - Si figuri. Lo faccio senza problemi. E poi, pensi che soddisfazione andare da Michele e fargli vedere il mio, ehm suo, modello.
Mi morsi nuovamente la lingua; dovevo davvero imparare a controllarmi.
- Se per te non è un problema, allora okay. Bianca li sta preparando. - Si avviò verso la mia collega ed io lo seguii in silenzio ancora rossa in viso. - Comunque, davvero, dammi del tu. Mi fa sentire vecchio il lei.
- Oh, si certo, mi scusi. Ehm, scusa.
Bianca mi consegnò i caffè e notai che erano cinque. Sapevo perfettamente di chi erano. Stava per iniziare a spiegarmi ma le sorrisi e presi parola al suo posto.
- Espresso per Riccardo ed Elena, un Cappuccioc normale per Nicolò, uno decaffeinato per Amelia e un caffè macchiato freddo per Michele. - Dissi indicando di volta in volta la bevanda citata.
Avevo passato veramente tanto tempo con loro prima che Michele se andasse, tre anni prima, perciò i loro gusti non mi erano affatto nuovi.
La mia nuova collega si rivolse a Tiziano. - Tu non hai assunto una ragazza ma una maga.
Scoppiammo a ridere.
- Okay, volo.
Mi sarebbe piaciuto dire che tutto andò per il verso giusto ma si trattava della mia vita e niente andava mai come prestito.
Misi piede nell'azienda, pronta per fare la mia figura.

(Un)happier than everWhere stories live. Discover now