Capitolo 3

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C'è un meraviglioso profumo nell'aria, un'intensa e avvolgente fragranza di fiori che proviene dalle innumerevoli aiuole che rendono incantevole questo parco. D'istinto, non posso fare a meno di sorridere alla vista di un paio di bambini che si rincorrono ridendo, urlando e godendosi i timidi raggi del sole che rendono l'aria di inizio novembre leggermente più calda.

La mia testa viene attraversata da un sacco di ricordi che ritraggono i pomeriggi trascorsi insieme ai miei fratelli nella vecchia fattoria di papà, e un senso di nostalgia mi assale con prepotenza.

Quanto mi mancano!

Quando ho preso la decisione di partire, Andrew, mio fratello maggiore, per un po' ha smesso di parlarmi, rifugiandosi in un silenzio autoimposto, giacché era fermamente convinto che questo mi avrebbe fatto riflettere sull'errore che, a suo dire, si sarebbe rivelata questa scelta.

Dal suo punto di vista, New York è la città dei peccati. New York, per lui, è quel tipo di posto in grado di farti perdere ogni inibizione, per poi trasformarti in qualcosa di cui nemmeno tu stesso ne andresti fiero.

E per un po' mi sono chiesta se ci fosse un fondo di verità nelle sue parole. Questo dubbio mi è sorto spontaneamente, perché lui ci è stato ma è riuscito a resistere al caos di questa grande metropoli soltanto per due miseri mesi. E allora, io che sono abituata a fidarmi di ogni parola che mi viene detta, ho avuto un po' di paura di perdere me stessa e trasformarmi in una Whitney che avrei fatto fatica a riconoscere.

Eppure, a distanza di mesi, mi sento sempre la stessa: un po' impacciata e fin troppo timida; ancora straordinariamente fiduciosa nella sorte che qualcuno, lassù, mi ha riservato; desiderosa di costruirmi una vita in cui io possa essere sempre l'artefice della mia felicità.

New York non mi ha cambiata. New York mi ha soltanto fatto vedere che sono in grado di cavarmela anche fuori dal mio soffocante nido.

Scuotendo la testa, provo a scacciare via questi pensieri e mi incammino lentamente in un sentiero erboso che conduce ad un ponticello ad arco sopra un laghetto pieno di anatre. Sapendo di trovarle qui, mi sono munita di piccoli pezzetti di pane portati da casa, che poi inizio a sbriciolare distrattamente.

Ripensare alla mia famiglia, ai miei genitori e ai miei fratelli mi provoca sempre una sorta di vuoto dentro, una sensazione che mi impedisce di sentirmi completa. Ma come sempre, prima di lasciarmi in balia della disperazione, ripenso al motivo che mi ha convinta ad allontanarmi da loro: tendevano a pensare che avrebbero potuto prendere le decisioni al mio posto all'infinito. Ma io ho deciso che non avrei trascorso la vita nell'intento di adeguarmi ad un qualcosa che io non ho mai desiderato per me stessa.

Fare la casalinga per il resto della vita ha sempre rappresentato un vero e proprio contrasto con quelli che sono i miei sogni!

Io voglio viaggiare, scoprire nuovi luoghi e incontrare le persone giuste, quelle che mi aiuteranno ad uscire dal guscio. Per il mondo normale questa non è uno strano desiderio, ma per la mia famiglia conservatrice è sempre stato un grosso problema.

Ricordo ancora come, da bambina, sono stata punita per essere scappata di casa. Rammento che quel giorno erano arrivati dei turisti da lontano e tenevano in mano oggetti che non avevo mai visto, un sacco di cose la cui esistenza, fino a quel momento, io ignoravo completamente. Così, quello stesso giorno sono scappata per raggiungerli, nonostante non avessi la più pallida idea di dove avrei potuto trovarli nuovamente.

Inutile precisare che mi sono persa quasi subito. Ricordo anche di essere scoppiata a piangere rumorosamente e a strillare in cerca di aiuto, sperando che mia madre potesse sbucare da qualche parte, come per magia, per poi riportarmi a casa. Per fortuna però, un ragazzino della mia stessa età mi è venuto in contro, per poi mostrarmi la strada di ritorno al villaggio, dove mi sono resa immediatamente conto di aver fatto una sciocchezza, senza preoccuparmi di quanto sarebbero stati preoccupati tutti. Difatti, al nostro arrivo, la prima persona che ho visto è stata mia madre, che è subito corsa nella mia direzione, stringendo tra le mani i lembo del suo vestito nero. Mio padre, invece, ha mantenuto un'aria relativamente calma, anche se poi, dalle varie sberle che mi ha tirato sulla nuca, ho capito di essere riuscita a far innervosire persino lui.

Il cielo nei tuoi occhi d'ebanoWhere stories live. Discover now