Capitolo 51- Justin

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"Lo stai dicendo solo perché vuoi farmela pagare." Ribatto stupidamente, continuando a lanciare occhiate nella direzione del retro.
"Vorrei fosse così." Risponde Hana alle mie accuse, dopo l'ennesimo sospiro. "Siediti e ne parleremo."

Mentre faccio come mi è stato detto, il mio cervello cerca di girare e rigirare le sue parole come mai prima di allora. In qualche modo, non riesco ad accettare quanto sentito. Mi risulta infinitamente più facile convincermi che voglia parlarmi di quanto ciò sia un'enorme presa in giro, architettata solo per domare il coglione che c'è in me e che, ogni tanto,non può fare a meno di fare capolino e rovinare tutto. Deve essere così.

Poi Whitney ci raggiungerà e metterà fine allo strazio, guardando la sua amica con quell'espressione che dovrebbe essere di rimprovero ma che non riesce mai a nascondere la sua aria adorabile. È troppo buona per sembrare astiosa.

"Vedi, Justin." Riprende Hana, poggiando delicatamente una tazza di caffè di fronte a me. "Tu eri l'unica persona che probabilmente sarebbe riuscita a convincere Whitney a non seppellirsi in quella comunità. Ma hai gettato la spugna troppo presto."
"È tutta colpa mia, Hana?" Ribatto in maniera un po' troppo brusca. "È tutto ciò che riesci a dire?"
"Perché è così." Ribatte la ragazza, senza batter ciglio. "Credimi, non è mia intenzione inveire contro di te. In fondo, posso capire cosa senti adesso. Non dimenticarti che Whitney è la mia più cara amica. Mi è stata accanto anche quando la mia stessa famiglia mi ha chiuso la porta in faccia."

Improvvisamente, Hana sembra gettar via quella sua maschera di indifferenza e assume un'espressione a metà tra l'essere tormentata e rassegnata.
"Non puoi capire cosa vuol dire nascere in una famiglia con una mentalità chiusa e aspirare ad un futuro che non rientra nella loro visione." Sputa fuori, per poi alzare la mano tacitamente e fermarmi dal dire qualcosa. "Whitney invece, nonostante il suo trascorso nella comunità, mi ha saputo capire e supportare nei momenti giusti. Più che un'amica, è stata una sorella. E proprio per questo anche io ho supportato la sua decisione di tornare nella comunità, promettendole che sarò sempre qui, pronta ad aiutarla a riprendersi il suo posto quando capirà che quel luogo sperduto non è più casa sua. Casa sua è qui con me e te, dove può essere se stessa sempre. Ma ci vorrà un po' prima che sia pronta a pensare un po' di più a se stessa e meno agli altri. Potrebbe essere questione di mesi... o anni."

Dopo il suo fiume di parole, mi prendo stancamente la testa fra le mani, lanciandomi totalmente in balia della disperazione. Sono talmente bravo a dire addio a tutto ciò che amo che mi è sembrato più naturale rendere questo addio meno doloroso piuttosto che imboccarmi le maniche e far sì che non diventasse mai realtà.
E' più forte di me, perché non sono abituato a combattere. Semplicemente mi arrendo quando intravedo il primo ostacolo all'orizzonte, senza chiedermi se non sia invece il caso di sputare un po' di sangue per superarlo e lasciarmelo dietro.

A volte questo mi salva dal sprecare tempo inutilmente dietro a persone nocive. Altre volte invece, come in questo caso, mi porta a perdere l'unica persona che io sia mai riuscito ad associare alla parola "amore".

"Comunque, devo ridarti qualcosa." Asserisce Hana, interrompendo il silenzio calato tra di noi.
Con gli occhi in fiamme per lo sforzo di non lasciare che il groppo formatosi in gola si trasformi in un fiume di lacrime, la seguo con lo sguardo mentre lentamente si alza dalla sedia e ritorna nel retro del locale, per poi ricomparire dopo pochi secondi con un'espressione un po' più serena e un piccolo sorriso impresso sulle labbra.

"Dovresti tenerlo tu." Inizia Hana, allungando la mano nella mia direzione in modo che io possa notare quello che identifico immediatamente come la prova che devo lasciar tramontare lentamente ogni speranza di risolvere questo incredibile casino. Hana sta tenendo in mano il telefono che ho regalato a Whitney e che di fatto poteva essere l'unica cosa che mi avrebbe permesso di arrivare nuovamente a lei.

"Sai che rispetta troppo la sua comunità per portarsi dietro cose come il telefono e qualunque altra cosa che loro considererebbero un aggeggio del diavolo." Asserisce ancora Hana, indovinando quale sia la direzione presa dai miei pensieri. "Se ti fa sentire meglio, sappi che ha preso con sé le polaroid che hai scattato al vostro secondo appuntamento- segno che non vuole tagliare completamente i ponti con la vita che si è creata qui."

Ascoltando solo parzialmente il vano tentativo di Hana di farmi sentire meno miserabile, prendo il telefono e ripasso velocemente con lo sguardo alcune delle foto presenti nella sua galleria... foto di noi due, spensierati e divertiti e soprattutto felici di essere insieme.

"Non è giusto." Replico semplicemente, senza curarmi della possibilità che Hana non capisca veramente i miei pensieri, che al momento sono semplicemente ingarbugliati.
"Lo so, Justin." Replica Hana all'istante. "La vostra storia meritava decisamente un epilogo diverso. Anzi, riformulo, non ci sarebbe dovuto essere un epilogo."

Dopo aver annuito brevemente con un cenno della testa in modo da esprimere tacitamente che il suo sia un pensiero che condivido, mi alzo a malavoglia dalla sedia, decidendo che sia arrivato il momento di rifugiarmi da qualche parte e starmene da solo a leccarmi le ferite. Dentro di me sento di essere sull'orlo di uno di quei crolli emotivi che mi lascerà completamente a corto di forze. E non voglio che ci siano spettatori intorno a me.

"Tu starai bene?" Chiedo ad Hana, prima di calarmi il cappuccio della felpa nera, che indosso sotto il mio immancabile giacchetto di pelle, sugli occhi, in modo da assicurarmi che nessuno abbia una visuale del mio volto ridotto ormai in una maschera fatta di delusione e amarezza.
"Ci proverò." Risponde Hana in un tono che lascia trasparire tutt'altro che convinzione. "Vienimi a trovare qualche volta."

Ancora una volta, annuisco solo grazie ad un cenno della testa, troppo insicuro di quello che potrebbe uscire dalla mia bocca se provassi a proferire parola. Dopodiché, l'attiro in un veloce abbraccio che prende di sorpresa lei e fa venire l'amaro in bocca a me.

In qualche modo, mi sento come se avessi appena chiuso un capitolo. Il più bel capitolo della mia vita. E mi spaventa parecchio il pensiero di doverne iniziare uno da solo, senza una Whitney che possa renderlo più luminoso.

Ma una volta ritrovatomi di nuovo sui marciapiedi costantemente affollati, la mia voglia di ritornare nella solitudine del mio appartamento inizia a scemare. E quando affondo le mani nelle tasche del giacchetto e trovo un paio di cuffie, improvvisamente sento l'incessante bisogno di vagare un po' per le strade di New York ascoltando la playlist di Whitney, che io stesso ho creato.

Camminando a testa bassa e col cappuccio che mi copre letteralmente metà viso e ascoltando le note di "Too good at goodbyes" di Sam Smith (che, in qualche bizzarro modo, sembrano raccontare perfettamente la mia essenza), riesco a mettere da parte per un momento il mio mio enorme ego e pensare unicamente a quanto per Whitney deve essere difficile ritornare in quella realtà che, ne sono fermamente convinto, non le appartiene più.

In cuor mio mi auguro che tale ritorno non si aggiunga alla sofferenza già enorme provocata dalla morte di sua madre.
Mi si spezza il cuore al pensiero di non poter essere io a cercare di alleviare un po' il suo dolore, ma allo stesso tempo spero che la sua famiglia sappia apprezzare il suo essere talmente buono da sacrificare la sua felicità pur di stare accanto a loro in un momento così difficile.

E mi auguro che un giorno possa riacquistare un minimo di felicità, anche se non sarà minimante collegato a me e alla nostra storia.

Con il cuore che si frantuma in mille pezzi, mi auguro che non si svegli mai con la mancanza di quello che ha lasciato qua e che possa concentrarsi unicamente sul presente. Perché fa male mettere una fine ad un qualcosa che sarebbe potuto durare per sempre, ma fa ancora più male pensare che la sua anima sarà in pena ogni santo giorno in quel luogo che non dà alcuno spazio al suo spirito libero.

N.a.
Dunque, qualcuna di voi non credeva che Whitney fosse veramente tornata nella sua comunità...ma credo che questo capitolo abbia tolto ogni dubbio 😂. Nonostante ciò, vi invito a non fare alcuna ipotesi sul finale della storia. Chi ha letto almeno un'altra delle mie storie, sa bene che se mi propongo di essere imprevedibile, più delle volte ci riesco (non per mettervi l'ansia ❤️).
P.s: Dopo aver letto il capitolo,  vi consiglio di ascoltare la canzone menzionata...

Il cielo nei tuoi occhi d'ebanoWhere stories live. Discover now