Capitolo 43- Justin

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Per l'ennesima volta nel giro di qualche secondo, cerco di spiegare a Clarice, gesticolando come un pazzo, che ho intenzione di uscire da questo caos per rifugiarmi fuori, in un angolino nascosto e relativamente silenzioso, e godermi qualche sigaretta in santa pace. Naturalmente Clarice presta attenzione soltanto a metà dei miei segnali e si offre di accompagnarmi con una certa determinazione (e, a dire il vero, anche piuttosto fastidiosa).
Al che io mi alzo dal divanetto e me ne vado come una furia, senza degnare nessuno nemmeno di uno sguardo, per poi addentrarmi nel marasma di persone che si muovono a ritmo di una canzone house formando una massa informe da cui, per un momento, ho quasi l'impressione che non riuscirò mai ad uscirne.

Per fortuna, le mie paure si rilevano infondate e presto mi ritrovo fuori dal rumorosissimo locale- circondato dal buio e tormentato da una una strana sensazione che mi risulta impossibile da scacciare via.

Ma come mi è saltato in testa di dare corda al bisogno costante di Clarice di trovarsi nel centro dell'attenzione, a discapito da ciò che potrebbe pensare Whitney?

Quando Clarice mi ha chiesto di accompagnarla all'apertura del locale più rumoroso dell'anno, non ci ho pensato due volte prima di rifiutare e mettere a tacere ogni piccolo rimorso. Ma lei è stata decisamente brava a risvegliarli uno ad uno, infilando il dito nella piaga col semplice fatto di ricordarmi che sicuramente, una volta tornati a New York, sarei senza dubbio sparito per un paio di settimane e, quindi- per questa ragione, accompagnarla ad un fottutissimo locale sarebbe stato il minimo che avrei potuto fare per ottenere il suo perdono. E come darle torto? Ancor prima di tornare sapevo già che avrei passato le giornate letteralmente incollato a Whitney, senza più curarmi di nessuno. Ed essendone così consapevole, non ho potuto fare altro che arrendermi, chiedendomi segretamente come avrei fatto a spiegare a Whitney che, invece di passare una serata insieme a lei, dopo essere stato lontano due settimane, me ne sarei andato in un club con la persona che, ora mi rendo conto, meno riesce a tollerare.

Oggi sono andato al Coffee Shop col pensiero che, con o senza una spiegazione plausibile, era assolutamente necessario metterla al corrente. Le bugie non hanno alcuno spazio nel nostro rapporto, nemmeno se sono piccole e innocenti.
Eppure quando è stata lei stessa a spazzare via la possibilità di passare una serata insieme, ho afferrato al volo la giustificazione fornitami da lei, lasciandole credere che io sia semplicemente stanco e che abbia bisogno di riposo.

E forse lo sono davvero. Ma stanco di cercare di tenere insieme due cose totalmente diverse: il rapporto con Whitney, che attualmente mi sembra letteralmente la cosa più bella che io sia riuscito a costruire; l'amicizia con Clarice, che in qualche modo mi impedisce di godermi a pieno quello che mi lega a Whitney. Ne ho fin sopra i capelli di questa situazione.

Alla terza sigaretta arrivo addirittura a decretare che non me ne importa più niente di tutte le obiezioni che le persone sollevano per quanto riguarda le mie scelte, anche se si tratta di persone con cui ho condiviso tutta la mia breve vita. Sono l'unico ad avere voce in capitolo, e in questo preciso istante la voce del mio subconscio mi dice che se fossi stato abbastanza intelligente, invece di sorbirmi le lamentele di Dean e Mason sul fatto che io sia sparito nel nulla, potrei baciare Whinety e riscattarmi per tutte le volte che non ho saputo prendere una posizione nel momento giusto.

Finita la terza sigaretta mi sento più tranquillo, ma ne estraggo un'altra dal pacchetto perché preferisco rovinarmi i polmoni piuttosto che tornare dentro al club. Ed è proprio mentre la accendo con movimenti meccanici che sento delle voci familiari che diventano sempre più vicine.

E' mai possibile che alla prima bugia mai detta da quando la conosco io venga immediatamente colto in flagrante?

La paura di deluderla mi obbliga a restarmene appoggiato al muro, pregando che il buio mi tenga al riparo dai suoi occhi verde-giada. Eppure l'immagine di Caleb che le circonda la vita con un braccio di certo non rende più facile la situazione.
Perché non tiene le sue manacce lontano dal corpo della mia ragazza? Maledetto.

E com'è che proprio lui stia riuscendo a convincerla a lasciarsi andare così tanto?

"Levati." Lo ammonisce Whitney, ma mio malgrado capisco immediatamente che il suo tono sia fin troppo scherzoso perché io possa cantare vittoria.
"Perché le hai dato i tacchi più alti che hai?" Si rivolge Caleb a Hana, allontanandosi di poco da Whitney ma continuando a guardarla come se fosse in procinto di salvarla in qualunque momento.
"Perché è divertente guardarla traballare." Risponde quest'ultima senza giri di parole, aggiustandosi la minigonna coperta di paillettes nere che luccicano sotto la luce di un lampione solitario. Whitney le lancia uno sguardo che, benché io non sia abbastanza vicino da esserne sicuro, immagino sia infuocato e continua a camminare con tutta la dignità che la contraddistingue, stringendosi di più nel suo cappotto nero.

Trattengo il respiro e faccio un salto in avanti quando la vedo perdere l'equilibrio. Ma Caleb la afferra prontamente per i fianchi trattenendo a stento una risata, mentre Hana, invece, non si fa alcun problema e ride delle "disgrazie" della sua amica.
"La prossima volta che mi chiederete di accompagnarvi da qualche parte..." Inizia Whitney, fermandosi lei stessa per rilasciare una risata fragorosa. "Spero sappiate già quale sarà la risposta."

Le mie gambe prendono a camminare nella loro direzione ancor prima di rendermi conto che non sia esattamente il momento più adatto per lasciare che la gelosia prenda il sopravvento sulla ragione. E in men che non si dica, lo sguardo incredulo di Whitney si posa su di me, iniziando a sorridermi e mettendo un po' di benedetta distanza tra lei e Caleb mentre la raggiungo a passo spedito, come se non ci trovasse niente di sbagliato nella mia presenza qui, quando invece dovrei starmene a casa a recuperare un po' di risposo.

"Lui non dovrebbe essere a casa?" Le ricorda Hana, spezzando l'incantesimo. Lo sguardo di Whitney si posa di nuovo su di me e, questa volta, ci vedo solo una buona dose si confusione, facendomi letteralmente odiare quel maledetto lampione che mi impedisce di essere inghiottito di nuovo dal buio.

L'unico pensiero che il mio cervello riesce a formulare in questo lasso ti tempo in cui i sui occhi mi analizzano sotto una luce diversa, è che, se non altro, sono fortunato per il fatto che, grazie a qualche divinità, Clarice non sia nei paraggi. Ma si sa, io e la fortuna in realtà percorriamo sempre due strade completamente diverse, giacché nello stesso istante in cui tiro un respiro di sollievo la voce di Clarice mi raggiunge forte e chiara.

"Justin, cazzo!" Esclama, restandosene vicino all'entrata del club. "Mi avevi promesso che non l'avresti portata qui."
"E così è stato." Si intromette Whitney dopo qualche istante di silenzio. "Non voleva che fossi qui."
"Non è così." Smentisco subito la sua supposizione, ma lei ha già smesso di ascoltarmi.
Appoggiando una mano sulla spalla di Caleb, usa l'altra per togliersi quelle trappole mortali, per poi voltarsi leggermente nella direzione di quel stramaledetto e mimare un "Possiamo andare da un'altra parte?" con le labbra.
Caleb, da grande stronzo quale è, si affretta ad acconsentire con un cenno della testa, seguendo a ruota una Whitney scalza che cammina con la velocità della luce verso la sua Mercedes parcheggiata dall'altro lato della strada.

"Ecco, resta pure in silenzio." Mi lancia Hana, prima di seguirli. "Sei esattamente come tutti gli altri e, grazie al cielo, Whitney sta aprendo gli occhi."
"Sta aprendo gli occhi?" le chiedo imbambolato, avanzando di qualche passo nella sua direzione. Ma Hana mi indica di fermarmi con un vaghissimo segno della mano, per poi girare i tacchi e andarsene. Il mio primo impulso è quello di precipitarmi anche io nella direzione della macchina e magari impedire che Whitney se ne vada senza alcuna spiegazione sensata da parte mia. Eppure mi rendo conto di essere a corto di fiato, pur avendo fatto solo qualche passo. Sto annaspando letteralmente nella disperazione.

"Non capisco cosa stia succedendo." Asserisce Clarice, affiancandomi.
"Questo è il risultato di tutti i tuoi fottuti giochi assurdi." Rispondo semplicemente.

N.a
E' mezzanotte e io sto aggiornando nonostante sia consapevole del fatto che nessuno leggerà il capitolo prima di domani mattina. Non prendetemi per pazza!😂

Il cielo nei tuoi occhi d'ebanoWhere stories live. Discover now