Capitolo 10

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Sono arrivata al Coffee shop soltanto mezz'ora fa, ma ci è voluto circa un nanosecondo per rendermi conto che c'è qualcosa che non va con Hana. Non fa altro che ridere sotto i baffi e lanciarmi interminabili occhiate eloquenti, tipiche di chi la sa lunga. Ma naturalmente, per mantenere vivo il mistero, mi ha già fatto capire di non avere la minima intenzione di spiegarmi perché si sta comportando come se il cappuccino con una doppia dose di panna, che stava ingurgitando avidamente nel preciso istante in cui sono arrivata, le stesse ancora dando alla testa. Lo zucchero e i neuroni di Hana non vanno molto d'accordo.

Dopo vari tentativi di scoprire cosa ci sia dietro al suo comportamento a dir poco bizzarro, finisco per arrendermi e concentrarmi sulla valanga di persone che improvvisamente sembra abbiano un disperato bisogno di quantità industriali di caffè.

Sono ancora un po' stanca e demotivata dopo la lettera mandatami da Samuel. Ho letteralmente passato tutta la notte scorsa a chiedermi che ne sarà dei miei progetti se la salute di mia madre non stesse veramente migliorando e anzi stesse andando sempre di più alla deriva. Certamente non posso starmene qui, a New York, a proseguire indisturbata con la mia vita quando la mia famiglia attraversa un momento difficile. Ma allo stesso tempo so che non mi permetterebbero mai di tornare in Pennsylvania solo il tempo necessario per assicurarmi che tutto stia andando bene, per poi ritornare definitivamente alla mia nuova casa. Conoscendo mio padre, non perderebbe tempo prima di affermare quanto tutto ciò sia irrispettoso nei confronti della comunità che si è sempre presa cura di me. Mia madre, invece, avendo un'indole più permissiva, sarebbe soltanto contenta di rivedermi senza cercare minimamente di mortificarmi.
I miei due fratelli e la mia sorellina, Bethany, cercherebbero di tenere a freno l'entusiasmo in presenza dei miei genitori, ma so che tutti e quattro moriamo dalla voglia di vederci riuniti, seppur temporaneamente.

Vorrei davvero sentire la stesso senso di profonda appartenenza che loro nutrono per quel posto. Sarebbe tutto incredibilmente più facile. E, invece, più il tempo passa e più non riesco ad immaginare un futuro chiusa in quel villaggio sperduto, ad aspettare sempre che qualcosa spezzi la monotonia delle mie giornate.

E, finalmente, mi sto rendendo conto che il momento della scelta si sta avvicinando sempre di più. Non ho più il permesso di cacciare via il pensiero con la scusa che ci sono ancora un sacco di giorni che mi separano da quel fatidico momento. Ma invece di godermi gli ultimi momenti di tranquillità e apprezzare tutta la diversità che scorgo nelle persone il cui sguardo incontro ogni giorno, come ho sempre fatto fino ad allora, continuo a lanciare mille occhiate all'orologio appeso al muro, attendendo impazientemente il momento in cui potrò finalmente rintanarmi nella mia stanza e piangermi addosso per essere da sempre un'eterna indecisa.

Soltanto verso le nove di sera, quando manca un'ora prima che il turno finisca, la mia attenzione viene momentaneamente rapita dall'ingresso di un Justin sorridente e palesemente di buon umore. Dopo aver ricambiato il suo sorriso, lo analizzo un po' più attentamente per scoprire cosa ci sia di diverso in lui oltre all'insolita felicità che spruzza da tutti i pori.
Il suo ciuffo solitamente disordinato che gli conferisce un'aria "dannata", questa volta è ordinatamente tirato all'indietro. È vestito di nero, come al suo solito, ma il suo look composto dai jeans scuri strappati, maglia nera con la scritta "Calvin Klein" sul petto e il giacchetto di pelle, mi da un po' l'impressione che egli abbia accordato più cura del solito nel sceglierlo.
Il risultato? Da togliere il fiato. Tant'è che mi affretto a distogliere lo sguardo, posandolo sulle mie mani che, improvvisamente, mi sembrano davvero interessanti.

"Ciao." Sento dire, e sono costretta ad alzare di nuovo lo sguardo, constatando immediatamente che egli si sia avvicinato al bancone.
"Ciao, come posso aiutarti?" E quasi mi viene da ridere mentre lo sto dicendo, ma questo finché non mi ritorna in mente l'episodio di ieri in cui la sua amica mi ha trattata come de fossi un tappetino. Non so esattamente quale sia la ragione, ma in qualche modo ho provato un po' di astio anche nei suoi confronti. Forse perché si è trovato lì tra due fuochi, senza proferire parola. Naturalmente è stato un sentimento che ha fatto presto a svanire nel nulla. Non mi piace serbare rancore nei confronti delle persone, soprattutto quando non c'è un motivo valido per farlo. Tuttavia, anche solo il ricordo di quella piccola delusione fa affievolire lievemente il mio sorriso.

Il cielo nei tuoi occhi d'ebanoWhere stories live. Discover now