Capitolo 36

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Una volta che mi ritrovo nello spogliatoio al riparo dagli sguardi maligni di Clarice, mi permetto di dare sfogo a tutta la naturale confusione creatasi nella testa dopo questo incontro. Non ho avuto i nervi abbastanza saldi per sentire l'intera registrazione, ma di certo ho sentito abbastanza per afferrare il punto: quella ragazza, di chiunque si tratti, era in procinto di raccontare dettagli su un tête-à-tête con Justin, e non esattamente verbale, se mi spiego.

Non ho la più pallida idea di quanto tutto questo possa essere vero, né tantomeno di quando possa essere successo. Avrei potuto prendermi il tempo di fare queste domande prima di andarmene con la velocità della luce, ma ho percepito il loro stato di divertimento e eccitazione all'idea di vedermi fuori di testa e, per la prima volta in diciannove anni di vita, ho sentito il bisogno di lasciar prevalere il mio orgoglio sulla ragione.

Non se ne parla di chiedere dettagli a due esseri che mi guardano come se fossi un insetto da schiacciare. Per quanto io tenda ad essere un inguaribile ingenua, mi rendo conto che tutto questo potrebbe essere semplicemente una grande bugia e che loro stessero cercando di giocarmi un brutto scherzo.
Ma quale dovrebbe essere la ragione per cui abbiano deciso di prendersi la briga di mentirmi? Questo è un limite che la mia mente non riesce a superare. So per certo, quasi lo sento sulla pelle, che Clarice per qualche assurda ragione prova un odio autentico nei miei confronti...ma, a pensarci bene, lei non ha nemmeno tentato di appoggiare il discorso della sua amica. Anzi, se n'è rimasta lì appollaiata sulla sedia imbottita- circondata dalla sua indifferenza dispregiativa, a guardarmi come se fossi trasparente.

E, allora, è lecito pensare che sia tutto parte di una grande bugia? Non mi sento pronta a puntare il dito contro Justin ma non so nemmeno cos'altro potrei pensare.
Eppure una cosa mi appare subito chiara: se mi facessi toccare troppo da questa scoperta sospesa nell'aria, rischierei di impazzire nel giro di qualche ora. D'altronde, dopo averci pensato soltanto per un paio di minuti mi sento già la testa esplodere per il dolore. Ed è per questo che decido di darmi una mossa e tornare nella sala, pur avendo capito che il mio cambio repentino d'umore renderà alquanto difficile arrivare a fine turno con i nervi intatti.

"Whitney, tutto bene?" Si affretta a chiedermi Hana non appena rimetto piede nella sala. "Cosa ti hanno detto quelle due streghe? Sembrava che tu avessi visto un fantasma, prima di entrare nello spogliatoio."
"Clarice non ha perso tempo di ricordarmi che tra soli tre giorni lei e Justin andranno insieme in vacanza." Mento d'impulso, lanciando uno sguardo nella direzione del tavolo dove qualche minuto fa le due ragazze erano sedute. "Sta iniziando a sembrarmi proprio pessima come idea."
"Questo vuol dire che stai iniziando ad aprire gli occhi." Asserisce Hana, alzando gli occhi al cielo. "Non verrà mai fuori niente di buono se c'è di mezzo quella supponente di Clarice."

Concordando con un cenno della testa, fisso il mio sguardo sull'entrata del Coffee Shop per poi analizzare svogliatamente ogni cliente che fa la sua entrata. Mi sento troppo in colpa per non averle detto la verità. Fatto sta che mi è venuto spontaneo servirle quella bugia su un piatto d'argento, sapendo che basta letteralmente pochissimo perché Hana inizi ad apostrofare Justin in tutti i modi possibili e inimmaginabili. E io non ho nemmeno un pizzico di voglia di sentire come viene fuori tutto lo scetticismo che reprime soltanto grazie all'evidente felicità che provo ogni volta che si parla di Justin.

Un'ora prima della fine del turno, ricevo un messaggio da quest'ultimo, il quale cerca di assicurarsi che io voglia ancora passare il pomeriggio insieme a lui, come stabilito questa mattina. E con la scusa che tutta questa storia del cellulare sia nuova, non rispondo e lascio che egli tiri le proprie somme.
Ma la verità è che per la prima volta in un paio di mesi, ovvero da quella prima volta che l'ho notato seduto in un angolino remoto della sala e completamente immerso nello studio, non muoio dalla voglia di rivederlo. Preferirei di gran lunga andarmene a casa e prendermi un po' di tempo per calmare il mio animo e far scivolare via il dolore sordo che si è impossessato della mia testa.

Naturalmente però, Justin che non ha la più pallida idea di che guerra ci sia nella mia mente, prende il mio silenzio come la dimostrazione della mia abitudine di non usare quel aggeggio malefico e si precipita ad aspettarmi fuori dal Coffee Shop subito allo scattare della fine del turno. Cosa che mi obbliga a lottate, oltretutto, con il naturale impulso di essere sincera con lui e chiedere delle spiegazioni.

"Tutti le mie formidabili spiegazioni sull'uso del telefono sono state vane?" Mi stuzzica, prima di chinarsi leggermente per schioccarmi un bacio sulle labbra.
"L'ha totalmente ignorato per tutto il tempo." Infila il dito nella piaga Hana.
"Va tutto bene?" Prosegue Justin, rendendosi conto che l'unico suono che ho emesso sia una breve risata. "C'è qualcosa che non va?"
"Sono solo un po' stanca." Ribatto prontamente, ignorando lo sguardo eloquente di Hana.
"Oh, in questo caso, forse sarebbe meglio che tu ti riposassi questo pomeriggio. Possiamo vederci domani, no?" Si affretta ad aggiungere con il suo solito fare premuroso e io sto già cantando vittoria nella mia testa. "Vi porto a casa."
"Ma cosa stai facendo?" Mi sussurra Hana nell'orecchio, quando Justin si volta e ci indica la sua macchina parcheggiata poco lontana dal Coffee Shop. "Il fatto che tu sia preoccupata non vuol dire che tu lo debba trattare con freddezza. Sveglia!"
"Ho detto che sono stanca." Ripeto in tono un po' brusco, beccandomi un'occhiataccia incredula.

E persino io ne sono un po' stupita per le mie uscite infelici. Perciò, non appena ci accomodiamo nell'abitacolo, mi affretto ad addolcire la pillola baciando Justin e subendomi passivamente i versi bambineschi di Hana che, ovviamente, non perde occasione per cercare di mettermi in imbarazzo.
Una volta appurato che Justin non sia affatto rimasto deluso dall'improvviso cambio di piani, mi adagio meglio sul sedile e attendo pazientemente di arrivare a casa, mentre Hana canticchia senza alcuna vergogna una canzoncina passata in radio e Justin ridacchia sottovoce per le sue doti (mancanti, intendiamoci) da cantante. Forse dopotutto non ho detto una bugia, mi sento davvero esausta.

"Ci vediamo domani?" Chiedo conferma, una volta che Justin spegne il motore e si volta nella mia direzione.
"Senza dubbio." Mi rassicura, sorridendo per ostentare il suo buonumore. "Riposati e ricordati, per grazia divina, di controllare ogni tanto il telefono."
"Ci proverò." Concordo, prima di schioccargli un altro bacio. Dopodiché, senza assicurarmi che Hana abbia intenzione di seguirmi, poiché lo prendo quasi per scontato, scendo dalla macchina e mi affretto ad avviarmi verso l'entrata dell'edificio. Me ne accorgo soltanto dopo aver salito ben due piani di scale che Hana effettivamente non mi stia seguendo, tuttavia decido di proseguire e aspettare il suo arrivo nel nostro appartamento, comodamente sdraiata sul divano.

"Non se l'è bevuta." Asserisce Hana, non appena mette piede in casa.
"Cosa?" Ribatto, senza capire inizialmente a cosa stia facendo riferimento.
"Justin." Specifica velocemente. "Mi ha chiesto se ci fosse qualcosa che non va e mi ha detto che ti ha vista un po' strana. Ha capito immediatamente che non si tratta di stanchezza."
"Oh." Mi limito a dire, coprendomi il volto con le mani.
"Whitney, capisco perfettamente che non ti piace il pensiero di lasciarlo partire per ben tre settimane insieme a Clarice." Inizia, cercando di attirare la mia attenzione. "Quella ragazza è il diavolo in persona. Ma sai una cosa? Credo che niente di quello che cercherà di dire a Justin riuscirà a fargli cambiare idea."
"Lo so." Concordo, sperando che accantoni questo argomento.
"E allora cos'altro ti turba?" Prosegue indisturbata.
"Non ne ho la più pallida idea, immagino sia soltanto una giornata storta per me." Resto sul vago, continuando a nascondermi il viso con le mani.
"Non me la bevo nemmeno io." Asserisce la mia amica in tono spazientito. Tuttavia lascia finalmente perdere l'argomento, decidendo di darmi un attimo di tregua.

Odio il fatto che il mio umore altalenante stia influenzando sia lei che Justin, ma è più forte di me. Più provo a mettere a tacere i pensieri e più quella voce sconosciuta che racconta attimi intimi diventa più insistente, monopolizzando totalmente tutta la mia testa. La paura che ci possa essere qualcosa di vero mi sta facendo provare una strana sensazione alla bocca dello stomaco, e questo basta per farmi capire che non sarà così facile riprendere a comportarmi come se fossero tutti i miei più acerrimi nemici.

Il cielo nei tuoi occhi d'ebanoOù les histoires vivent. Découvrez maintenant