Capitolo 8- Justin

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"Ma che cazzo ti è preso?" Sbotto, ancor prima di avere il tempo di calibrare le mie parole. Solitamente evito di essere verbalmente aggressivo nei confronti di Clarice, ma il modo in cui ha trattato Whitney mi sta facendo perdere le staffe. Odio quando tira fuori la sua aria di sufficienza e odio, soprattutto, il fatto che l'abbia fatto proprio con Whitney.

"Di cosa stai parlando?" Mi chiede, sbandierando un'espressione di finta confusione. Tipico di Clarice. Non ammetterebbe nemmeno sotto tortura che, molte volte, tende ad avere un atteggiamento incredibilmente sbagliato nei confronti delle persone intorno a sé.
"Perché le hai parlato in quel modo?" Proseguo imperterrito, aprendo lo sportello, per poi aspettare che la mia amica, a volte fin troppo snob (nel vero senso della parola), decida di salire al posto del passeggero. Sono un po' infastidito per la scena a cui ho assistito poco fa, forse in parte anche per non aver avuto la prontezza di proferire parola, ma di certo questo non mi farà perdere le buone maniere. Anche se, nel chiudere lo sportello, ci metto un po' troppa forza, beccandomi uno sguardo contrariato dalla parte di Clarice.

"Vuoi rilassarti? È solo una cameriera, chi se ne frega di ciò che pensa." Continua ad infilare il dito nella piaga, analizzandosi la manicure con fare annoiato.
"Clarice, cazzo!" Impreco ancora, tirando un colpo al volante. "Sei insopportabile quando ti comporti da Ape Regina."
"Forse ti scordi che fino a poco tempo fa anche tu trattavi di merda la maggior parte delle persone che ti capitavano davanti." Mi ricorda in tono pungente, per poi alzare la testa di scatto e lanciarmi uno sguardo mortificato. "Non è ciò che volevo dire veramente."

Scuotendo la testa con fare rassegnato, mi limito a mettere in moto e ad immettermi nel traffico, lasciando che nell'abitacolo cali un silenzio teso. Dentro di me so che le sue parole, benché buttate fuori col preciso intento di difendersi, abbiano un che di vero.
Dio solo sa quante persone si sono trovate sotto il mio mirino, quando ancora giocavo a fare l'invincibile. Credo di aver ferito e urtato la sensibilità di un sacco di gente, pur sentendo sulle spalle il peso della consapevolezza di quanto ciò fosse sbagliato. Eppure, eccomi qui a scandalizzarmi per il tono troppo saccente che Clarice ha utilizzato con Whitney, nonostante io conservi ancora il ricordo di tutte le cattiverie che sono uscite dalla mia bocca nei confronti di persone che, così come lei, non si meritavano affatto tutta la mia attenzione negativa.

Deve essere una sorta di ironia del destino il fatto che io ora mi stia tormentando per non essere intervenuto in qualcosa che, forse, Whitney se l'è fatto scivolare addosso. O forse ci ha pensato per un paio di minuti, per poi accantonare l'accaduto in un angolino remoto del cervello.
Non posso sapere cosa stia succedendo nella sua testa, perché mi sono lasciato trascinare fuori da Clarice ancor prima di rendermi conto di quanto fossi infastidito del suo comportamento.

"Davvero Justin, non volevo..." Tenta ancora quest'ultima, dopo qualche istante di silenzio.
"Risparmia il fiato." Taglio corto, sapendo fin troppo bene che, in realtà, lei stia credendo fedelmente ad ogni singola parola proferita. L'unico motivo per cui sta cercando di riparare al danno fatto è perché in fondo lo sa, forse meglio di chiunque altro, che nessuno punterà il dito contro di me più di quanto io stesso lo stia già facendo.

Ad ogni modo, dopo un altro paio di minuti passati a cercare di indovinare cosa Whitney stia pensando in questo preciso istante di me, capisco finalmente quanto sia inutile continuare a rimuginarci sopra. E quando ciò avviene, guido i miei pensieri in altre direzioni meno sconosciute, cercando disperatamente di recuperare un po' di buon umore, giacché questa sera me ne servirà a fiumi.

I miei genitori stanno organizzando una di quelle festicciole pensate per riunire la crème de la société, durante la quale tutti gli invitati si sforzeranno affinché facciano capire quanto sia perfetta la loro vita, esibendo i propri successi e i propri figli come se fossero dei cavalli di razza. E solitamente non rappresenta un gran problema parteciparvi, giacché le conversazioni spesso sfociano e si incentrano sul lavoro e io ho sempre nutrito un certo piacere nel sentir parlare i veri pilastri di alcune delle imprese più potenti dello stato. In un certo senso, ha sempre rappresentato uno dei modi migliori e più efficaci per avvicinarmi al mondo di mio padre. Ma è già un po' che non mi presento a questo tipo di feste e sono davvero ansioso di scoprire cosa i miei genitori si siano inventati per giustificare la mia assenza.

Il cielo nei tuoi occhi d'ebanoWhere stories live. Discover now