Capitolo 38- Justin

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Whitney sembra seriamente in difficoltà, tant'è che si prende un paio di secondi per riflettere sulla risposta da dare. E io, dal canto mio, sono tentato a risparmiarle lo strazio e lasciar correre questo spiacevole argomento. Tuttavia, le paranoie sorte nella testa al solo pensiero che Clarice possa aver fatto la sua parte in questo chiaro tentativo di infangarmi, hanno la meglio su di me. Ho bisogno di sapere la verità nuda e cruda.

"Beh, no." Risponde, in fine, Whitney. "Clarice non ha niente a che fare con questo."
"Quindi, una delle sue amiche ti ha approcciato in sua assenza?" Continuo ad indagare scettico.
"In realtà era presente anche lei. "Ammette con un po' di esitazione. Al che io, non appena mi passa accanto- essendo intenta a proseguire il suo via-vai, la afferro delicatamente per il polso, costringendola a restare ferma e sostenere il mio sguardo indagatore. Ora, più che mai, sul suo volto si legge chiaramente il fatto che mi stia nascondendo qualcosa.
"E ha preso le mie difese? Lei sa che non farei mai niente del genere." Insisto, pur non volendo veramente sapere la risposta.
"Io, Justin...mi dispiace." Farfuglia Whitney, rendendosi conto quanto io sia nervoso. "Se n'è rimasta in disparte. Non ha mai preso le tue difese."
"Nemmeno una parola?" Chiedo, infilando il dito nella piaga. Ma Whitney interpreta male la mia domanda, prendendola come una dimostrazione del fatto che io stenti a credere che le sue parole siano vere.
"So che ti sembra il impossibile, davvero, lo capisco." Si difende, cercando di liberarsi dalla mia stretta. "Avrei preferito non dirtelo anche per questo."

Nella mia mente hanno già preso a susseguirsi immagini di Clarice che storce il naso ogniqualvolta mi sente nominare Whitney, insieme a tutte quelle parole dette per scoraggiarmi dall'avvicinarmi a lei. Non mi ci vuole molto per capire che non c'è nemmeno una piccola possibilità che Whitney stia mentendo. Ed è inutile precisare quanto sia potente l'ondata di delusione che mi investe.

"Clarice..." Asserisco a voce bassa. "Quella razza di stronza."
"Cosa?" Ribatte Whitney, visivamente confusa.
"Mi fido di te." Le spiego, chinandomi per schiacciarle un bacio sulla fronte. "E avrò cura di rimettere Carice al suo posto."
"Deve restare tra di noi, ricordi?" Cerca di placare la mia rabbia che piano piano sta facendo capolino. "Non era assolutamente mia intenzione creare problemi tra di voi."
"Non sei tu a creare problemi." Le faccio notare, rilasciando un lungo sospiro di frustrazione. "Il problema non sei tu, è Clarice. E mi dispiace non poter rispettare quello che ho detto, ma, Whitney, stiamo parlando di me che vengo pugnalato alle spalle da una delle persone più importanti della mia vita."

E faccio una fatica incredibile a pronunciare queste parole.
Conosco Clarice da praticamente tutta una vita e ho visto un sacco delle sue sfumature.
Abbiamo litigato e fatto pace così tante volte che risulterebbe impossibile cercare di tenere il conto. Altrettante volte ho odiato il suo carattere e lei ha odiato il mio. Ci siamo allontanati e riavvicinati infinite volte come se fosse la cosa più naturale del mondo. E, nonostante tutto, metterei la mano sul fuoco per lei senza pensarci due volte, perché è sempre stata una certezza per me, sia nei giorni più bui che in quelli in cui il sole mi ha accompagnato ad ogni passo. Ed è incredibilmente avvilente sapere che lei non farebbe la stessa cosa per me.

"Ne hai bisogno, lo capisco." Si arrende Whitney. "Quando hai intenzione di parlarle?"
"Questa sera stessa." Asserisco in tono risoluto. "Non riuscirei ad aspettare fino a domani."
"Chiamami non appena avrete chiarito, okay? Anche se dovessero essere le quattro del mattino." Ribatte, facendosi affiorare un piccolo sorriso sulle labbra. "Prometto che ti risponderò."

Dopo aver acconsentito in un batter di ciglio, mi congedo con un veloce bacio, per poi catapultarmi fuori dalla sua stanza ancor prima di darle il tempo di dire un'altra parola.
La seguente cosa che mi appresto a fare è chiamare Clarice e assicurarmi che sia a casa e che non sia già nel mondo dei sogni, avvertendola anche del mio imminente arrivo. Naturalmente non le do alcun indizio su cosa mi porti ad andare da lei in tutta fretta a quest'ora improponibile. Lascio la sorpresa per quando ci troveremo faccia a faccia, in modo che non le salti in testa l'idea di trovare una scusa per riuscire ad evitarmi. Ma, pur essendo stato incredibilmente vago, immagino che qualcosa sia già scattato nella sua testa, considerando che quando arrivo di fronte al cancello in ferro battuto che precede la grande villa dei suoi genitori, mi viene data via libera ancora prima di avere il tempo di richiamarla, come se per tutto il tempo avesse aspettato il mio arrivo vicino alla finestra.

"Che succede?" Mi chiede, non appena metto piede fuori dalla macchina, avanzando verso di me nonostante addosso abbia solo il pigiama e fuori faccia un freddo micidiale.
"Ne parliamo dentro." Taglio corto, intimandola a rientrare. E rischio quasi di ammorbidirmi nel vederla nel suo pigiama rosa dall'aria un po' bambinesca e senza nemmeno un filo di trucco sul viso. E' infinitamente più bella quando non mette su quella maschera fatta di trucco eccessivo ed espressioni altezzose, ma suppongo che non lo sappia dal momento che si ostina ogni santo giorno ad assumere le sembianze di una bambola.

"Allora, vuoi dirmi cosa succede?" Mi incalza a parlare, chiudendosi la porta della sua stanza alle spalle.
"Sai, oggi Whitney si è comportata in modo strano per tutto il giorno." Inizio, per poi fermarmi ed inspirare profondamente nell'intento di mantenere la calma.
"Sei venuto qui per parlarmi di Whitney?" Ribatte, strabuzzando gli occhi.
"Sono venuto qui per parlare di te, Clarice." Asserisco, lanciandole un'occhiata eloquente. "Tu che per qualche strana ragione lasci che la gente racconti cazzate alla mia ragazza."
"Oh no, non è così che è andata." Si difende immediatamente- segno che abbia capito perfettamente di dove io voglia andare a parare, raddrizzando le spalle. "Come potevo sapere che non c'era niente di vero? Io ho lasciato che Jessica raccontasse ciò che si dice in giro, ovvero che tu te la sia spassata con Ariel."
"E tu avresti dovuto sapere meglio di chiunque che non farei mai niente del genere a Whitney, per l'amor del cielo!" Alzo la voce prima di ricordarmi che non siamo da soli nella grande casa. "E chi cazzo è questa Ariel?"
"È quella bionda ossigenata del terzo anno che tu ronza intorno da anni." Mi spiega, ma io non cerco nemmeno di sforzarmi affinché riesca a capire di chi sta parlando. "E, ti ripeto, non sapevo quale fosse la verità."
"E allora hai lasciato che la tua amichetta raccontasse balle senza alcun fondamento alla mia ragazza? Grazie, Clarice, sei proprio una vera amica." Sputo fuori rabbiosamente. "La migliore."
"Ero arrabbiata con te, va bene?" Si altera a sua volta. "E pensavo che fosse proprio ciò che ti meritavi."

Nel giro di qualche secondo la situazione si ribalta completamente ed è Clarice che inizia a trasformarsi in una bomba ad orologeria che minaccia di esplodere da un momento all'altro e scaraventarmi via. Al che io non posso che restarne un po' spiazzato mentre la vedo tremare e guardarmi come se fosse in procinto di aggredirmi. Sembra letteralmente un cane rabbioso.

"Da quando quella stronzetta è entrata nella tua vita, non hai più occhi per nessuno." Sbotta, puntandomi il dito contro. " Ti sei dimenticato di me, ti sei dimenticato di Mason ti sei dimenticato di Dean. Quindi non stupirti se appena mi si è presentata l'occasione di fartela pagare io non sia riuscita a controllarmi."
"Tu sei pazza." Asserisco semplicemente, non riuscendo a proferire altro.
"Ma certo, guardami pure come se fossi pazza, stronzo!" Continua, buttando le mani all'aria. "Ma la verità è che tu non sai più niente di me. Ti limiti a guardarmi come lo stai facendo adesso, come se ci fosse davvero qualcosa di sbagliato in me, senza però chiederti veramente cosa c'è che non va."
"Stai cercando di buttarmi addosso tutta la merda che ti circonda?" Infierisco dopo qualche attimo di smarrimento.
"Si, stronzo!" Mi urla a pochi centimetri dal viso. "E hai ragione, sono davvero pazza, disturbata...insomma, chiamami come ti pare. Ma tu sei un amico di merda!"

L'attimo prima mi sta sbraitando con tutte le sue forze e l'attimo dopo scoppia a piangere. Perciò non c'è da sorprendersi se la mia confusione sale alle stelle e d'impulso le accarezzo una guancia, catturando piano piano ogni piccola lacrima. Non riesco a capirci più niente.

"Ho un disturbo della personalità, Justin. Hai ragione, sono pazza." Asserisce a voce bassa, scoppiando a ridere mentre le lacrime continuano a scorrerle sul viso.

La mia mascella rischia di colpire il pavimento mentre di fronte ai miei occhi si sta delineando una nuova immagine di Clarice.

N.a.
Questo capitolo è stato un parto...naturale, non cesareo (per le ragioni esposte nell'avviso pubblicato ieri). Ma ce l'ho fatta a pubblicarlo...sono fiera di me (anche se so già che quando dovrò fare la revisione, avrò una voglia matta di cancellarlo e riscriverlo da capo)!!!!

Il cielo nei tuoi occhi d'ebanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora