Capitolo 57- Justin

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Con lo sguardo perso nel vuoto, mi porto il bicchiere d'acqua alle labbra, contando mentalmente i secondi che mi separano dal potermi alzare da questa maledetta sedia e attraversare il salotto in due falcate, per poi sbattermi la porta alle spalle e non guardarmi più indietro.
Sopra questo tavolo incombe una tensione insopportabile, una di quelle che potrebbe essere tagliata con un coltello per quanto densa.

Papà è al secondo bicchiere di whiskey e mamma sta giocando col cibo nel piatto, fingendo di mangiare nel suo solito modo composto. E io, a buon diritto, vorrei trovarmi ovunque ma non qui, perché so bene che da un momento all'altro un fiume di parole velenose inizierà a scorre tra di loro... e io naturalmente, grazie alla mia solita fortuna, mi ci troverò nel mezzo.

"Questa storia è assurda da qualunque punto di vista la si guardi." Esordisce mia madre, in fine, rompendo il silenzio. "Hai ventun anni, per l'amor del cielo. Non ti puoi legare la testa a quest'età, e soprattutto non per una ragazza che non ha alcun futuro davanti a sé."
"Ne abbiamo già discusso abbastanza, madre." Affermo in tutta tranquillità, sperando che il mio tono pacato rappresenti un chiaro invito per mio padre a non ribattere alle sue parole. "Non ti sto chiedendo il consenso. Ti sto semplicemente mettendo al corrente: tra meno di tre settimane andrò a prendere Whitney. Fine della storia."
"Sono contenta che tuo sia così sicuro di te stesso, caro." Afferma in maniera sarcastica, lasciando cadere la forchetta e il coltello sul piatto. "Peccato che tu lo sia per la ragione sbagliata. Ma come te lo devo spiegare che hai una vita davanti per trovare la persona che faccia per te? Ero sinceramente contenta di questo flirt inizialmente, ma ora mi sto rendendo conto che quella ragazzina sta diventando un danno. Tutto quello che stai facendo, lo stai facendo nella prospettiva del suo ritorno. E ti ripeto: tutto questo è assolutamente assurdo e non ho alcuna intenzione di starmene qui con le mani in mano, mentre tu ti stai rovinando il futuro. Se hai intenzione di portarla sotto il tuo stesso tetto, scordatelo. Non vivrà con te, perciò mi auguro con tutto il cuore che sia in grado di trovarsi un'abitazione per conto suo e che trovi un po' di stabilità da sola."
"Pensavo fossi libero di condividere la mia casa con chiunque volessi." Ribatto, accentuando bene la parola "mia". Quasi non riesco a credere a quello che sto sentendo. Non ho mai visto questo lato così irrazionale e testardo di mia madre e non so esattamente come infondere un po' di ragione nella sua testa. Segretamente mi sento preso alla sprovvista, anche se sto cercando di nasconderlo.

"Ora basta." Dice mio padre in modo lapidario, sbattendo il palmo contro la superficie levigata del tavolo. Sono ad un passo dal trasalire, ma riesco a trattenermi, fortunatamente. Non vale la stessa cosa per mia madre, che quasi salta dalla sedia.
"Smettila di cercare di imporre la tua opinione non richiesta." Esordisce ancora mio padre, rivolgendosi a lei con uno sguardo freddo. "Torna a lavorare ventiquattro ore su ventiquattro e non fingere di essere poi così coinvolta. Se tu lo fossi veramente, capiresti che forse sia meglio che lui impieghi le sue energie correndo dietro ad una ragazza piuttosto che bersi il cervello ogni sera. Non voglio più sentire una parola su questo argomento. E per la cronaca, se vuole portarsi quella ragazza a vivere sotto il suo stesso tetto, ben venga. Non sarai di certo tu a fermarlo."

Mia madre in tutta risposta, dopo aver buttato malamente sul tavolo il tovagliolo che fino ad allora si era tenuta poggiato sul grembo, gira i tacchi e abbandona la stanza senza più proferire una parola. E io non so se dovrei gioire o essere preoccupato.

"Ne vale la pena?" Chiedo a mio padre, mentre si sta versando il terzo bicchiere di Whiskey. In un certo qual senso sono contento di vederlo bere davanti ai miei occhi. È come se fosse un atto di fiducia nei miei confronti... un po' come se mi volesse dire "lo so che non ci ricadrai più, ora sei forte".
"Appoggiarmi, dico." Specifico quando alza lo sguardo dal suo bicchiere.
"Se ne vale la pena?" Chiede in maniera retorica, inarcando un sopracciglio. "Sono tuo padre, ha poca importanza se ne vale la pena o meno."

Con un cenno di testa mi dichiaro contento di questa scelta e lascio perdere l'argomento, perché nella mia testa prende a riaffiorare un'altra idea che, forse, farà sì che la sua presa di posizione non sia vana.

"Ti prometto che questo non si rivelerà solo uno dei miei vizi." Affermo, congedandomi con una pacca sulla spalla, dopo essere saltato dalla sedia con la vitalità di chi sa di essere in procinto di affrontare il viaggio di una vita... un po' prima del previsto.

Ho saputo essere paziente ed aspettare quello che pensavo fosse il momento perfetto per quasi un anno. Ed ora, improvvisamente, ho solo voglia di salire in macchina e guidare finché mi ritroverò nel bel mezzo di un villaggio sperduto della Pennsylvania.

Desiderio che metterò in pratica al più presto, ignorando gli ostacoli che io stesso ho creato in modo da evitare un precipitoso viaggio destinato ad essere vano.
Tant'è che mi limito semplicemente a fare un salto nel mio appartamento per buttare velocemente qualcosa in valigia, per poi presentarmi alla porta di quello che sarà il mio compagno di viaggio: Matt.

La ragione è stata dalla sua parte... una volta usciti dalla clinica quello strano legame che si era creato non si è spezzato, bensì rafforzato. Purtroppo però, tutto il resto predetto da lui non si è rivelato altrettanto vero: la ragazza per cui aveva intrapreso il suo percorso, non c'era più ad aspettarlo una volta uscito dalla clinica. E Matt, a distanza di mesi, ne è ancora distrutto.
Infatti, la faccia con cui mi dà il benvenuto una volta trovatomi di fronte alla sua porta, non può essere definita nemmeno lontanamente espressione di contentezza nel vedermi. Ma come potrei biasimarlo? Io so fin troppo bene com'è svegliarsi la mattina e aver voglia semplicemente di essere lasciato in pace da tutto il mondo.

"Prepara la valigia. Andiamo in Pennsylvania." Asserisco, spingendolo un po' di lato per poter fare il mio ingresso nel suo appartamento. Nel vedere il disordine disseminato in ogni angolo possibile ed immaginabile, non posso fare a meno di arricciare il naso, senza però dire alcuna parola. Ci sono stato anche io in quel posto buio in cui lui si trova momentaneamente. I ricordi sono ancora troppo vividi.
"Cosa?" Ribatte, mostrando finalmente un grammo di emozione. "Proprio ieri hai detto che ci sono ancora un sacco di dettagli a cui devi pensare prima di andarla a prendere."
"Al diavolo quello che ho detto ieri, amico!" Esclamo, iniziando a trovare divertente la sua confusione. "Ci andiamo oggi. Ora. O hai cambiato idea e non hai più alcuna intenzione di venire con me?"
"Assolutamente no." Ribatte senza esitazione. "E vedi di portarla qui e convincerla a darti un'altra possibilità, perché non possiamo fare schifo entrambi in amore." Continua, tremendamente serio.
"Farò del mio meglio." Ribatto, ridacchiando per il suo tono solenne.

Con la coda dell'occhio controllo l'orologio che porto al polso: sono le nove di sera e non c'è momento peggiore per una partenza. Arriveremo in Pennsylvania nel cuore della notte e dovremo trovare un hotel dove alloggiare, che non sia troppo lontano dal villaggio di Whitney. E come se non fosse abbastanza, probabilmente non sarò in grado di chiudere occhio nemmeno se riuscissi a mettere in pratica ciò... dovendo, quindi, presentarmi davanti a Whitney con l'aspetto di un vero zombie.

Ma non farò alcun passo indietro, non importa se sento di non aver calcolato abbastanza i miei passi, perché sento sulla mia pelle l'ansia del sapere di essere ormai vicino al traguardo. Troppo vicino per poter prendere in considerazione un altro piano.

Ora o mai più.

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Il cielo nei tuoi occhi d'ebanoWhere stories live. Discover now