Capitolo 32- Justin

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Grattandomi la nuca con fare distratto, cerco qualcosa che attiri la mia attenzione e che mi distragga un po' dal pensiero che questa sia letteralmente la prima notte che passerò insieme a Whitney, nella stessa medesima stanza, senza aver la più pallida idea di come andrà. È di gran lunga meglio non rimuginarci troppo, per non rischiare di impazzire.

Sono totalmente convinto di ciò che le ho detto questo pomeriggio: non ho la benché minima intenzione di costringerla, in qualche modo, a fare qualcosa per cui non si sente pronta. Però ciò non vuol dire che io non ci stia pensando continuamente.

Al diavolo sono umano!
In più, è innegabile che col trascorrere del tempo mi sento sempre più legato a lei. Perciò il contatto fisico rappresenta un modo per sentirla più vicina e avere l'illusione di essere sempre sulla stessa lunghezza d'onda. Ma si tratta, appunto, soltanto di una semplice illusione perché, per quanto momentaneamente il tutto abbia assunto la somiglianza del paradiso, so di non dovermi adagiare troppo su questa sensazione di felicità.

Sono predisposto a toccare il fondo di fronte alle delusioni. Ne ho già avuto parecchie prove e so altrettanto bene che risalire in superficie velocemente non fa parte dei miei punti di forza. Perciò, devo almeno tentare di tenere i piedi ben piantati a terra, nonostante sia un compito arduo quando ho Whitney intorno. Averla vicino vuol dire semplicemente avere sempre la testa tra le nuvole.

Ad ogni modo, mentre individuo con la coda dell'occhio un minibar nero piazzato in un angolino remoto della suite, decido che in questi giorni posso permettere a me stesso di non stare sempre sull'attenti. Riprenderò ad essere perennemente paranoico non appena rimetteremo piede a New York.
E una volta fatto questo patto con me stesso, scaccio via ogni dubbio, e mi concentro sull'oggetto delle mie attenzioni.

Il mio sesto senso mi dice che non sia il caso di ispezionare il contenuto, poiché so già cosa ci troverò dentro. Tuttavia, nell'attesa che Whitney esca dal bagno, decido comunque di infilare il dito nella piaga e dare un'occhiata al contenuto.
Naturalmente, come previsto nella mia testa, mi ritrovo davanti una quantità nauseante di alcol e qualche bottiglietta di acqua e soda. Ci sono persino due bottiglie di Jameson, nonché il mio "veleno" preferito nei tempi in cui avevo sostituito l'alcol all'acqua.

D'istinto, inizio ad innervosirmi, pur cercando di ostentare indifferenza. In questi mesi, mi sono trovato parecchie volte di fronte alla tentazione, ma non mi ha mai sfiorato il pensiero di lasciarmi cadere miseramente e spazzare via tutti i miei progressi. Solo che la determinazione per riuscirci l'ho ritrovata negli sguardi curiosi che mi analizzavano, attendendo pazientemente di vedere se ero in procinto di commettere l'ennesimo errore.

Ora invece sono soltanto io e l'alcol, senza nessuno che ci divida. O meglio, senza nessuno che conosca bene il nostro complicatissimo rapporto, perché Whintey non ha davvero la più pallida idea di quanto io abbia rischiato di rovinarmi la vita con le mie stesse mani.

"Justin, tutto bene?" Mi attira l'attenzione quest'ultima, avanzando piano nella mia direzione.

Si è legata i capelli in una crocchia disordinata e ha lavato via quel filino di mascara che si era applicata per la cena. Vederla così rilassata, mentre cammina scalza e cerca di tenere a bada il décolleté della maglia che scivola piano piano sempre più in giù, mi fa distrarre momentaneamente dalle bottiglie di Jameson che sembra quasi che mi stiano implorando di aprirle.

"Champagne?" Le chiedo invece, indicando il minibar.
"Uhm, no." Rifiuta prontamente, guardandomi stranita. "Mai bevuto nemmeno una goccia di alcol."
"Nemmeno io." Ribatto, ridacchiando per l'assurdità di quest'affermazione. Ma ovviamente Whitney non può capire veramente quanto ciò sia lontano dalla verità.
"Perché sei così ironico al riguardo?" Mi smaschera, continuando a mantenere la sua espressione cinica impressa sul suo viso adorabilmente delicato.
"È la verità, attualmente non sto toccando l'alcol." Mi difendo, passandomi la mano attraverso il ciuffo ormai irrimediabilmente disordinato. "Ma non è sempre stato così."

Il cielo nei tuoi occhi d'ebanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora